Albert Einstein aveva intuito l’esistenza delle onde gravitazionali 100 anni fa. La collaborazione scientifica americana-europea LIGO-Virgo oggi le ha sperimentate.
La storia della fisica ricorderà il 2016 come un anno straordinario: l’anno in cui un nuovo canale di osservazione sul cosmo si è dischiuso, con la nascita dell’astronomia gravitazionale. A dare il via a questo inedito campo di indagine sono stati i dati raccolti in simultanea dai due apparati scientifici gemelli LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) per la rivelazione di onde gravitazionali, situati a Hanford e Livingston in USA.
Il 15 settembre e il 26 dicembre del 2015 i rivelatori statunitensi hanno vibrato al passaggio di due distinti segnali gravitazionali, i primi ad essere intercettati dall’uomo. Provengono entrambi da sistemi binari di buchi neri nella fase finale della loro vita di coppia: due corpi oscuri – decine di volte più massicci del Sole ma estremamente più piccoli – che spiraleggiano l’uno verso l’altro a velocità confrontabili con quella della luce, fino a fondersi insieme. Sono sistemi astronomici che non emettono radiazione elettromagnetica, fonte primaria delle nostre attuali informazioni sul cosmo. I due segnali gravitazionali osservati rappresentano, quindi, la prima prova diretta della loro esistenza.
La collaborazione scientifica americana-europea LIGO-Virgo ha annunciato al mondo i due eventi di rivelazione a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, dopo un febbrile lavoro di analisi congiunta dei dati: il 16 febbraio e il 15 giugno del 2016. Albert Einstein aveva previsto l’esistenza delle onde gravitazionali circa 100 anni prima, nel 1916, nell’ambito della sua teoria della gravitazione, la Relatività Generale. La radiazione gravitazionale ha però eluso gli strumenti di misura dei fisici per oltre mezzo secolo, da quando agli inizi degli anni ’60 sono state costruite le prime pionieristiche macchine dedicate a rivelarle, le barre risonanti ideate da Joseph Weber. I moderni rivelatori interferometrici si estendono su distanze di alcuni chilometri: al mondo ne esistono tre, i due LIGO e l’italo-francese Virgo, in Italia. Purtroppo, in entrambi i casi di rivelazione il gemello nostrano non era in presa dati, in stato di fermo per l’apporto di migliorie tecniche e incrementi di sensibilità.
In base a un accordo di collaborazione stipulato tra le comunità scientifiche di LIGO e Virgo nel 2007, l’analisi dei dati raccolti dai tre apparati viene condivisa e gli articoli scientifici sono firmati dai circa mille scienziati partecipanti. Nei mesi successivi all’intercettazione settembrina, LIGO-Virgo ha condotto un’analisi dei dati estremamente sofisticata, che ha permesso di identificare il debolissimo segnale, estraendolo dal rumore di fondo. È per questo che, nonostante il segnale sia stato captato dai LIGO, il 16 febbraio l’annuncio della prima rivelazione è stato dato attraverso due conferenze stampa parallele, una a Pisa (sede di Virgo) e l’altra a Washington.
Lo studio della radiazione gravitazionale richiede misure fatte da più rivelatori funzionanti in coincidenza: un solo apparato non è sufficiente a identificare con livello di confidenza affidabile un segnale gravitazionale; due possono certificare la natura del segnale, ma non individuarne con un’opportuna triangolazione il luogo di provenienza nello spazio. La ricerca delle onde gravitazionali è quindi per sua natura un terreno di collaborazione internazionale.
Perché allora l’Europa possiede un solo rivelatore di onde gravitazionali e non due, come gli USA? E soprattutto, perché Virgo è un esperimento italo-francese e non propriamente europeo? Negli anni ’80, l’idea di un interferometro europeo venne discussa dai vari gruppi attivi in Francia, in Italia, in Germania e in Gran Bretagna, ma non fu raggiunto un accordo né sul piano scientifico né tantomeno politico. I gruppi inglesi e tedeschi decisero in seguito di partecipare al progetto statunitense, entrando a far parte della LIGO Scientific Collaboration nel 1997. Gli enti nazionali per la ricerca scientifica CNRS in Francia e INFN in Italia fornirono invece i finanziamenti per iniziare un progetto comune: Virgo.
A unire gli sforzi europei per la rivelazione di onde gravitazionali è riuscita in seguito l’European Space Agency (ESA), con il progetto di interferometria spaziale e-LISA, che prevede la messa in orbita di tre satelliti nel 2028, disposti lungo i vertici di un gigantesco triangolo equilatero in moto intorno al Sole. Il LISA Pathfinder – il satellite-test di LISA − è stato lanciato a dicembre del 2015 dallo spazioporto dell’ESA a Kourou (Guyana Francese) e ha validato con successo i princìpi di funzionamento e le principali tecnologie che voleranno su LISA.
Alla mancata realizzazione in passato di un interferometro europeo terrestre, si fa fronte con un progetto futuro: l’Einstein Telescope, un rivelatore interferometrico di terza generazione − ultracriogenico e sotterraneo − sostenuto dalla Commissione Ue nell’ambito del 7° Programma Quadro.
Grandi sono ora le aspettative per le prossime prese dati degli attuali rivelatori. Quando i due LIGO torneranno in funzione in autunno (dopo un periodo di manutenzione) e Virgo si unirà nei primi mesi del 2017, la comunità scientifica potrà finalmente contare su tre rivelatori e l’era dell’astronomia gravitazionale sarà a tutti gli effetti incominciata.
Albert Einstein aveva intuito l’esistenza delle onde gravitazionali 100 anni fa. La collaborazione scientifica americana-europea LIGO-Virgo oggi le ha sperimentate.
La storia della fisica ricorderà il 2016 come un anno straordinario: l’anno in cui un nuovo canale di osservazione sul cosmo si è dischiuso, con la nascita dell’astronomia gravitazionale. A dare il via a questo inedito campo di indagine sono stati i dati raccolti in simultanea dai due apparati scientifici gemelli LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) per la rivelazione di onde gravitazionali, situati a Hanford e Livingston in USA.