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L’omaggio della democrazia peruviana al suo dittatore


Alberto Fujimori, presidente dal 1990 al 2000, è la figura più rilevante e divisiva della politica peruviana. Morto a 86 anni, ha ricevuto onorificenze e funerali di stato nonostante una condanna per delitti contro l'umanità.

Conclusi i tre giorni di lutto nazionale, e consumato il funerale di Stato ordinato dalla presidente Dina Bouluarte, in Perù è nuovamente bufera intorno all’eredità politica dell’ex presidente Alberto Fujimori. La bara, trasportata da sei uomini neri, com’era usanza nei funerali dell’antica aristocrazia di Lima ai tempi della colonia, è stata avvolta dalla bandiera ufficiale del Perù, nonostante le dure critiche dei detrattori di Fujimori, che durante diversi anni ha sospeso di fatto la costituzione ed ha accentrato su di sé e i propri collaboratori i pieni poteri. A 86 anni, e nonostante una condanna per crimini contro l’umanità, Fujimori è morto in libertà e la sua salma ha ricevuto tutti gli onori di un eroe nazionale.

Membro della numerosa e potente comunità nikkei, i discendenti dei migranti giapponesi stabilitisi in Perù alla fine del XIX secolo su iniziativa di Tokyo per “occidentalizzare” i propri agronomi, Fujimori era pressoché sconosciuto al grande pubblico quando si presentò per la prima volta alle presidenziali del 1989. Professore di agronomia all’università, portò avanti la campagna elettorale a cavalcioni su un trattore per le strade di Lima, sfruttando il più possibile quel profilo da outsider che lo smarcava da una classe politica estremamente contestata.

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