Creato per rintracciare criminali, il software è stato in realtà usato per spiare giornalisti e attivisti politici in molti Paesi. Inoltre, la notizia ha riacceso il dibattito sul commercio israeliano di armi e strumenti informatici
Non si placano le polemiche dopo che si è diffusa, qualche giorno fa, la notizia che un sofisticato software israeliano, Pegasus, creato dalla società israeliana NSO Group e destinato a rintracciare terroristi e criminali, è stato utilizzato per hackerare i cellulari di giornalisti e attivisti politici e 14 capi di Stato e di Governo e per ottenere indebitamente notizie riservate in molti Paesi del mondo.
L’inchiesta
Secondo quanto è emerso dall’inchiesta, scaturita dal lavoro di sedici media internazionali coordinati dall’organizzazione senza scopo di lucro Forbidden Stories, sarebbero almeno 50.000 i numeri di telefono colpiti e potenzialmente spiati. E 45 i Paesi coinvolti. Secondo fonti di stampa internazionale come il Guardian, ad essere stati intercettati ci sarebbero importanti giornalisti, uomini d’affari, autorità religiose, accademici, Ministri e funzionari governativi. Tra le curiosità emerge che Pegasus sarebbe stato persino usato dai servizi segreti degli Emirati Arabi Uniti per impedire la fuga della principessa Latifa Al Maktoum, una delle figlie dell’emiro di Dubai, Mohammed Al- Maktoum. La ragazza aveva già tentato la fuga quando aveva solo 16 anni, nel 2001. Nel 2018 la ragazza, dopo anni di prigionia in una cella del palazzo, aveva rimesso in piedi il suo piano di fuga, aiutata da un ex agente dei servizi francesi, Hervé Jaubert. Nascosta nel bagagliaio di un’auto attraversò la frontiera con l’Oman per poi imbarcarsi su un gommone che avrebbe dovuto portarla fuori dalle acque territoriali. Poco prima della “salvezza” però il gommone fu intercettato dalle forze speciali emiratine che la riportarono indietro.
Pare che a condurre gli uomini dell’emiro da lei fosse stato proprio il programma Pegasus che avrebbe consentito di tracciare ogni suo movimento e intenzione attraverso l’esame dei messaggi WhatsApp, sms, email, non solo della ragazza ma anche di chi stava provando ad aiutarla. Molte altre le vittime illustri, tra cui persino il Dalai Lama e il Presidente francese Emmanuel Macron. Tale utilizzo del software sarebbe in totale conflitto con lo scopo per cui il software è stato creato, ovvero essere venduto ai Governi esclusivamente per la sorveglianza di terroristi e criminali. Intanto Israele ha istituito una commissione parlamentare per esaminare la questione del controverso software di sorveglianza, soprattutto per capire se sia stato e chi ad utilizzarlo in modo improprio, per approfondire quanto accaduto e individuare le eventuali responsabilità.
La NSO Group ha negato qualunque accusa. Il suo amministratore delegato, Shalev Hulio, ha anzi fatto sapere che “sarebbe molto contento se ci fosse un’indagine, in modo da poter riabilitare il nostro nome”, aggiungendo che trattasi di tentativi “di diffamare tutta l’industria cibernetica israeliana”. Hulio ha affermato che anche se la società non può rivelare i dettagli dei suoi clienti a causa di “problemi di riservatezza”, offrirà piena trasparenza a qualsiasi Governo che voglia avere maggiori dettagli. Un paio di giorni fa in un discorso all’Università di Tel Aviv, il Primo Ministro israeliano, Naftali Bennett, ha esaltato le capacità dell’industria informatica israeliana, chiedendo però l’istituzione di un sistema di difesa informatica in rete, congiunto, da condividere con i Paesi che la pensano allo stesso modo. Il sistema Pegasus può hackerare i telefoni cellulari senza che un utente lo sappia, consentendo ai clienti di leggere ogni messaggio, tenere traccia della posizione di un utente e incidere anche sulla fotocamera e sul microfono del telefono.
La potenza militare e cibernetica di Israele
Le notizie su Pegasus e su quanto accaduto hanno nuovamente acceso il dibattito sulla questione della potenza militare e cibernetica di Israele e sul commercio che ne deriva. Non è certamente un mistero che Israele è leader mondiale nella ricerca e nello sviluppo di strumenti informatici e di guerra. Come per le armi, anche l’industria hi-tech è al servizio dell’esercito e della sua rinomata capacità di intelligence. Il Paese ha istituito unità tecnologiche e di intelligence altamente sofisticate nel Mossad (l’intelligence israeliana) e nello Shin Bet (l’agenzia di controspionaggio e antiterrorismo del Paese). La più famosa tra queste è l’Unità 8200, che è il corpo più grande e importante dell’intelligence militare israeliana e che è responsabile della raccolta di dati e informazioni, della ricerca, dell’analisi, della decifrazione e dell’elaborazione, nonché del supporto di operazioni speciali.
Oltre a questo, negli ultimi due decenni l’Unità 8200 ha anche sviluppato misure cyber offensive, che sono state utilizzate anche durante operazioni congiunte con la intelligence statunitense per infiltrarsi – ad esempio – nei computer iraniani. Vi sono poi anche altre unità informatiche, tra le quali l’Unità 81 e i corpi cibernetici difensivi del Communication Corps, che hanno il compito di proteggere le reti militari dalla penetrazione di esterni. Il Ministero della Difesa israeliano promuove ed esporta i prodotti militari – missili, proiettili, aeroplani, artiglieria e carri armati, ma anche tecnologia e software – verso i mercati esteri. L’obiettivo non è solo quello di favorire l’economia israeliana; è anche uno strumento diplomatico.
Vendendo armi o strumenti informatici, Israele sta facendo breccia in territori finora inesplorati. In tal modo, Israele, principalmente attraverso il Mossad, ha aperto la strada alla creazione di legami prima clandestini e poi sempre più aperti con varie parti del mondo arabo, come gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrain o l’Arabia Saudita. Ovviamente il Paese riserva sempre per se gli strumenti più avanzati in modo da essere sempre in una posizione di vantaggio rispetto agli altri. Da qui molti analisti sostengono che ad esempio proprio Pegasus, essendo ormai stato esportato, sia per Israele superato e che il Paese abbia già per se nuovi e più sofisticati software. Intanto, non mancano le polemiche e piovono le critiche. Israele è nell’occhio del ciclone e molti auspicano che il Paese cambi rotta, ideali e valori, e riconsideri in chiave etica e morale la sua politica sulla vendita di armi e software. Una delle ipotesi avanzate sarebbe che software come Pegasus andrebbero venduti ma in maniera molto più limitata e oculata e eventualmente non a Paesi con regimi dubbi.
Creato per rintracciare criminali, il software è stato in realtà usato per spiare giornalisti e attivisti politici in molti Paesi. Inoltre, la notizia ha riacceso il dibattito sul commercio israeliano di armi e strumenti informatici
Non si placano le polemiche dopo che si è diffusa, qualche giorno fa, la notizia che un sofisticato software israeliano, Pegasus, creato dalla società israeliana NSO Group e destinato a rintracciare terroristi e criminali, è stato utilizzato per hackerare i cellulari di giornalisti e attivisti politici e 14 capi di Stato e di Governo e per ottenere indebitamente notizie riservate in molti Paesi del mondo.