Per contrastare la crescita dei prezzi dell’oro nero, gli Stati si coordinano per l’immissione nel mercato di maggiori quantitativi: è scontro con Opec+. Sullo sfondo, le tensioni tra l’amministrazione Biden e l’Arabia Saudita
Difficile, di questi tempi, notare sforzi comuni tra due rivali sistemici come gli Stati Uniti e la Cina. Ma la crescita repentina del prezzo del petrolio avvenuta nell’ultimo anno ha modificato certi equilibri, spingendo le due nazioni insieme a Giappone, India, Corea del Sud e Regno Unito a contrastare l’ascesa del valore dell’oro nero immettendo nel mercato maggiori quantitativi di greggio, attingendo alle singole riserve.
Parte Washington: Joe Biden ha annunciato il rilascio di 50 milioni di barili provenienti dal Strategic Petroleum Reserve statunitense, con l’obiettivo di colpire il mercato dalla seconda metà di dicembre in poi. È la prima volta nella storia che gli Usa si coordinano con gli altri principali consumatori di petrolio, in un momento complicato anche per via della crescita dell’inflazione. Colpisce l’immediatezza della decisione, visto che la mossa è stata presa insieme a Pechino e gli altri Paesi.
La scelta dell’amministrazione statunitense è significativa e va a superare i quantitativi prelevati dal Strategic Petroleum Reserve nel 2011, quando si registrò una forte crescita del prezzo del petrolio agli albori della guerra in Libia. La riserva è stata creata in seguito alla crisi petrolifera del 1973, diventando cruciale, a più riprese, momenti complicati della storia statunitense.
Stavolta, la notizia stupefacente è il coordinamento con la Cina, confermato anche dal portavoce del Ministero degli Esteri Zhao Lijian: “Siamo in stretta comunicazione con tutte le parti in causa, con le nazioni che producono e quelle che consumano. La Cina — ha proseguito Zhao — opera affinché ci sia stabilità a lungo termine nel mercato del petrolio, da raggiungere attraverso la comunicazione e la cooperazione con gli Stati”.
I media statali cinesi hanno dato enfasi all’accaduto, focalizzando la loro attenzione sulla restituzione, a loro dire, del favore che Pechino offre a Washington. Il Global Times scrive che “la Cina può aiutare gli Usa nel fermare la salita dei prezzi del petrolio e mitigare le paure inflazionistiche immettendo nel mercato riserve di greggio, ma gli Stati Uniti devono, in cambio, spingere per un miglior clima nella cooperazione” tra le due nazioni.
A quanto apprende il South China Morning Post, è stato lo stesso Biden a chiedere a Xi Jinping, nel corso dell’ultimo meeting virtuale, l’erogazione di maggiori quantitativi di barili di petrolio. Zhao ha comunque affermato che la Cina “gestirà l’erogazione delle riserve di greggio sulla base dei propri bisogni e prenderà altre misure necessarie per stabilizzare il mercato. Le informazioni verranno date a tempo debito”.
Si attende, intanto, la risposta dell’Opec+ alla mossa di Stati Uniti, Cina, Giappone, India, Corea del Sud e Regno Unito. Già prima dell’ufficializzazione statunitense dell’immissione nel mercato del petrolio di barili provenienti dalle riserve, i delegati di Opec+ hanno espresso i loro dubbi a riguardo, sostenendo che il progetto è ingiustificato, considerando le attuali condizioni. Sullo sfondo, gli screzi tra Usa e Arabia Saudita, sempre più distanti con l’arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden, critico nei confronti del Principe Mohammed bin Salman sul fronte della guerra in Yemen e gestione dei diritti umani.
La geopolitica del petrolio è complessa e viaggia, spesso, su canali differenti da quelli della diplomazia, intrecciandosi con le questioni preesistenti. Ne è un esempio lampante il fitto coordinamento tra Washington, Pechino e le altre capitali, che pur di livellare il prezzo del barile e gli impatti sui principali beni di consumo, nonché sui trasporti, sono disposte a scendere a compromessi. Allo stesso tempo, in questo frangente vengono a galla ulteriori frizioni, diventate sempre più palesi, tra storici alleati.
Per contrastare la crescita dei prezzi dell’oro nero, gli Stati si coordinano per l’immissione nel mercato di maggiori quantitativi: è scontro con Opec+. Sullo sfondo, le tensioni tra l’amministrazione Biden e l’Arabia Saudita
Difficile, di questi tempi, notare sforzi comuni tra due rivali sistemici come gli Stati Uniti e la Cina. Ma la crescita repentina del prezzo del petrolio avvenuta nell’ultimo anno ha modificato certi equilibri, spingendo le due nazioni insieme a Giappone, India, Corea del Sud e Regno Unito a contrastare l’ascesa del valore dell’oro nero immettendo nel mercato maggiori quantitativi di greggio, attingendo alle singole riserve.