Lunedì Piotr S. è morto, dopo dodici giorni di calvario. Prima di darsi fuoco sulla pubblica piazza, il 19 ottobre a Varsavia, Piotr aveva letto ad alta voce un articolato atto d’accusa contro la destra al governo. Esortando i polacchi a lottare per non perdere la libertà
Il gesto di Piotr S. – non è stato reso noto il cognome – è stato espressamente politico. Prima di ardersi , nel pomeriggio del 19 ottobre, Piotr ha letto i quindici punti di una lettera da lui stesso scritta: un elenco degli atti con cui Diritto e Giustizia (PiS), il partito di Jaroslaw Kaczynski, sta smontando l’impalcatura dello stato di diritto e della democrazia in Polonia. Dalle leggi per limitare l’autonomia della magistratura all’assalto alla radio-tv pubblica, dall’accentramento del potere al disboscamento della foresta vergine di Bialowieza, fino alla riforma della scuola e ai pregiudizi verso gli immigrati: tutti i passaggi più delicati di questi due anni di governo di destra sono menzionati.
Dopo aver letto la lettera ad alta voce, e a appena prima di auto-immolarsi davanti al Palazzo della cultura e della scienza di Varsavia, il grande grattacielo in stile sovietico che dal 1955 timbra lo skyline di Varsavia, Piotr S. ha chiesto a chi si trovava intorno a lui di divulgare il testo, in cui si definisce “cittadino ordinario” e “uomo grigio” come tanti altri polacchi, esortandoli a lottare per non perdere la libertà. Ha anche scritto di augurarsi che il presidente (Kaczynski) e la nomenclatura del PiS riconoscano che il suo gesto è una loro diretta responsabilità, e che le loro mani sono macchiate del suo sangue.
Il primo a diffondere la lettera di Piotr S. è stato il consigliere comunale di Varsavia Tomasz Sybilski, sulla sua pagina Facebook. Sybilski, che milita nella sinistra, aveva appena lasciato il Consiglio comunale (ha sede nel Palazzo della Cultura e della Scienza) assieme a una collega, anche lei di sinistra, Pauline Piechna-Wieckiewicz. Hanno visto da lontano del fumo, credendo fosse un cassonetto che stava bruciando. Accorsi sulla scena, hanno trovato un’ambulanza che stava portando via Piotr S.
Inizialmente la notizia della sua auto-immolazione non ha trovato molto spazio sulla stampa polacca, e il ministro degli Interni Mariusz Blaszczak, davanti alle accuse lanciate da Piotr S. al suo governo e al suo partito, ha liquidato il fatto attribuendolo alla depressione di cui l’uomo soffriva. Era stato in cura per otto anni.
Piotr S., residente in un piccolo centro abitato a est di Cracovia, non era però uno svitato. Il suo è stato un atto consapevole, meditato da tempo. Così ha spiegato la famiglia – moglie, figlio e figlia – al sito d’inchiesta oko.press, al quale si è rivolta per raccontare chi fosse Piotr S. e cosa avesse scritto nelle lettere lasciate a ognuno di loro. Tra le varie cose, ha tenuto a precisare proprio questo: che la decisione di auto-immolarsi, assunta da tempo, non era in alcun modo legata alla malattia. Così ha riferito il figlio a oko.press.
Piotr S. aveva studiato chimica e lavorato per un po’ nella ricerca, poi aveva collaborato con delle Ong e tentato un’avventura editoriale finita male. Ultimamente si era specializzato nella valutazione delle domande per accedere ai bandi europei. Amava pescare e fare apicoltura. Non era mai stato direttamente coinvolto nelle attività dei vari gruppi della società civile scesi in piazza contro il governo in questi due anni. “Mio padre è un uomo comune, un cittadino cosciente”, ha detto il figlio. Piotr S. si è spento lunedì pomeriggio, all’età di 54 anni.
La sua vicenda potrebbe ricordare quella di Ryszard Siwiec, che nel 1968 si auto-immolò, pure lui a Varsavia, pure lui in pubblico (nel vecchio stadio), per protestare contro l’invasione della Cecoslovacchia e la fine della Primavera di Praga. Anche la Polonia aveva mandato le sue truppe. Allora, come oggi, le autorità cercarono di depotenziare l’impatto politico di quel darsi fuoco in pubblico, spiegando che Siwiec era pazzo.
E questa, assieme a un’oppressione interna insopportabile, potrebbe essere l’unica analogia tra i due uomini. Per il resto, prevalgono le differenze. Di Siwiec non se ne seppe più nulla per anni, fintanto che un bravo documentarista, Maciej Drygas, setacciò gli archivi, riscoprì quell’episodio e lo portò sul grande schermo. Di Piotr S., volendo, se ne potrà discutere a lungo e da adesso: in Polonia c’è ancora libertà di stampa, per quanto è vero che il governo ha trasformato la radio-tv di Stato in un house organ.
Diverso anche il valore dei rispettivi “testamenti”. Siwiec, che lasciò un lungo discorso registrato, di circa quaranta minuti, esaminò la vera natura del comunismo, in Polonia e nel mondo, pronosticandone la caduta in anticipo su molti, e forse tutti: a quel tempo era comune l’idea che il comunismo fosse riformabile. Piotr S. ha sintetizzato il suo pensiero in due fogli, elencando le distorsioni di cui l’attuale governo si è reso protagonista.
Nulla di nuovo. Eppure una lezione c’è. L’ha sottolineata Slawomir Sierakowski, fondatore di Krytyka Polityczna, movimento politico-culturale e rivista online, ricordando che Piotr S., nella sua lettera, ha invitato a non demonizzare chi sostiene Kaczynski e il PiS. “I loro elettori sono le nostre madri, i nostri fratelli, i nostri vicini, i nostri amici e i nostri colleghi. Non vanno denigrati. Piuttosto va loro ricordato cosa sono le regole della democrazia”. Un invito a evitare una guerra d’odio tra polacchi, a cercare sempre di capire le ragioni dell’altro, cercando di cambiarle con la forza del pensiero. E forse è davvero questo il messaggio più importante che questo cittadino cosciente ha voluto inviare, con il più estremo e misterioso dei gesti che un uomo può compiere.
@mat_tacconi
Lunedì Piotr S. è morto, dopo dodici giorni di calvario. Prima di darsi fuoco sulla pubblica piazza, il 19 ottobre a Varsavia, Piotr aveva letto ad alta voce un articolato atto d’accusa contro la destra al governo. Esortando i polacchi a lottare per non perdere la libertà