Al Consiglio europeo che si apre oggi Varsavia potrebbe lanciare l’idea di un piano Marshall per l’Africa, già evocato dal premier Morawiecki. E con esso riaffiora anche l’antico e dimenticato sogno coloniale della Polonia, spezzato dall’invasione tedesca
“Qualcosa di simile a nuovo piano Marshall”. È quanto ha proposto il premier polacco Mateusz Morawiecki lunedì 25 giugno come soluzione all’arrivo di migranti e rifugiati dall’Africa all’Europa. In un dibattito a cui ha partecipato assieme al presidente del Bundestag, Wolfgang Schäuble, Morawiecki ha inoltre auspicato un rafforzamento delle frontiere dell’Ue e chiesto di destinare fondi europei per combattere l’immigrazione illegale in loco. «Dobbiamo chiederci quanti immigrati africani possiamo accettare. Un milione? Dieci, cento milioni?», ha aggiunto il primo ministro polacco. Per il governo Morawiecki, al momento, persino i 6200 richiedenti asilo previsti dagli accordi europei e rigettati da Varsavia paiono essere un numero insostenibile.
Va detto che la Polonia del dopoguerra non è mai stata inserita nel piano Marshal per via di un diktat sovietico che lo impedì anche a Ungheria e Cescoslovacchia bollandolo come imperialismo economico americano. In tema d’Africa, invece, Varsavia ha un insospettabile passato di interessi economici e commerciali nel continente. “Il mio Paese non ha colonie […]. Anzi, c’è stato un tempo in cui il mio stesso Paese era una colonia,” scriveva il celebre giornalista polacco Ryszard Kapusciński in Giungla polacca. Un tema, quello del rifiuto del colonialismo e dell’imperialismo bianco in Africa, caro al grande reporter. Tuttavia, l’assenza di colonie polacche è dipesa più da avverse contingenze storiche che dall’intenzione di escludersi dalla corsa alle risorse d’Oltremare.
Già nel XVII secolo il Ducato di Curlandia, Staterello nell’attuale Lettonia allora legato alla Confederazione polacco-lituana, si impossessa dell’isola caraibica di Tobago e dell’isolotto di Sant’Andrea (poi James e Kunta Kinte), oggi parte del Gambia. In entrambi i casi, le velleità coloniali curlandesi hanno vita breve. Tuttavia, tre secoli dopo, affrancatasi dalla dominazione prussiana, austroungarica e russa, anche Varsavia coltiva ambizioni coloniali. Tra i Paesi nei quali la Seconda Repubblica di Polonia, sorta nel 1918, rivendica territori vi sono Angola, Brasile, Camerun, Liberia, Madagascar e Togo.
Il successo della Lega marittima e coloniale polacca
Un ruolo chiave per le mai concretizzatesi ambizioni coloniali polacche lo gioca un movimento d’opinione iniziato in patria nel 1918, in concomitanza con la ritrovata indipendenza. Tutto comincia con il gruppo Bandiera polacca, poi divenuto Lega polacca della navigazione e, nel 1924, Lega marittima e fluviale (Lmr). Sin dai suoi esordi, l’obiettivo del movimento è di promuovere gli interessi marittimi e commerciali polacchi in un periodo in cui la Polonia sta costruendo ex novo il porto e la città di Gdynia, suo principale sbocco sul Baltico.
Dal difendere i propri interessi commerciali via mare all’esigenza di richiedere colonie, il passo è breve. Nel ’28 alla Lega marittima e fluviale si aggiunge una costola dall’inequivocabile nome di Unione dei pionieri coloniali. Lo stesso anno si tiene il primo congresso nazionale di Lmr in cui si invoca la creazione di colonie polacche. Nel 1930 l’organizzazione è ribattezzata Lega marittima e coloniale (Lmk) e due anni dopo viene creato un Fondo per l’azione coloniale per raccogliere denaro in vista di quello che ne è divenuto l’obiettivo principale.
Da questo momento in poi la Lega marittima e coloniale gode di appoggi importanti nelle stanze del potere. Nel ’33 il governo di Varsavia le affida l’incarico di coordinare il finanziamento per creare dal nulla la Marina militare polacca e Lmk decide di avviare una campagna di stampa su vasta scala per avvicinare l’opinione pubblica al tema delle colonie. Si pubblicano riviste e libri dedicati alle imprese di esploratori polacchi del XIX secolo, suggerendo un trait d’union patriottico fra quelle avventure e le necessità coloniali della giovane Polonia. I periodici pubblicati dell’associazione come Mare, La Polonia sul mare e Diritto marittimo e coloniale hanno una tiratura di 600mila copie.
Mentre in tutto il mondo si fondano circoli di Amici del mare polacco presenti, in patria la crescita della Lega marittima e coloniale è vertiginosa. Dai 44mila iscritti divisi in 80 sezioni del ’28, si passa, nel giro di appena sei anni, a 250mila membri distribuiti in 1200 sedi e 1000 scuole. Un numero già raddoppiato due anni dopo, quando Lmk è una potente organizzazione con mezzo milione di iscritti e un noto ex parlamentare come portavoce.
