La Corte suprema modifica una legge che tutela i cosiddetti intoccabili perché giudicata discriminatoria nei confronti degli indiani di casta alta. E i dalit tornano i piazza. È l’ultimo atto di una ribellione sempre più radicale contro un ordine sociale che ancora li considera cittadini di serie B
Delhi – Lunedì 2 aprile la comunità dalit indiana è scesa nuovamente in piazza per protestare contro una recente modifica del Scheduled Castes (Sc) and Scheduled Tribes (St) Prevention of Atrocities Act del 1989 recentemente disposta dalla Corte suprema.
Secondo una sentenza pronunciata lo scorso 20 marzo dalla massima corte indiana, la legge che tutela i tribali, gli appartenenti a caste basse e i dalit – i fuoricasta, noti anche come “intoccabili” – da abusi e discriminazioni verrà diluita, stralciando le disposizioni per l’arresto automatico subito dopo la denuncia e, nel caso di pubblici ufficiali indagati, richiedendo l’assenso a procedere dell’autorità pubblica presso cui lavora l’indagato.
Una modifica resa necessaria, sempre secondo i giudici della Corte suprema, dal sistematico uso improprio della legge che finirebbe per perseguitare gli indiani di casta alta. A sostegno di questa lettura, la Corte ha evidenziato come il tasso di colpevolezza nei casi aperti per atrocità contro dalit e tribali si aggiri, a livello nazionale, intorno al 25%, contro il 46% per il totale dei processi celebrati nel Paese.
Il Bharat Bandh – sciopero dell’India – indetto dai gruppi dalit ha portato per le strade migliaia di manifestanti principalmente negli stati dell’India centrale e settentrionale, sfociando in durissimi scontri con le forze di polizia locali. Tra blocchi degli snodi ferroviari e stradali, autobus e presidi della polizia dati alle fiamme, la risposta delle forze dell’ordine ha portato a centinaia di arresti e 9 morti, tutti tra i manifestanti, negli stati di Madhya Pradesh, Uttar Pradesh e Rajasthan, mentre disordini sono stati registrati anche in Jharkhand, Bihar, Punjab e Haryana.
La mobilitazione dei dalit ha subito raccolto il favore delle opposizioni, con l’Indian National Congress (Inc) di Rahul Gandhi rapido a denunciare il governo presieduto da Narendra Modi come “anti-dalit”. L’esecutivo guidato dal partito hindu conservatore del Bharatiya Janata Party (Bjp), a proteste in corso, ha indirizzato una petizione alla Corte suprema invitandola a riconsiderare la sentenza.
Al di là delle manovre politiche ingaggiate da Inc e Bjp per tentare di accaparrarsi il favore della comunità dalit in vista delle prossime elezioni nazionali del 2019 – si stima che i dalit rappresentino il 20% della popolazione indiana – il tema delle discriminazioni subìte dal più vessato segmento della piramide castale di tradizione hindu merita un riflessione che si spinga oltre le ragioni nominali di quest’ultima protesta.
Commentando il dato del basso tasso di colpevolezza evidenziato dalla Corte suprema, l’economista e accademico dalit Sukhadeo Thorat ha spiegato in un’intervista a Scroll.in: «Secondo un rapporto [dello Standing Committee on Social Justice and Empowerment] è stata rilevata una “colpevole negligenza da parte dei funzionari durante le indagini di casi di atrocità [contro i dalit]”, una negligenza che lascia diverse scappatoie nella formulazione dei documenti necessari all’apertura del caso». Lacune come la mancata compilazione del campo in cui deve essere indicata l’appartenenza castale della presunta vittima – lasciato bianco di proposito dai funzionari di polizia – permette ai giudici di procedere ad assoluzioni per vizi di forma, spiega Thorat, finendo per gonfiare le stesse statistiche portate dalla Corte suprema come prova della “persecuzione” contro le caste alte.
“Le proteste dei dalit” scrive T.K. Arun sull’Economic Times “non riguardano solo le specificità della legge. I dalit vengono uccisi per essersi fatti crescere i baffi, aver osato guardare uno spettacolo di danza folk di casta alta, per essersi comprati un cavallo, per qualsiasi ribellione a un ordine sociale che li priva di qualsiasi umanità. Una modifica che impedisce l’applicazione di una legge già macchinosa nella propria abilità di prevenire atrocità è vista come una rimozione di quella piccola protezione nominale di cui godono”.
Nonostante la costituzione indiana vieti le discriminazioni su base castale – e non il sistema delle caste tout court che, anzi, nella società indiana contemporanea continua a godere di ottima salute – e predisponga sistemi di quote dalit riservate nelle università e nelle amministrazioni pubbliche, decine di milioni di dalit continuano a subire vessazioni fisiche e psicologiche ereditate dalla tradizionale suddivisione in caste della società hindu, per cui i “fuoricasta”, impuri per definizione, non sono e non potranno mai essere considerati al pari dei non-dalit. Nelle zone rurali del Paese, dove il peso delle tradizioni è più forte e le angherie delle caste alte più insopportabili, i dalit vivono vite da cittadini di serie B cui viene negato l’accesso ai pozzi, la proprietà terriera e l’interazione con indiani di casta più alta, pena la giustizia del popolo: il linciaggio.
Negli ultimi anni la comunità dalit ha iniziato a reagire energicamente a discriminazioni e violenze su base castale, organizzando proteste oceaniche sempre più aderenti al pensiero radicale di B.R. Ambedkar, intellettuale, giurista e riformatore sociale dalit dell’inizio del secolo scorso.
Per Ambedkar, passato alla storia come il “padre della costituzione indiana”, il sistema delle caste in vigore nella società indiana pre-indipendenza era un’aberrazione irriformabile e, per garantire una parvenza di eguaglianza democratica ai cittadini della neonata repubblica, andava semplicemente abolito. Anzi, “annichilito”, parafrasando il titolo di un suo celebre discorso – mai pronunciato – contro il concetto stesso di casta, difeso dagli altri “padri della patria”, Mahatma Gandhi compreso.
Le cose non andarono come Ambedkar auspicava e oggi, a più di 70 anni dall’Indipendenza, il Paese continua ad essere scosso da un attivismo dalit sempre più consapevole e politicamente acuminato, in grado, se non altro, di tenere alta l’attenzione su uno dei grandi problemi irrisolti dell’India contemporanea.
@majunteo
La Corte suprema modifica una legge che tutela i cosiddetti intoccabili perché giudicata discriminatoria nei confronti degli indiani di casta alta. E i dalit tornano i piazza. È l’ultimo atto di una ribellione sempre più radicale contro un ordine sociale che ancora li considera cittadini di serie B