Per compensare le minori possibilità di accesso al mercato europeo, la Russia sta sostenendo lo sviluppo di progetti di energia nucleare in Africa, con l’obiettivo di aumentare la propria influenza politica
In risposta alla crisi dei prezzi e delle forniture di gas aggravata dalla Russia, diversi Stati membri dell’Unione europea si stanno rivolgendo al nucleare per tutelare la loro sicurezza energetica: stanno rimandando i piani di chiusura delle centrali (vedi Belgio e Germania), oppure si stanno dotando di nuovi reattori (come deciso da Francia, Polonia, Paesi Bassi e Repubblica ceca). Il caso della Cechia è particolarmente significativo, perché racconta la progressiva erosione della quota russa – altissima, fino a un anno fa – nel mercato energetico europeo. Inoltre, una volta che Mosca perderà il suo ruolo di fornitrice principale di combustibili fossili (gas, carbone, greggio) e nucleari (uranio) del Vecchio continente, vedrà ridursi anche la sua influenza politica.
La centrale nucleare di Temelin, nella Repubblica ceca, dipende oggi dalla compagnia statale russa Rosatom per le forniture di uranio. Ma il Paese ha intenzione di ridurre la dipendenza, e ha così firmato degli accordi dalla durata decennale con l’americana Westinghouse Electric e con la francese Framatome per l’acquisto di combustibile nucleare a partire dal 2024 (a Temelin dicono di avere scorte di uranio sufficienti per due anni). Anche il Belgio, che dipende dalla Russia – direttamente e indirettamente – per il 40% circa dell’uranio che importa, ha detto di aver terminato i rapporti con Rosatom e le sue sussidiarie.
Per cercare di compensare le minori possibilità di accesso al mercato europeo, la Russia sta allora sostenendo lo sviluppo di progetti di energia nucleare in Africa. L’espansione demografica del continente porterà a forte un aumento dei consumi energetici: le Nazioni Unite prevedono che la popolazione africana crescerà del 70% fino a 2,5 miliardi di persone nel 2050; già nel 2030 però – fa sapere l’Agenzia internazionale dell’energia – la domanda energetica sarà cresciuta del 75%. La necessità di infrastrutture è alta, perché circa 600 milioni di abitanti ancora non hanno accesso all’elettricità.
La partecipazione ai progetti nucleari potrebbe permettere alla Russia di espandere la sua influenza politica in Africa con maggiore facilità. Rosatom sta costruendo la centrale di El-Dabaa, la prima dell’Egitto: quattro reattori dalla capacità generativa complessiva di 4800 megawatt, che dovrebbero entrare pienamente in funzione dal 2030. Mosca sta fornito a Il Cairo un prestito di 25 miliardi di dollari, che copre l’85% dei costi dell’impianto.
Nel 2012 Rosatom ha firmato degli accordi di collaborazione con la Nigeria e il Ghana. Oggi sembra essere la candidata favorita ad aggiudicarsi sia il progetto nigeriano per una centrale da 4000 MW, sia quello ghanese per la selezione di un sito idoneo entro fine anno. La società atomica russa ha siglato intese anche con l’Etiopia (altra potenza demografica africana dopo la Nigeria), lo Zambia (possiede ricche riserve di metalli) e il Marocco; vorrebbe poi aprire dei centri di formazione tecnologica in Zambia e Ruanda.
Come ha scritto su Repubblica Marta Dassù, però, il tentativo della Russia di portare i Governi africani dalla sua parte è complicato dal fatto che il continente – “conteso fra grandi e medie potenze”: anche l’Unione europea, gli Stati Uniti e la Cina – non ha interesse a schierarsi. Non ci troviamo in una nuova Guerra fredda: “Gli interlocutori locali hanno interesse a ritagliarsi uno spazio nel mondo a più poli di oggi” e preferiscono “continuare a giocare su più tavoli”, scrive Dassù.
Per compensare le minori possibilità di accesso al mercato europeo, la Russia sta sostenendo lo sviluppo di progetti di energia nucleare in Africa, con l’obiettivo di aumentare la propria influenza politica