Il caso della tennista cinese che ha accusato di molestie sessuali l’ex vicepremier della Repubblica popolare è diventato un affare diplomatico che potrebbe ostacolare le Olimpiadi invernali di Pechino
“Il caso Peng Shuai non è un caso diplomatico”. Il Governo cinese ha provato a dirlo dall’inizio. Ma la realtà è che il caso Peng è diventato un grande caso diplomatico. Con al centro la possibilità di boicottare, quantomeno a livello di rappresentanza diplomatica, i Giochi Olimpici Invernali di Pechino 2022. La sparizione dell’ex tennista subito dopo la pubblicazione e la rimozione di un lungo post su Weibo nel quale raccontava di essere stata molestata sessualmente da Zhang Gaoli, ex vicepremier della Repubblica popolare, è una storia che si è gonfiata giorno per giorno. Era partita come un’accusa di abusi e di richiesta di un’indagine, per passare poi alle voci sulla localizzazione e la libertà di movimento dell’ex campionessa cinese. Per poi rischiare di diventare il casus belli del boicottaggio olimpico del secondo evento a cinque cerchi in meno di 14 anni a essere organizzato nella capitale cinese.
Zhao Lijian, portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, sostiene che il caso Peng sia stato “gonfiato ad arte” per attaccare la Cina. “Credo che alcune persone dovrebbero smettere di gonfiare in modo deliberato e ostile questa vicenda, per non parlare del politicizzarla”, ha dichiarato Zhao nella consueta conferenza stampa quotidiana. Si tratta della prima volta che il Ministero e il Governo cinesi commentano questa vicenda, che prima si erano limitati a definire “non diplomatica” e “non pertinente agli affari esteri”. Ora, però, Pechino ha capito il rischio e passa al contrattacco.
Non è un caso che la presunta sparizione di Peng sia durata meno del solito rispetto a casi simili. Con l’avanzare delle proteste della comunità internazionale e delle voci di boicottaggio espressamente sostenute da Joe Biden e sulle quali starebbero riflettendo anche Regno Unito e Francia, i media di Stato cinesi hanno fatto circolare a ritmo sostenuto foto e video dell’ex tennista. Per poi arrivare alla videochiamata tra Peng e il Presidente del Comitato Olimpico Internazionale (Cio) Thomas Bach. Un modo per provare a placare il coro di critiche e di domande che arrivavano da più parti, a partire dal mondo del tennis con le dichiarazioni dei vari campioni Serena Williams, Novak Djokovic e Roger Federer.
Ma neppure la videochiamata con Bach ha spazzato via tutti i dubbi. Bach è stato affiancato dalla Presidente della Commissione degli atleti, Emma Terho, e dal membro del Cio in Cina Li Lingwei. Peng, si legge nella nota, ha ringraziato il Cio per essersi preoccupato di lei e del suo benessere e ha affermato che è al sicuro e sta bene, che vive nella sua casa a Pechino e vorrebbe che la sua privacy fosse rispettata in questo momento. Ma i dubbi sono rimasti, soprattutto sulla sua libertà di movimento e indipendenza nelle dichiarazioni rilasciate. “Nulla ci dice che è libera”, sostiene Human Rights Watch, che anzi se la prende con il Cio, definito “complice della macchina della propaganda e di un caso di coercizione e sparizione forzata da parte del Governo cinese”.
Difficile stabilire la verità, in un contesto nel quale spesso le stesse celebrità finite nel mirino del Governo cinese sanno di dover tenere spenti i riflettori per un po’ in modo da arrivare alla completa riabilitazione. Il caso di Jack Ma insegna. Ma qui c’è una componente in più, vale a dire quella della denuncia di abusi sessuali, rivolta a un’alta carica del Partito comunista. Il 75enne Zhang ha infatti ricoperto la carica di vicepremier dal 2013 al 2018 e ha servito nel Comitato permanente del Politburo del Partito comunista tra il 2012 e il 2017. Peng è dovuta tornare a mostrarsi nel tentativo di bloccare le voci di boicottaggio, ma dall’altra parte essere troppo morbidi potrebbe dare un inedito slancio al Metoo cinese. E la Women Tennis Association chiede di tornare a concentrarsi sulla denuncia di Peng e di condurre un’indagine indipendente sulle sue accuse.
Intanto ci si interroga sulle modalità del possibile boicottaggio. Potrebbe coinvolgere solo funzionari e non gli atleti. Probabilmente nemmeno gli sponsor. Difficile conciliare le accuse vigorose in arrivo dall’esterno con il bisogno di fare affari.
Il caso della tennista cinese che ha accusato di molestie sessuali l’ex vicepremier della Repubblica popolare è diventato un affare diplomatico che potrebbe ostacolare le Olimpiadi invernali di Pechino
“Il caso Peng Shuai non è un caso diplomatico”. Il Governo cinese ha provato a dirlo dall’inizio. Ma la realtà è che il caso Peng è diventato un grande caso diplomatico. Con al centro la possibilità di boicottare, quantomeno a livello di rappresentanza diplomatica, i Giochi Olimpici Invernali di Pechino 2022. La sparizione dell’ex tennista subito dopo la pubblicazione e la rimozione di un lungo post su Weibo nel quale raccontava di essere stata molestata sessualmente da Zhang Gaoli, ex vicepremier della Repubblica popolare, è una storia che si è gonfiata giorno per giorno. Era partita come un’accusa di abusi e di richiesta di un’indagine, per passare poi alle voci sulla localizzazione e la libertà di movimento dell’ex campionessa cinese. Per poi rischiare di diventare il casus belli del boicottaggio olimpico del secondo evento a cinque cerchi in meno di 14 anni a essere organizzato nella capitale cinese.