All’epoca di una delle sue ultime visite in Ucraina nel 2013, per firmare alcuni accordi legati alla commissione interstatale Russia-Ucraina, Vladimir Putin liquidò nel giro di un paio d’ore l’allora presidente Viktor Janukovich e corse in Crimea a trascorrere la serata con il padre di una sua figlioccia.

Viktor Medvedchuk accolse il padrino di sua figlia nella lussuosa villa in spiaggia. Non sorprende che oggi Putin lo abbia scelto come inviato di pace della Russia per trattare con Kiev sulla questione separatista.
Medvedchuk è da sempre uno degli uomini più potenti dell’Ucraina e il fatto che Putin sia il padrino di battesimo di sua figlia non è il solo legame con il Cremlino. È stato membro e presidente del parlamento, e capo dell’amministrazione presidenziale all’epoca di Leonid Kuchma, secondo presidente dell’Ucraina e uomo di Mosca. Ma forse il suo vero potere ha cominciato a esercitarlo quando si è ritirato dalla vita pubblica, manovrando per l’ascesa di Janukovich e fondando l’organizzazione filorussa “Scelta ucraina”, vero cavallo di Troia di Mosca a Kiev. Durante Euromaidan, Medvedchuk è uscito dall’ombra per prendere forti posizioni contro le manifestazioni e a favore dell’ingresso nell’Unione doganale con la Russia. Il gruppo Automaidan – famoso per i suoi cortei di auto strombazzanti – prese di mira una delle sue residenze a Kiev, ritenendolo il mandante delle repressioni di piazza di dicembre e gennaio. “Se volete la guerra, avrete la guerra”, pare abbia detto Medvedchuk. L’organizzatore di Automaidan, Dmytro Bulatov, fu poi rapito e torturato per otto giorni da uomini dall’accento russo, come egli stesso riuscì a raccontare dopo essere fuggito in Lituania. Medvedchuk è poi finito sulla lista delle sanzioni Usa, ma non su quella europea.
Il Padrino
La scelta di Medvedchuk – fatta in realtà insieme ad Angela Merkel – non è di per sé una sorpresa e la dice lunga sulle intenzioni russe (e non solo) riguardo la questione separatista in Ucraina. L’oligarca che più si è opposto alla firma dell’Accordo di associazione con l’Ue, che ha avversato sin dalla prima ora Euromaidan, che vorrebbe l’Ucraina nell’Unione eurasiatica e che è persino sulla lista nera Usa, è ora chiamato a mediare tra Kiev e i leader separatisti. Sicuramente non la più conciliante delle personalità. Ma perfettamente in linea con l’azione russa in atto in Donbass nelle ultime settimane.
Il pericolo di un’invasione russa dell’Ucraina sembra al momento fugato, con la richiesta di Putin alla camera alta del parlamento di revocare l’autorizzazione all’uso dell’esercito e il (parziale) ritiro delle truppe dal confine. Ma l’azione russa per il controllo del Donbass è in pieno corso. Non si tratta più soltanto dell’appoggio logistico e della fornitura di armi ai separatisti – quella definita dagli esperti militari “guerra ibrida” – né della infowar per il condizionamento della popolazione russofona. Mosca sta mettendo i suoi uomini al comando delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk.
La guerra telecomandata
Il 29 maggio i miliziani (filo)russi e ceceni del Batalion Vostok hanno circondato il palazzo del governo regionale di Donetsk decapitando le autorità autoproclamate che lo occupavano. Ai vertici delle repubbliche separatiste hanno cominciato a comparire nuovi personaggi che hanno via via sostituito i ribelli della prima ora: il “primo ministro” Aleksander Borodai, il “ministro della difesa” Igor Girkin – conosciuto come Strelkov (secondo molti un ex agente del servizio segreto militare russo) –, e il cosacco Aleksander Mozhaev sono tutti cittadini russi. A metà giugno, infine, Strelkov ha arrestato l’autoproclamato sindaco del popolo di Slovjansk, Vjacheslav Ponomarev, uno dei capipopolo più di spicco nel Donbass. Ora, la nomina del fedelissimo Medvedchuk.
Mosca stava perdendo il controllo della ribellione e non poteva permetterselo. I separatisti della prima generazione cominciavano a operare come cani sciolti: hanno cominciato con l’ignorare la richiesta di Putin di rinviare il referendum autonomista, pretendevano sempre più a gran voce l’intervento militare russo e, soprattutto, stavano perdendo di vista l’obiettivo militare e dimostrandosi dei dilettanti della guerriglia. Con loro al comando, l’operazione di riconquista del territorio da parte di Kiev avrebbe avuto un rapido epilogo.
Ora che il Cremlino ha messo tutti gli uomini giusti ai posti giusti sembra avere quello che gli serve per continuare la sua guerra telecomandata. Senza correre il rischio di invischiarsi in un conflitto aperto e continuando a esercitare una pressione costante su Kiev e sui suoi alleati occidentali. Intanto Medvedchuk ha cominciato a marcare stretto Poroshenko. “La fine del cessate il fuoco nel Donbass è un errore strategico per l’Ucraina”, ha scritto sulla sua pagina Facebook.
All’epoca di una delle sue ultime visite in Ucraina nel 2013, per firmare alcuni accordi legati alla commissione interstatale Russia-Ucraina, Vladimir Putin liquidò nel giro di un paio d’ore l’allora presidente Viktor Janukovich e corse in Crimea a trascorrere la serata con il padre di una sua figlioccia.