Il primo colpo sferrato dall’amministrazione Modi all’economia indiana è arrivato ieri, andando a toccare uno dei settori più comatosi del paese: le ferrovie. 14 per cento di rincaro su tutti i biglietti della rete ferroviaria indiana, la più estesa al mondo. E le opposizioni protestano in strada.

La misura, dice la maggior parte degli analisti pubblicati stamane sui quotidiani indiani, è estremamente necessaria per rivitalizzare il carrozzone delle Indian Railways, il sistema capillare ereditato dal periodo coloniale che connette virtualmente ogni angolo del paese a prezzi decisamente popolari. Ogni giorno, a spanne, le ferrovie dello stato indiane gestiscono il trasporto di 25 milioni di persone, in un sistema costellato di ritardi, disservizi, condizioni igieniche approssimative. Tutte caratteristiche che – per chi scrive – sono dei plus, a fronte di prezzi davvero esigui.
Per mantenere il servizio alla portata di tutti, i prezzi dei biglietti sono fortemente calmierati direttamente dal governo centrale, per una spesa che secondo i dati divulgati da Ndtv si aggira attorno ai 260 miliardi di rupie all’anno (poco più di tre miliardi di euro).
L’approccio alle ferrovie potrebbe essere l’avvisaglia del metodo con cui Modi ha intenzione di risanare il paese. La promessa di rilanciare l’economia, con la quale NaMo ha vinto il favore dell’elettorato, per essere mantenuta impone una fase – dicono un paio d’anni – in cui i soldi che mancano da qualche parte devono essere prelevati. L’aumento dei biglietti dovrebbe portare nelle casse di Delhi un extra di 80 miliardi di rupie (976 milioni di euro): denaro che verrà investito per potenziare le infrastrutture, migliorare la rete, seguendo il sentiero del progresso sbanierato dallo slogan del modello Gujarat.
Nel classico gioco delle parti democratico, il governo sostiene che la misura è stata varata in un regime di “obbligo”, non c’era alternativa, mentre tutte le opposizioni del paese nella giornata di oggi hanno organizzato proteste di piazza. Attenzione: proteste architettate dagli attivisti di partito (Congress, Samajwadi Party, Dmk…), che hanno mobilitato centinaia di persone pronte, a comando, a dare del filo da torcere all’amministrazione al potere. A parti invertite, era successa la stessa identica cosa con la proposta di aprire agli investitori stranieri il mercato della rivendita al dettaglio (i supermercati) avanzata dal governo Singh due anni fa: misura indispensabile per il Congress, accolta da proteste di piazza organizzate dal Bjp ad accusare il governo di voler svendere il paese agli stranieri (nota: nel programma di governo del Bjp si dovrebbe aprire il mercato nazionale agli investitori stranieri in ogni campo, tranne la rivendita al dettaglio).
A poco meno di un mese dalla “legge di bilancio” che Modi dovrà presentare al parlamento, il governo cala la scure su uno dei grandi buchi neri nazionali, consapevole del rischio di aumento dell’inflazione (per il quale, si dice, i tecnici siano già alla ricerca di misure per controbilanciare l’effetto sulle tasche degli indiani). Dalla fase delle promesse stiamo entrando in quella dei fatti, banco di prova di un governo probabilmente destinato a durare a lungo.
Il primo colpo sferrato dall’amministrazione Modi all’economia indiana è arrivato ieri, andando a toccare uno dei settori più comatosi del paese: le ferrovie. 14 per cento di rincaro su tutti i biglietti della rete ferroviaria indiana, la più estesa al mondo. E le opposizioni protestano in strada.