Probabilmente circa 650, finora. Ecco come lo sappiamo.
La Central Intelligence Agency degli Stati Uniti usa droni armati detti “Predator” per dare la caccia a presunti terroristi ed eliminarli. Quanti sono i Predator? E quante persone hanno ucciso?
La risposta alla prima domanda è: circa 80. Affronteremo la seconda tra breve. Ecco come lo sappiamo.
A una fiera commerciale dell’industria bellica USA tenuta a Washington D.C. il 14 ottobre, General Atomics – l’azienda californiana che fabbrica i Predator – ha detto di avere finora prodotto “circa 700 velivoli”, e ha fieramente fatto notare che, al 2 ottobre, i droni avevano volato per 3 milioni di ore e compiuto “circa 220.000 missioni tra cui quasi il 90% in combattimento”.
Dal 2001, l’aviazione Usa e la Cia hanno usato questi velivoli teleguidati principalmente nelle offensive condotte in Afghanistan e nelle aree tribali del Pakistan, ma anche in altre zone. Tutto ciò che riguarda l’impiego offensivo dei Predator è informazione riservata, e i funzionari dell’esercito americano enfatizzano l’aspetto dell’intelligence e l’efficacia ricognitiva di questi “Aeromobili a pilotaggio remoto” (APR), ma evitano di dibatterne pubblicamente l’uso come piattaforme armate. Le applicazioni pacifiche di questi droni includono il controllo delle frontiere e gli studi scientifici, oltre al monitoraggio di calamità naturali su grande scala, come incendi e alluvioni.
La famiglia Predator comprende il modello base MQ-1, il più grande MQ-9 Reaper e il modello speciale per l’esercito, MQ-1C Gray Eagle. Tutti e tre possono montare videocamere, sensori e munizioni, tra cui bombe e missili ariaterra Hellfire. Gli operatori controllano i robot a propulsione via link satellitare, in missioni che possono durare anche oltre le 12 ore.
L’aviazione Usa ammette di aver acquisito 268 MQ-1 e 200 MQ-9. L’Esercito americano ha 110 MQ-C1. Utilizzano i Predator le Forze armate di Italia, Gran Bretagna, Francia, Turchia, Marocco ed Emirati Arabi, oltre alle pattuglie Usa preposte al controllo di dogane e confini, che ne posseggono tra i 40 e i 50.
Così, però, non si arriva a più di 629 droni. La Cia non fornisce dati sulla sua flotta ma, nel 2013, il giornalista investigativo Aram Roston parlò con un anonimo ufficiale “informato del programma” il quale disse che l’Agenzia ne gestiva “più di 80”.
Così i conti tornano: sommando gli 80 droni Cia ai 629 degli altri si ha un totale di 709 o, come dichiara General Atomic, “circa 700 velivoli”.
Dal 2001, i Predator di aviazione, esercito e Cia avrebbero ucciso in totale circa 4.700 persone – tra cui almeno un migliaio di civili innocenti – in attacchi compiuti in Iraq, Yemen, Somalia, Pakistan, Afghanistan, Siria e, potenzialmente, in altre zone di guerra come il Mali e le Filippine: dove nel marzo 2002, sotto la copertura di un’esercitazione, Washington ha inviato dei droni Gnat, fratelli anziani, più piccoli e lenti, dei Predator. A ogni buon conto – e a parte gli Gnat – questo significa circa 7 morti per ciascun Predator, della Cia o delle forze armate Usa.
Ora, tra le migliaia di attacchi con droni sferrati dagli Stati Uniti non sappiamo quanti abbiano impegnato aeromobili della Cia, ma poniamo che siano proporzionali alla flotta in suo possesso: il 15% dei Predator americani. In tal caso, le vittime sulla coscienza della Central Intelligence Agency potrebbero arrivare a un totale di 650 persone – finora.
Probabilmente circa 650, finora. Ecco come lo sappiamo.