Con la cerimonia del giuramento di lunedì, in India è iniziata ufficialmente la nuova era Modi. Ora che anche i nomi dei ministri non sono più un segreto, si può iniziare a fare alcune riflessioni e tentare un po’ di previsioni un tanto al chilo, che ci (vi) piacciono tanto.

Dopo aver evaso una serie di richieste principalmente del tenore di “che ne sarà ora dei marò col nuovo governo Modi”, oggi ho abbastanza elementi per provare a capire che tipo di esecutivo ha deciso di formare il nuovo primo ministro indiano.
Partiamo da un dato certo: Modi è furbo, molto furbo, un politico capace e non sprovveduto che sa mostrare una cosa per poterne fare un’altra, spesso quella opposta. E, soprattutto, con una maggioranza plebiscitaria in parlamento, sa che l’unico ostacolo ad un mandato liscio come l’olio può arrivare solo dall’interno del proprio partito. E quindi ha giocato d’astuzia.
I mnisteri più importanti sono andati a personaggi di cui Modi si fida e/o controlla.
Rajnath Singh, attuale presidente del Bjp, è ministro degli Interni: non un’ottima notizia, considerando che Singh – come Modi – arriva dalla palestra politica paramilitare delle Rss, un legame che non ha mai sciolto (e oggi, ad esempio, è girata la notizia che stesse intrattenendo colloqui coi vertici Rss per individuare una candidatura realistica per la nuova presidenza del Bjp. Ovvero, il primo partito in India decide il proprio presidente consultandosi con un gruppo extraparlamentare parafascista, e lo fa col responsabile delle forze di polizia nazionali. Che quadretto!). Singh è un sostenitore di Modi sin dalla candidatura a primo ministro e grazie alla sua intercessione è riuscito a sedare – almeno superficialmente – il malcontento del grande vecchio LK Advani, che Modi lo detesta.
Arun Jaitley, personaggio autorevole, un inglese fluente ed elegante, mostro da dibattito tv e stimato da tutto l’arco parlamentare indiano, si è aggiudicato le deleghe di Finanze e Difesa, due dicasteri tosti dove il governo Modi si giocherà molto. Jaitley con ogni probabilità sarà il volto friendly dell’esecutivo e cerniera tra la maggioranza e l’opposizione.
Sushma Swaraj agli Esteri è l’ennesimo colpo da maestro. Swaraj, ex capogruppo alla Lok Sabha per il Bjp, non ha alcuna esperienza di politica estera, molto più concentrata su politiche per la famiglia e di materia del “decoro” (leggi, capofila delle bigotte della destra indiana). Dare a lei gli Esteri significa da un lato dare il contentino alla frangia dei “dissidenti” del Bjp, il gruppo di LK Advani avverso alla candidatura di Modi, e nel contempo avocare a sé ogni decisione in materia di politica estera (come il resto delle “important policies”, che Modi ha già chiarito dovranno passare sotto il suo vaglio personale, senza slanci di protagonismo). La responsabilità formale di gestire il Ministero degli Esteri, sotto i riflettori della comunità internazionale, carica di una responsabilità enorme i dissidenti: non in materia di scelte, quanto obbligandoli a stare nei ranghi, ché sulla politica estera non si scherza.
Infine, due flash sulle nomine interconnesse al caso marò. Il ministro di Giustizia è Ravishankar Prasad e si tratta di una riconferma: copriva lo stesso ruolo anche nell’ultimo governo del Bjp, primo ministro AB Vajpayee, nel 2002. Dicono sia un altro uomo fidato di Modi, avvocato di lungo corso, uno che insomma, conosce l’ambiente e la materia. Difficile prevedere ora quai saranno le mosse rispetto al caso Enrica Lexie, un caso che andrà di certo per le lunghe e sarà una matassa da sbrogliare per tecnici e giuristi.
A questo proposito, da giorni la stampa indiana rilancia l’ipotesi che Mukul Rohatgi, attualmente a capo del pool di avvocati che difende i fucilieri Latorre e Girone in India, sia tra i favoriti per la nomina (in scadenza il 6 giugno) di procuratore generale della Repubblica indiana. Se si avverasse questa previsione, significherebbe che una delle poche persone che si presume conosca la verità della sparatoria del 15 febbraio 2012, sarebbe “costretto” a cambiare casacca in corsa ed occuparsi, in sede processuale, degli interessi della Repubblica indiana. Che sia un bene o un male, sinceramente, ancora non mi è chiaro.
Aggiornamento: Vishal Arora, via Twitter, mi segnala che pare Mukul Rohatgi sia già stato nominato procuratore generale.
Con la cerimonia del giuramento di lunedì, in India è iniziata ufficialmente la nuova era Modi. Ora che anche i nomi dei ministri non sono più un segreto, si può iniziare a fare alcune riflessioni e tentare un po’ di previsioni un tanto al chilo, che ci (vi) piacciono tanto.