Poco più di una settimana è passata dalle celebrazioni dell’Eid al Adha, una delle feste più importanti del calendario islamico. I musulmani di tutto il mondo si sono riuniti per celebrare secondo la tradizione, simile un po’ in tutti i Paesi, ma ognuna con il proprio tocco di originalità. In Libano, ad esempio, le vecchie tradizioni vengono sempre mantenute, ma “accompagnate” dalle nuove.

L’Eid-al-Zuha, più comunemente conosciuto come Eid-al-Adha, viene celebrato per onorare e commemorare la volontà di Abramo di sacrificare il proprio figlio, Ismaele, per volere di Dio; in quest’occasione vengono sgozzate pecore, capre, cammelli e vacche, che costituiscono la portata principale del pranzo dell’Eid.
Uomini, donne e bambini sono chiamati ad indossare i vestiti più belli ed eleganti, e coloro che possono permettersi di sacrificare un intero animale hanno il dovere morale di donare parte della carne ai vicini o ai meno fortunati.
Uno dei Paesi più interessanti in cui assistere alle celebrazioni dell’Eid è sicuramente il Libano, non solo per il mix di comunità religiose che spesso rendono l’Eid libanese un po’ atipico, ma soprattutto per lo spirito con cui i libanesi vivono questa giornata, per loro ancora più carica di significato.
Gli adulti celebrano in modo tradizionale ma vengono introdotti alle nuove forme di condivisione dei festeggiamenti dai più giovani.
E’ così che le foto dei piatti cucinati per l’Eid dalle donne della famiglia finiscono su Instangram dove amici o parenti espatriati possono commentare, mandare auguri e sentirsi partecipi nonostante la distanza, o un’intera famiglia libanese si riunisce attorno alla tavola da pranzo per un selfie, la nuova moda dell’autoscatto di gruppo, diventato onnipresente durante riunioni o pranzi di famiglia, uno dei valori fondamentali della società libanese.
“Certe volte si rischia di essere ossessionati dai selfie, e tutto si riduce al voler accumulare più foto possibili non tanto per ricordare il piacevole momento in futuro, ma giusto per condividere la propria felicità sui social e far morire d’invidia amici o parenti – spiega Noor, che ha festeggiato l’Eid con la sua famiglia a Beirut come la maggior parte dei libanesi – ma cerchiamo di non essere così superficiali durante l’Eid; è vero che qui in Libano la gente è ossessionata dal condividere la propria vita su Facebook e affini per farla apparire migliore e più interessante di quel che sia in realtà. Credo sia un fenomeno divenuto ormai comune in tutto il mondo, ma qui in Libano l’effetto è triplicato perchè vivendo in un Paese “incastrato” tra presagi di morte e Paesi in guerra (Israele/Palestina a Sud, Siria a Est, minaccia ISIS etc) l’unico modo per distrarci e scappare da questi pensieri è condividere in continuazione foto di vita quotidiana su Facebook e Twitter per convincere e convincerci che la nostra vita è normale come quella di qualsiasi altra famiglia in ogni angolo del mondo. E’ vero, spesso si tratta di una realtà un po’ camuffata, quasi falsa, spesso diamo a vedere di goderci la vita spensieratamente quando invece ci preoccupiamo per il nostro futuro o quello del nostro Paese, ma per l’Eid questo non vale: anche se ci troviamo in una deadlock situation durante una festa come l’Eid ce ne dimentichiamo davvero, almeno per qualche ora, e i sorrisi dei nostri parenti e amici, riuniti attorno al piatto di carne d’agnello, in quel preciso momento, sono davvero sinceri e rilassati, e vogliamo condividere questi rari momenti di benessere con il mondo di Internet. Il “nuovo” Eid quindi include non solo l’adattarsi alle nuove tecnologie ma aggrapparsi alle piccole gioie che ci rimangono e condividerle anche con sconosciuti sul web che possono accedere alle immagini pubbliche e constatare che, nonostante tutto, qui stiamo tutti bene e che possiamo ancora permetterci il lusso di concentrarci sulle frivolezze della vita, come il buon cibo, le chiassose riunioni di famiglia e l’ossessione per le foto di gruppo ”.
A Beirut non tutti hanno la possibilità di condividere questo giorno con le proprie famiglie, come dovrebbe essere diritto di tutti; dagli studenti fuori sede, giunti a Beirut dagli angoli più remoti del mondo arabo per accedere a quello che è considerato uno dei migliori sistemi educativi del Medio Oriente, soprattutto in ambito universitario, ai rifugiati palestinesi e siriani dei campi profughi, l’Eid non viene vissuto esattamente allo stesso modo da tutti gli abitanti di Beirut.
Ma come anticipato da Noor, tutti lo vivono con lo stesso spirito: gli studenti internazionali, da soli e senza le loro famiglie accanto durante una celebrazione tanto importante, si riuniscono insieme per arrangiare un pranzo, ognuno contribuendo come può. Lo stesso vale per i profughi palestinesi e siriani, lontani dalla propria patria non per scelta ma per necessità, divisi dalle proprie famiglie a causa di guerre e diaspore, ma nonostante un velo di tristezza sono comunque in grado di ricreare il calore dell’Eid riunendosi con altri rifugiati nelle stesse condizioni, facendosi coraggio a vicenda, pregando e condividendo il proprio cibo.
Durante l’Eid, Beirut si scrolla di dosso il pesante retaggio di città inquieta e lascia spazio alla serenità delle celebrazioni. Almeno per un giorno, poi l’indomani si ricomincia.
Poco più di una settimana è passata dalle celebrazioni dell’Eid al Adha, una delle feste più importanti del calendario islamico. I musulmani di tutto il mondo si sono riuniti per celebrare secondo la tradizione, simile un po’ in tutti i Paesi, ma ognuna con il proprio tocco di originalità. In Libano, ad esempio, le vecchie tradizioni vengono sempre mantenute, ma “accompagnate” dalle nuove.