L’internazionalizzazione delle nostre imprese all’estero e la capacità di attrarre investimenti dall’estero verso l’Italia diventano sempre più una priorità strategica per le nostre imprese e per l’Italia.
Il processo deve coinvolgere sempre più tutti gli attori che ruotano attorno al soggetto impresa, dai territori alle banche all’università. In questo frangente, più che in altri, fare squadra diventa indispensabile. Dal rapporto emerge come la maggior parte delle imprese che decide di attuare investimenti esteri si muova da sola e i costi più alti e non recuperabili sono quelli legati alla raccolta di informazioni sul paese, anche dal punto di vista politico istituzionale . Costi ed informazioni che per un player di piccole dimensioni diventano difficili da acquisire. Banche, associazioni di categoria e camera di commercio – i tre soggetti a cui ci si rivolge maggiormente per andare all’estero devono essere in grado di fare sistema. A tal proposito, le banche in particolare possono e devono mettere sempre più nuovi strumenti al servizio dell’internazionalizzazione Destinazione Italia, limiti e prospettive.
Le sinergie necessarie affinché gli investimenti si realizzino devono coinvolgere tutti gli attori, a tal proposito è interessante il caso di una delle nostre più grandi aziende, la Beretta che si appresta ad aprire un secondo stabilimento produttivo negli Stati Uniti, in Tennessee. I governatori americani hanno fatto a gara affinché l’azienda scegliesse il proprio Stato non limitandosi a tagliare i nastri, ma agendo fattivamente come sponsor dei propri territori. Forse anche i nostri governatori di regione dovrebbero essere più attivi nella ricerca delle imprese straniere che vogliono venire qui ad investire, a seguito di un loro diretto coinvolgimento avremmo il beneficio indiretto che le loro iniziative legislative sarebbero volte a creare le condizioni per investire con più facilità. E con più consistenza, potrebbe realizzarsi quel matrimonio tra territorio ed impresa ormai necessario visto che gli investimenti vanno dove i benefici territoriali devono essere sempre più certi e di lungo periodo.
Un attore ancora troppo marginale nel favorire l’internazionalizzazione sia in entrata che in uscita è l’università. Favorire lo spin-off tra università e ricerca come si auspica in una delle misure di Destinazione Italia, non può, più ancora che le altre, rimanere sulla carta. Colpisce a tal proposito nella lettura del report quanto i benefici degli IDE siano maggiori in un economia con un livello tecnologico intermedio con al contempo un buona capacità innovativa informale, e qui non può che venire alla mente Robert Putnam quando parla del nostro paese a proposito del capitale sociale e della relazioni che esso è capace di creare.
L’internazionalizzazione delle nostre imprese all’estero e la capacità di attrarre investimenti dall’estero verso l’Italia diventano sempre più una priorità strategica per le nostre imprese e per l’Italia.