Più di una settimana senza apparire in pubblico, due incontri ufficiali annullati, delle foto che bluffano sulla data dell’ultimo meeting. Ce n’è abbastanza per far scatenare le ipotesi più varie su dove sia Putin. Ma tutta la storia, al di là di ciò che accade, è il sintomo di un potere che non sembra molto cambiato dai tempi di Andropov.
Quando nell’agosto del 1983 il capo del Pcus Juri Andropov non si presentò alla parata del Primo maggio, il suo portavoce comunicò che aveva “un raffreddore”. Andropov non si vide più in pubblico, fino al febbraio del 1984, quando il suo corpo sfilò in una bara scoperta sulla piazza Rossa.
E oggi, come sta Putin? In una qualunque democrazia, anche menomata e imperfetta, sapremmo già dov’è in capo dello Stato. Se fosse malato, se fosse morto, deposto o se solo si fosse preso una vacanza dal lavoro, sarebbe impossibile – e impensabile – nasconderlo ai media e all’opinione pubblica per più di una settimana. Ma non succede così nei regimi autoritari e nelle dittature. Dove il potere è avvolto da una coltre impenetrabile di (pseudo)informazione ufficiale e la trasparenza è un concetto applicato solo alle finestre, i cittadini sono gli ultimi a sapere.
Strano a dirsi, ma è quello che sta succedendo in questi giorni in Russia. Vladimir Putin è stato visto l’ultima volta in pubblico in compagnia di Matteo Renzi, dopodiché è sparito. Nel vero senso della parola.
Le prove dell’esistenza di Putin
La presidenza ha annullato con ragioni pretestuose un paio di incontri importanti, tra cui un viaggio in Kazakistan per vedere i membri dell’Unione economica eurasiatica, un progetto a cui Putin tiene molto, e la firma di una trattato con l’Ossezia del Sud. Mentre sul sito ufficiale sono state diffuse nei giorni scorsi delle foto che non hanno fatto altro che far aumentare i sospetti. In particolare quelle di un supposto incontro con il governatore della Carelia che si sarebbe tenuto l’11 marzo ma la cui notizia era già stata data dai media locali il 5 marzo, prima cioè della “scomparsa”.
Il portavoce del presidente, Dmitry Peskov, ha detto che non c’è niente che non va e che Putin sta alla grande. Intanto le tivù nazionali hanno poco fa diffuso le immagini di un incontro con il capo della Corte suprema che si sarebbe svolto oggi (13 marzo); ma né le immagini né il contenuto dell’incontro consentono di datarlo con certezza. E il precedente della Carelia non aiuta certo a fidarsi.
Infine, l’ufficio di presidenza ha diffuso un comunicato secondo cui Putin incontrerà pubblicamente il presidente del Kirghizistan a San Pietroburgo il 16 marzo.
Come Andropov
Le ipotesi sul perché dell’assenza del presidente sono le più varie. Chi dice che è malato (viene citata anche una fonte vicina al presidente Kazako), chi addirittura che è morto. Ma c’è anche chi – tra autorevoli cremlinologi – non esclude che l’omicidio di Boris Nemtsov abbia aperto una crepa nel potere di Putin dando il via alla lotta per la sua successione.
Putin è un presenzialista, e un’assenza così lunga dalla vita pubblica non si era mai registrata, nemmeno nei due unici precedenti in occasione della tragedia del Kursk e degli ostaggi al teatro Dubrovka.
Molto probabilmente vedremo Putin vivo e vegeto tra qualche giorno e tutte le dicerie evaporeranno in un istante. Ma un dato resta, e la domanda “dov’è Putin?” cambierà in “dov’è stato Putin?”. Il torbido sistema di potere del Cremlino resti impenetrabile allo sguardo dell’opinione pubblica e l’assenza (voluta o necessitata) del leader è solo un affare interno da nascondere e dissimulare con mezzi che ricordano l’Urss di Andropov. Come nelle dittature.
@daniloeliatweet