Sotto la spinta di forze armate, diverse e divise, gli uomini del Califfo arretrano e nei suoi territori appaiono i primi timidi segnali di ribellione. Anche su questo conta chi si prepara a liberare Mosul e Raqqa.
Il video diffuso clandestinamente dagli attivisti di “Raqqa is Being Slaughtered Silently” è tremolante, ma nitido. Nelle immagini si vede una ‘M’ di circa un metro di altezza disegnata su un muro. Poi velocemente l’immagine si allarga e si scopre che quel graffito è stato tracciato vicino alla Moschea di Mosul, la stessa da dove due anni fa Abu Bakr al-Baghdadi comunicò al mondo la nascita del suo Califfato.
‘M’ è la prima lettera della parola araba Moukawama: resistenza. Un piccolo e coraggioso atto di dissenso, in quelle terre si è decapitati per molto meno.
Una scritta sul muro nel cuore del Califfato certo non contribuirà alla sua caduta, ma è il segnale delle crepe che iniziano ad aprirsi nel rigido controllo del territorio che ISIS esercita.
Da alcuni mesi forze diverse, e non sempre con gli stessi obiettivi, stanno attaccando il califfato, che ha perso porzioni consistenti di territorio.
I miliziani stanno diventando ancora più severi nel tentativo di mantenere il controllo di una popolazione che è sempre più ostile. Questo hanno affermato diversi funzionari iracheni e confermato alcune persone che sono riuscite a fuggire. “Sono duri, ma non sono più tanto forti.” Ha detto il Maggiore Najm al-Jabouri, al comando delle operazioni per la liberazione di Mosul.
Molti sunniti inizialmente in Iraq avevano accolto con favore i correligionari militanti dell’ISIS, visti come liberatori dal governo sciita, mentre migliaia di stranieri avevano risposto alla chiamata di Baghdadi per raggiungere il Califfato e combattere la guerra santa.
In una prima fase i jihadisti sono avanzati facilmente, grazie alla debolezza e alla divisione delle forze che li contrastavano. Hanno avuto a disposizione grandi risorse finanziarie, derivate in gran parte dalla vendita illegale del petrolio, e hanno arricchito gli arsenali saccheggiando quelli degli eserciti che fuggivano davanti a loro.
Due anni dopo sembrano essere troppi i nemici del Califfo: truppe governative irachene e siriane; forze curde; ribelli siriani; ribelli sunniti; milizie sciite iraniane e libanesi; milizie cristiane e yazide; Russia e la coalizione a guida USA. Nonostante le divisioni questa possente armata Brancaleone sta mettendo in difficoltà l’esercito di Abu Bakr al-Baghdadi.
Responsabili militari curdi e iracheni affermano che ISIS sta impiegando combattenti poco esperti e meno ideologizzati nel tentativo di rispondere agli attacchi sui diversi fronti.
“Dei 43 fondatori di ISIS, 39 sono stati uccisi.” Ha detto Hisham al-Hashimi, un consigliere militare di Baghdad. “Il Califfo sembra che si sposti in continuo nella pianura semidesertica, diverse migliaia di chilometri quadrati, a ovest del fiume Tigri e a sud di Mosul. Non si reca più in Siria dopo che nel Paese due dei suoi più stretti collaboratori sono stati uccisi quest’anno: Abu Omar al-Shishani, ministro della guerra, e il comandante in seconda Abed al-Rahman.”
I comandanti più anziani dopo Baghdadi sono ora Abu Mohammad al-Adnani, portavoce del gruppo che ha assunto il controllo militare dopo la morte di Shishani, e Abu Mohammad al-Shimali, che guida i combattenti stranieri.
In Iraq ISIS ha perso Fallujah e si prepara l’offensiva per liberare Mosul. In Siria le forze di Bashar al-Assad, sostenute dall’aviazione russa, stanno avanzando nella provincia di Raqqa, mentre i gruppi sostenuti dagli Stati Uniti stanno per conquistare Manbij, un’altra roccaforte militare dello Stato Islamico.
Il numero dei combattenti stranieri è diminuito in modo significativo, e gli sforzi di ISIS per reclutare militanti tra la popolazione locale non hanno grande successo. “Solo i giovani più poveri accettano di entrare nelle loro file.” Ha raccontato Sanya, che da poco è scappata da Fallujah. “Quando sei giovane e non hai neppure 250 dinari e qualcuno ti offre 20.00 o 30.000 dinari al mese, è facile accettarli.”
Così, anche gli uomini della Hisba, la buoncostume di ISIS, sono sempre più spesso inviati al fronte, per sostituire i caduti o i disertori. I pochi testimoni, però, raccontano che la repressione e le punizioni per chi viola le regole sono sempre più feroci.
Con la crisi militare le condizioni di vita della gente comune nello Stato Islamico peggiorano. La rabbia e la violenza dei miliziani crescono di pari passo alle difficoltà che attraversano. Secondo le testimonianze la popolazione locale è sempre più ostile al gruppo, che spesso usa i civili come scudi umani per rallentare l’avanzata delle forze nemiche nelle città in prima linea.
Chi è catturato mentre cerca di fuggire è, quasi sempre, giustiziato sul posto, anche le donne e i bambini.
I responsabili militari delle tante forze che combattono ISIS puntano su una rivolta popolare quando saranno lanciate le offensive contro Mosul e Raqqa. In questo modo i jihadisti dovrebbero affrontare un fronte interno e uno esterno. Non si hanno notizie certe su organizzazioni popolari che si preparano all’insurrezione, anche se tutti sanno che le diverse intelligence coinvolte sono al lavoro in questa direzione.
La sola certezza e che la gente chiamata a sollevarsi non è né armata né addestrata e da più di due anni vive nel terrore. Per questo anche una ‘M’ scritta di notte su un muro è un atto di coraggio e un segnale di ribellione al dominio di Abu Bakr al-Baghdadi.
@MauroPompili
Sotto la spinta di forze armate, diverse e divise, gli uomini del Califfo arretrano e nei suoi territori appaiono i primi timidi segnali di ribellione. Anche su questo conta chi si prepara a liberare Mosul e Raqqa.