La Commissione Ue ha posticipato di oltre un mese la pubblicazione della propria strategia industriale. C'è chi opta per una strategia protezionistica, chi per l'apertura economica
Il Commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton partecipa a una conferenza stampa a seguito di una videoconferenza informale dei Ministri del mercato interno e dell'industria a Bruxelles, Belgio, 25 febbraio 2021. Olivier Hoslet/Pool tramite REUTERS
La Commissione Ue ha posticipato di oltre un mese la pubblicazione della propria strategia industriale. C’è chi opta per una strategia protezionistica, chi per l’apertura economica
Il Commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton partecipa a una conferenza stampa a seguito di una videoconferenza informale dei Ministri del mercato interno e dell’industria a Bruxelles, Belgio, 25 febbraio 2021. Olivier Hoslet/Pool tramite REUTERS
Una settimana fa la Commissione europea ha deciso di posticipare di oltre un mese la pubblicazione della propria strategia industriale. Il documento dovrebbe fungere da guida per le industrie d’Europa nella doppia transizione energetica e digitale, con l’obiettivo di migliorarne la competitività e rafforzare la cosiddetta “autonomia strategica” dell’Unione rispetto alle grandi potenze globali. La strategia aggiornata era attesa per il 17 marzo, ma è stata rimandata al 27 aprile.
Il 24 febbraio, un giorno dopo il posticipo europeo, proprio in quegli Stati Uniti da cui Bruxelles vorrebbe svincolarsi un po’, il Presidente Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo per la resilienza delle filiere fondamentali per la sicurezza nazionale: ad esempio quelle legate ai dispositivi di protezione individuale, ai microchip e alle batterie per lo stoccaggio di energia. La nuova strategia industriale europea avrebbe dovuto fare la stessa cosa: individuare cioè quali supply chains espongono l’Unione a “dipendenze strategiche”, e proporre delle misure per risolvere il problema.
Le due notizie sono allora state interpretate così: mentre l’America procede sicura e spedita nella definizione di una politica industriale che ne assicuri la leadership nei settori chiave, l’Europa è incapace di prendere una decisione e costretta a rinviare. Paragonare sistemi diversi, però – l’integrazione europea non è (ancora?) al livello di quella americana –, può non essere troppo d’aiuto alla comprensione. Anche se è vero che all’interno dell’Unione europea ci sono divisioni sull’approccio da seguire: meglio una strategia protezionistica, oppure bisogna mantenere il più possibile l’apertura economica?
La domanda non è banale e la risposta non è semplice. Negli Stati Uniti – volendo proseguire nel confronto – la nuova amministrazione sta già portando avanti un piano per imporre alle agenzie federali di acquistare prodotti realizzati con un alto contenuto di materiali americani. Biden ha detto che il Governo spende troppi soldi “per sostenere i posti di lavoro stranieri e le industrie straniere”, destando qualche preoccupazione tra i partner economici, come il Canada e la stessa Europa.
In Europa la divisione non è soltanto tra gli Stati membri, ma anche tra le stesse agenzie europee. A favore di un maggiore protezionismo sono la Francia, la Germania e il Commissario per il mercato interno Thierry Breton (francese). A difendere l’apertura sono invece i Paesi Bassi, quelli del nord e i Commissari per il commercio (Valdis Dombrovskis, lettone) e per la concorrenza (Margrethe Vestager, danese).
Un’Europa più sovrana
“Gestire le transizioni verde e digitale”, dice Breton, “ed evitare dipendenze dall’esterno in un nuovo contesto geopolitico richiede un cambiamento radicale”. C’è “un nuovo gioco strategico” in corso tra Stati Uniti e Cina, aveva dichiarato il mese scorso, “e noi in Europa vogliamo svolgere il nostro ruolo completamente”. Per farlo, però, serve “una politica industriale degna di questo nome”.
Breton propone un approccio più interventista, che passi per una riscrittura delle regole di concorrenza in modo tale da permettere alle aziende critiche per l’affermazione europea di ricevere investimenti pubblici. Ma non solo. Tra le proposte franco-tedesche sulla concorrenza ci sono anche regole più semplici per quanto riguarda le fusioni tra le aziende, in modo da incentivare la nascita di “campioni industriali” capaci di rivaleggiare con le compagnie americane e cinesi.
Chi difende il libero commercio
A opporsi al protezionismo avanzato da Parigi e Berlino ci sono i Paesi del Nord Europa, più piccoli e più orientati al libero commercio, che non vedono di buon occhio il concetto di autonomia e preferirebbero piuttosto risolvere il problema della dipendenza con una maggiore diversificazione commerciale.
Dalla loro parte c’è, a Bruxelles, innanzitutto il Commissario Dombrovskis, secondo cui “anche se l’attuale crisi alimenta la tentazione di guardare verso l’interno”, di chiudersi, “questa non è la risposta”.
La Commissione Ue ha posticipato di oltre un mese la pubblicazione della propria strategia industriale. C’è chi opta per una strategia protezionistica, chi per l’apertura economica
Il Commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton partecipa a una conferenza stampa a seguito di una videoconferenza informale dei Ministri del mercato interno e dell’industria a Bruxelles, Belgio, 25 febbraio 2021. Olivier Hoslet/Pool tramite REUTERS
Una settimana fa la Commissione europea ha deciso di posticipare di oltre un mese la pubblicazione della propria strategia industriale. Il documento dovrebbe fungere da guida per le industrie d’Europa nella doppia transizione energetica e digitale, con l’obiettivo di migliorarne la competitività e rafforzare la cosiddetta “autonomia strategica” dell’Unione rispetto alle grandi potenze globali. La strategia aggiornata era attesa per il 17 marzo, ma è stata rimandata al 27 aprile.
Questo contenuto è riservato agli abbonati
Abbonati per un anno a tutti i contenuti
del sito e all'edizione cartacea + digitale della rivista di
geopolitica