Il sogno di colonie polacche in Africa
Consapevole di questo crescente supporto, nel settembre del ’36 il ministro degli Esteri polacco, Józef Beck, presenta alla Società delle Nazioni un documento dal titolo Le tesi coloniali della Polonia, che viene tuttavia ignorato. Beck non si demoralizza e nel dicembre dello stesso anno auspica che colonie siano concesse alla Polonia per accoglierne la popolazione in eccesso. Il ministro si riferisce al Piano Madagascar un rapporto condotto da una commissione di esperti polacchi secondo cui fino a 22mila famiglie di coloni agricoli, perlopiù ebrei, potrebbero essere ricollocate in Madagascar, Francia permettendo.
Varsavia rispolvera l’eredità storica del conte Maurice Beniowski, un avventuriero magiaro-polacco inviato sull’isola dai francesi nel XVII secolo, proclamato imperatore dalle tribù locali e ucciso da truppe transalpine. Tuttavia, il Piano Madagascar è impraticabile, forse un diversivo, ed è presto abbandonato. Sarà la Germania nazista, pochi anni dopo, a riproporre per i propri fini la “soluzione Madagascar” trasformandola in una deportazione di ebrei da ridurre ai lavori forzati. E non saranno ragioni etiche o morali a frenare il Terzo Reich ma problematiche economiche e organizzative.
Proprio la Germania si mostra interessata alle nascenti rivendicazioni coloniali di Varsavia. Nel novembre del ’36, il consolato tedesco di Poznań invia a Berlino un rapporto urgente che avvisa: la Polonia pensa ad ex colonie tedesche in Africa, in particolare aree del Togo e del Camerun. L’allora Polonia occupava il 9% della Germania prima della Grande Guerra e quindi ritiene che le spetterebbe la stessa percentuale di territorio coloniale tedesco. Mentre Berlino osserva, in attesa di colpire, il ministro degli Esteri francese Delbos invita Varsavia ad attendere nel fare rischiose rivendicazioni territoriali. La Lega marittima e coloniale, intanto, compra territori in Brasile e piantagioni in Liberia, oltre ad avviare rotte commerciali fra Gdynia e l’Africa occidentale dove i conti Zamoyski possiedono una fazenda in Angola.
La fine dell’inizio
In patria, nel giugno del ’37, l’organizzazione lancia una “Settimana del mare” all’insegna dallo slogan “Vogliamo una potente marina militare e colonie”. L’evento è appoggiato dalle massime cariche politiche, militari e religiose del Paese: il presidente della Repubblica, Mościcki, il primate di Polonia, cardinale Hlond, e il maresciallo Rydz-Śmigły, capo dell’Esercito. Nella primavera del ’38 arrivano i “Giorni coloniali” introdotti da manifesti di progapaganda che suggeriscono come gli africani stessi chiedano a mani protese colonie polacche.
Centinaia di migliaia di persone partecipano a questi eventi patriottici che comprendono marce organizzate a Varsavia, Poznań e Torun in cui i manifestanti invocano colonie polacche. Territori d’oltremare che, si sostiene, servono alla Polonia per tre ragioni: la presenza di materie prime, le opportunità commerciali che ne deriverebbero e la possibilità di accogliere coloni pronti a “polonizzare” angoli di Africa o Sudamerica. A fine anno, Lmk conta 840mila membri e sulle colonne di Mare invita i suoi iscritti a partecipare a una vacanza in Italia per entrare in contatto con organizzazioni locali “nostre sorelle di sangue”. Il tutto con l’approvazione del governo, come dimostrano le posizioni sul colonialismo del ministro Beck e del presidente Mościcki.
L’invasione tedesca del 1° settembre 1939 sconvolge anche questi piani. La Polonia, divenuta suo malgrado colonia nazista, deve abbandonare i propri sogni di sedere al tavolo delle potenze coloniali per acquisire peso economico e politico internazionale.
L’idea di ingenti aiuti economici a favore dell’Africa per promuoverne lo svilluppo e il mercato interno lanciata da Morawiecki sembra riallacciarsi a trascorse ambizioni coloniali, oggi più che mai anacronistiche. Da un lato, un eventuale piano Marshall africano legherebbe ancora di più le future sorti del continente a chi in passato vi stabilì colonie, dall’altro sarebbe una strategia di difesa dei mutati interessi europei che vedono nell’immigrazione una minaccia anziché una risorsa.
@LorenzoBerardi
Al Consiglio europeo che si apre oggi Varsavia potrebbe lanciare l’idea di un piano Marshall per l’Africa, già evocato dal premier Morawiecki. E con esso riaffiora anche l’antico e dimenticato sogno coloniale della Polonia, spezzato dall’invasione tedesca