Tra investimenti, opere pubbliche, servizi e indotto potremmo arrivare a cinque miliardi di Pil in più e a 20mila posti di lavoro. E il pensiero corre all’occasione mancata di Roma…
Le Olimpiadi invernali di Milano e Cortina del 2026 sono già iniziate.
Almeno dal punto di vista economico: si aprono i nuovi cantieri, si assumono carpentieri, operai, consulenti del terziario, progettisti, architetti ingegneri. Le stime vanno da 5mila a 20mila posti di lavoro, che non saranno un “New Deal” ma coi tempi che corrono male non fanno. Quanto al “valore aggiunto”, anche in questo caso le cifre divergono. Il Governo parla di cinque miliardi, uno studio dell’Università La Sapienza di Roma parla di “aumenti significativi” già dal prossimo anno e di un Pil che nel 2028 (a due anni dal termine dell’evento) aumenterà per l’effetto Olimpiadi di 2,3 miliardi di euro.
Come dati di partenza per valutare l’impatto delle Olimpiadi, il rapporto ha utilizzato tre diverse tipologie di spesa: gli investimenti (pari a circa 350 milioni di euro) per la realizzazione, tra le altre cose, di nuovi impianti; i costi di gestione per la realizzazione dell’evento (pari a circa 1,2 miliardi di euro), a cui si sommano oltre 400 milioni di euro a carico dello Stato, per le spese di sicurezza; e infine le spese dei visitatori, stimate in circa 600 milioni di euro, al netto del costo dei biglietti. L’Università Bocconi, prendendo la Lombardia come territorio di riferimento ha stimato un impatto economico sulla produzione della regione di oltre 2,8 miliardi di euro, con un valore aggiunto di oltre 1,2 miliardi di euro e 22 mila posti di lavoro. Altri benefici arriveranno sul piano fiscale (Irpef, Iva e Irap).
Se si sommano i risultati di tutti gli studi i benefici risultano essere “stratosferici” come hanno scritto molti giornali. I costi mai rientrati delle Olimpiadi di Londra e Atene fanno pensare a dei rischi ma, da questo punto di vista, l’organizzazione di Milano-Cortina 2026 punta sul fatto che buona parte delle sedi per i giochi sarebbe già esistente, limitando i costi imprevisti. “Solo due impianti olimpici chiave necessitano di infrastrutture completamente nuove”, si legge nel dossier ufficiale della candidatura. “Tutte le altre sedi sono esistenti, oppure esistenti ma con la necessità di eseguire opere permanenti (solo tre) o temporanee”.
Il pensiero naturalmente va all’occasione persa delle Olimpiadi di Roma, alimentata dal medioevo populista che considera un “magna magna” qualunque cosa abbia a che fare con un’opera pubblica, dall’Alta Velocità a un sottopassaggio alla Magliana.
@f_anfossi
Tra investimenti, opere pubbliche, servizi e indotto potremmo arrivare a cinque miliardi di Pil in più e a 20mila posti di lavoro. E il pensiero corre all’occasione mancata di Roma…