La Gran Bretagna ha deciso di entrare come stato fondatore nella «banca cinese», l’Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib). L’evento ha creato un certo scompiglio, perché si tratta dell’adesione, la prima, di un paese del G7. È un evento rilevante sia per la Cina e il suo progetto, cui in seguito hanno aderito anche Italia, Francia, Germania e forse anche il Lussemburgo, ma è soprattutto stato un motivo di rinnovata acredine tra Stati uniti e Gran Bretagna. La mossa di Londra, infatti, non è piaciuta granché a Washington.
Aiib
Cos’è intanto la Aiib? «La Aiib, come ha scritto il ministero dell’economia e della finanza italiano, quale nuova banca d’investimento che lavorerà con le banche multilaterali di sviluppo e di investimento esistenti, può svolgere un ruolo di rilievo nel finanziamento dell’ampio fabbisogno infrastrutturale dell’Asia. In questo modo, la Aiib promuoverà lo sviluppo economico e sociale nella regione e contribuirà alla crescita mondiale».
La rabbia di Obama
Nei giorni scorsi, il Financial Times ha riportato la rabbia con cui gli Usa hanno reagito alla scelta di Londra, considerato partner strategico e privilegiato di Washington. Secondo l’amministrazione Obama Londra avrebbe confermato il «costante accomodamento» che da tempo sarebbe in atto con Pechino.
Ma si tratta di un nervosismo tardivo; la capacità cinese di irretire è nota da tempo, l’annuncio di istituire la banca risale a oltre un anno fa.
E ancora da più tempo la Cina chiede una maggior distribuzione del potere all’interno di organi internazionali come il Fondo monetario o la stessa World Bank. Concessioni che gli Usa non hanno mai fatto. La Gran Bretagna – ha scritto il Financial Times – ha cercato di acquisire il «vantaggio di chi agisce per primo».
Il governo britannico avrebbe giustificato la mossa, sostenendo di doversi muovere rapidamente a causa delle imminenti elezioni generali del prossimo 7 maggio. Il «colpo» di George Osborne, il cancelliere dello Scacchiere britannico, ha ricevuto applausi a Pechino. Quanto alla scelta inglese, gli Usa, via Patrick Ventrell, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, hanno specificato che «crediamo che qualsiasi nuova istituzione multilaterale debba incorporare gli elevati standard della Banca Mondiale e delle banche regionali di sviluppo».
«Sulla base di molte discussioni, ha chiosato polemicamente, abbiamo dubbi sul fatto che l’Aiib raggiungerà questi standard elevati».
Opporsi o pacificare?
L’irritazione degli Stati Uniti – ha scritto il Guardian – per la decisione della Gran Bretagna di iscriversi a una nuova banca di sviluppo cinese «ha messo a nudo le profonde divisioni internazionali su come affrontare una nuova superpotenza mondiale.
Per gli americani, come per i gruppi in difesa dei diritti umani e i dissidenti cinesi, paesi come la Gran Bretagna sono disposti a cedere troppo potere alla Cina mentre diventa più ricca e più potente. Un funzionario della Casa Bianca ha accusato il Regno Unito la scorsa settimana di accontentare costantemente Pechino».
Ma il Foreign Office ha specificato che il suo approccio verso la Cina è coerente e continua a sollevare questioni delicate, «ma gli analisti vedono un cambiamento notevole da quando Pechino ha punito Londra per l’incontro di David Cameron con il Dalai Lama nel 2012. Si nota una serie di accordi bilaterali, visite regolari da parte di ministri del governo in Cina, commenti sui diritti umani e in particolare una risposta in sordina alle severe restrizioni del governo cinese sul diritto di voto a Hong Kong, che ha deluso molti nella ex colonia britannica».
Tutto è cambiato
Quindi, la Gran Bretagna riterrebbe di avere una sorta di ascendente sulla Cina, che gli Usa invece non hanno avuto. Bisogna notare, se si osserva l’evoluzione storica dei rapporti tra Stati uniti e Cina, che Washington ha bene o male usato la stessa tattica britannica, negli anni.
Dopo l’apertura Washington ha consegnato un credito gigantesco alla Cina, attraverso accordi economici e di trasmissione di konw how, militare, commerciale e per certi versi anche di governance. La Cina era un luogo dove si sarebbe potuto produrre a basso costo e un futuro mercato, per gli Usa. I consiglieri dei presidenti americani, avevano visto giusto. Tranne in un particolare: che il mondo da lì a poco, con il crollo dell’Urss, sarebbe totalmente cambiato.
@simopieranni