Stamattina mi son alzato con l’idea di segnalarvi una bella ricetta per un piatto fresco e veloce della tradizione bengalese, una prelibatezza estiva da una regione dove nella stagione secca pre monsonica si toccano tranquillamente i 45 gradi. Poi mi son accorto di non aver mai mangiato nulla che corrispondesse alla descrizione, e un po’ ci son rimasto male.

Nella foto sopra potete vedere la cucina standard delle zone rurali bengalesi: fornelli di terra e fango, utensili di metallo, coppette di plastica o metallo per contenere una discreta quantità di spezie. Non c’è piano cottura, si cucina da accucciati a terra, posizione che lascia intendere l’abitudine alla fatica del cucinare.
In quasi due anni di vita in Bengala occidentale i pasti più memorabili li ho consumati in condizioni simili, godendo dell’ospitalità incredibile che i bengalesi di ogni estrazione sociale riservano di default, spesso spingendosi oltre la gentilezza sforando nel sequestro di persona.
Il tratto più caratteristico della cucina bengalese – almeno per chi scrive – è la quantità di tempo richiesta per preparare un piatto. Arrivando dalla tradizione mediterranea, dove con due pomodori una mozzarella sale e un filo d’olio ce la si può cavare egregiamente, la totale assenza di cibi crudi o ricette veloci equiparabili a una classica aglio olio e peperoncino è un fatto che fa riflettere. Una ragione sociologica che mi è balenata in testa mi spinge a pensare che la complessità della cucina locale sia la conseguenza dello status delle donne, solitamente chiamate ad occuparsi esclusivamente della gestione della casa e della prole: un sacco di tempo passato fisicamente tra le mura domestiche.
Esemplifico col rischio di banalizzare: la consapevolezza di dover stare in casa comunque ha fatto venir meno l’impulso di inventiva per ricette immediate che lascino il tempo ad altro, i presupposti che in occidente hanno introdotto stratagemmi culinari sempre più veloci, dal forno a microonde ai quattro salti in padella (sic!). Sicuramente qualcuno avrà approfondito la questione anche a livello accademico, e sarebbe interessante leggerne le conclusioni.
Tornando alla potenziale ricetta veloce estiva, l’unica che si avvicina a quello che sto cercando si chiama begun bhaja, banalmente: melanzane fritte.
Prendete una melanzana e tagliatela a fette grosse, anche un centimetro di spessore. Mettetele in una terrina spaziosa e aggiungete sale (un paio di pizzichi) e curcuma (un paio di cucchiaini) e mescolate finché le melanzane ancora crude prendono un colorito giallino. In una padella mettete dell’olio di mostarda in dosi abbondanti e buttate dentro le melanzane, facendole friggere da entrambi i lati finché non si colorano di un leggero strato bruciacchiato.
Mettete in un piatto guarnendo con foglie di coriandolo fresco e, a fianco, yogurt fresco con un pizzico di sale, pepe e limone. Come accompagnamento vanno bene sia riso bollito che chapati (le piadine indiane).
Tempo totale richiesto per la preparazione: 10 minuti. Tempo per la digestione: ore elevato alla n. Tempo di goduria post pranzo: ore elevato alla n+1.
Stamattina mi son alzato con l’idea di segnalarvi una bella ricetta per un piatto fresco e veloce della tradizione bengalese, una prelibatezza estiva da una regione dove nella stagione secca pre monsonica si toccano tranquillamente i 45 gradi. Poi mi son accorto di non aver mai mangiato nulla che corrispondesse alla descrizione, e un po’ ci son rimasto male.