Ogni mese c’è un nuovo problema da affrontare. Ogni dossier lascia aperte crepe. La sensazione è che non si finirà mai di rimediare a una decisione scellerata…
A meno di un mese dalle dimissioni del Ministro britannico David Frost, capo negoziatore della Brexit, ripartono questa settimana i colloqui tra Regno Unito e Unione europea sul protocollo dell’Irlanda del Nord.
Approvato nel 2020 come parte del Withdrawal Agreement, il protocollo è stato creato per evitare la nascita di un confine fisico tra la Repubblica di Irlanda e l’Irlanda del Nord. L’accordo prevede che Belfast, pur non facendo più parte dell’Ue, rimanga nell’unione doganale e nel mercato unico europei e che i controlli doganali avvengano al confine fra l’Irlanda del Nord e la Gran Bretagna. Un accordo che Boris Johnson ha voluto stringere frettolosamente pur di assicurarsi la chiusura dell’annosa vicenda Brexit (e quindi la vittoria elettorale), consapevole che i nodi sarebbero prima o poi venuti al pettine. Eventualità che si è puntualmente verificata, con trattative difficilissime e delle quali non è possibile prevedere una conclusione.
Frost, che si è dimesso dal gabinetto di Johnson perché scontento della direzione del Governo britannico, è stato considerato da molti un ostacolo a qualsiasi risoluzione pacifica della vicenda. Un parlamentare conservatore lo ha descritto come capace di iniziare “una lite in una stanza vuota”.
Frost, che più volte ha invocato la necessità di riscrivere integralmente il protocollo, nei precedenti negoziati ha ottenuto diverse concessioni, come ad esempio la riduzione delle procedure doganali e il taglio dei controlli fitosanitari sulle merci che dal Regno Unito arrivano nell’ Irlanda del Nord. La Commissione europea ha sperato così di ottenere la rinuncia da parte del Governo Johnson all’estromissione della Corte di giustizia dell’Ue, che in base al protocollo rimane l’unico arbitro in caso di controversie commerciali.
Prima di Natale, il vicepresidente della Commissione Maros Sefcovic e Frost avevano annunciato una tregua dei negoziati. Adesso la palla passa alla nuova responsabile delle trattative, la Ministra degli Esteri britannica Liz Truss.
Cos’è l’articolo 16
Parlando con il Sunday Telegraph, Liz Truss ha affermato che è una sua “priorità assoluta” risolvere le “conseguenze non intenzionali” create dal protocollo, ma che non esiterà a invocare l’articolo 16 se i negoziati non dovessero procedere nella direzione auspicata.
L’articolo 16 è un meccanismo che consente a ciascuna delle parti di adottare unilateralmente misure di salvaguardia nel caso in cui si verifichino “gravi difficoltà economiche, sociali o ambientali”. Una minaccia con la quale Frost ha portato avanti l’intera fase negoziale. Un tono combattivo che ha deluso coloro che avevano sperato in un cambio di rotta, dal momento che Liz Truss era tra quei conservatori favorevoli al Remain.
“Cerchi di ottenere qualcosa insieme e – bam! – c’è di nuovo la minaccia dell’articolo 16”, ha commentato il negoziatore Ue Maros Sefcovic. “Il Protocollo dell’Irlanda del Nord è stata la parte più complicata dei negoziati sulla Brexit ed è la base dell’intero accordo. Senza il protocollo, l’intero sistema crollerà. Dobbiamo prevenirlo ad ogni costo. L’Ue e il Regno Unito sono partner strategici e dovrebbero trattarsi reciprocamente come tali”.
Londra è in un cul-de-sac su tutti i fronti del post Brexit e, a turno, si aprono crepe… È una storia che non finirà bene per il Regno…
Giuseppe Scognamiglio