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Putin sta perdendo la sfida della modernizzazione


Un proverbio russo recita: “la Russia non ha un cammino, ma solo direzioni”. Quello della modernizzazione economica, la modernizastya, è stato per la Russia un obiettivo inseguito – e sempre mancato - fin dai tempi di Pietro il Grande. Si è però trattato di un percorso incoerente nel quale le direzioni intraprese sono state molte senza che nessuna portasse agli esiti sperati: dal liberismo del Conte de Witte al riformismo di Stolypin, dal comunismo di Stalin alla perestrojka di Gorbacev, l’economia russa ha risentito dei molti stravolgimenti storici che hanno segnato la vita del paese.

Un proverbio russo recita: “la Russia non ha un cammino, ma solo direzioni”. Quello della modernizzazione economica, la modernizastya, è stato per la Russia un obiettivo inseguito – e sempre mancato – fin dai tempi di Pietro il Grande. Si è però trattato di un percorso incoerente nel quale le direzioni intraprese sono state molte senza che nessuna portasse agli esiti sperati: dal liberismo del Conte de Witte al riformismo di Stolypin, dal comunismo di Stalin alla perestrojka di Gorbacev, l’economia russa ha risentito dei molti stravolgimenti storici che hanno segnato la vita del paese.

Con l’arrivo di Vladimir Putin, nel 1999, si è avviato un nuovo promettente ciclo economico che la crisi del 2009 e la guerra in Ucraina, con le relative sanzioni e la crisi del rublo, stanno minando in profondità.
Durante i primi due mandati presidenziali di Putin (2000-2008) la Russia ha trovato nella politica estera una chiave per favorire la stabilità interna e la crescita economica, stringendo relazioni importanti con la Cina e l’Europa. Con quest’ultima ha siglato, nel maggio 2010, una “partnership per la modernizzazione” che tradotta in soldoni valeva 87 miliardi di euro di esportazioni dall’Europa (6,5% del totale) e 155 miliardi di importazioni (10,4% del totale) nel 2012. 

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