Levategli tutto ma non le cipolle. Questo l’ultimo taglio offerto dalla stampa internazionale per parlare della crisi economica indiana, dove orde di massaie in sari assaltano camion di cipolle salite ormai a prezzi proibitivi per “l’uomo comune”. Sintomo di un’India al collasso, ci dicono. E dicono delle scemenze.

Non che effettivamente le cipolle non si vendano oggi a quasi sei volte il prezzo in una manciata di mesi fa (10 rupie al chilo a giugno, ora siamo sulle 60/70) o che l’economia indiana stia vivendo una fase critica (con la valuta nazionale in caduta libera da mesi), ma se il lavoro del giornalismo deve essere raccogliere i segni lanciati dalla realtà ed interpretarli in un quadro più ampio, il paradigma restituito negli ultimi giorni è il seguente:
– In India mancano investimenti stranieri e l’economia è al collasso
– Non è un problema solo indiano, ma di tutti i Brics, la crisi economica si sta mangiando tutto e tutti
– La rupia si sta svalutando e il potere d’acquisto interno è corroso
– Gli indiani non ce la fanno più e ora che anche le cipolle, alimento base della cucina locale, sono salite alle stelle, iniziano le proteste di piazza
L’occasione di raccontare una potenza economica in crisi con l’immagine evocativa di donne in sari in fila per acquistare chili di cipolle a prezzi calmierati è troppo ghiotta, così si è innestato di nuovo l’automatismo della cronaca economica esotica, spiegare la crisi dei paesi in via di sviluppo partendo dall’ortofrutticolo.
Ma la situazione indiana, oltre a non essere in alcun modo equiparabile al resto dei Brics (e la stessa cosa vale per ognuno dei Paesi legati a questa sigla farlocca inventata da un analista di Goldman Sachs per individuare una comunione di intenti internazionale quasi inesistente), è meno “strano ma vero” del solito.
Le cipolle – come molti altri prodotti agricoli – non si sono alzate a causa di una siccità che ha messo in ginocchio il Paese, ma grazie ad un accordo interno al cartello della distribuzione ortofrutticola in India. La spina dorsale che sostiene uno dei più fragili mercati interni al mondo (con una catena del freddo inesistente, infrastrutture da medioevo e più del 30 per cento dei prodotti della terra destinato a marcire quotidianamente prima di raggiungere i mercati) è formata da una schiera di middlemen, anello di congiunzione tra il contadino ed il rivenditore.
Il lavoro dei middlemen consiste nel mediare la compravendita di verdura e, soprattutto, decidere la quantità di offerta sul mercato, agendo direttamente sui prezzi. Come spiega meravigliosamente Devinder Sharma su Tehelka, la produzione di cipolle di quest’anno ha sofferto un misero calo del 4 per cento. Com’è possibile quindi un aumento dei prezzi così vertiginoso? Come ne abbiamo avuto notizia in occidente?
Riavvolgiamo il nastro e torniamo al 2012, quando il governo guidato dal Congress avanzò la proposta di aprire il mercato interno della rivendita (i supermercati) a multinazionali straniere come Tesco e Wal-Mart. La reazione delle opposizioni – guidate dal Bjp – fu durissima, organizzando uno sciopero nazionale che paralizzò il Paese per un paio di giorni.
Il nocciolo della protesta, ufficialmente, era contrastare la “svendita” dell’India allo straniero – seppur l’entrata dei colossi internazionali, passata alla fine in parlamento, fosse decisamente all’acqua di rose – ma in realtà andava a proteggere quella schiera di middlemen che con l’entrata di competitor internazionali e la creazione di infrastrutture più moderne andrebbe a perdere la propria posizione di monopolio e controllo del mercato. Un potere destabilizzante utile alla politica per acceddere o spegnere la miccia del dissenso.
Non stupisce quindi che le ultime notizie – quelle arrivate sui media anglofoni e, per la proprietà dei vasi comunicanti, anche in Italia – ci informino di una serie di iniziative promosse dal Bjp, con camion carichi di cipolle a girare per l’India offrendo il prodotto a prezzi “popolari”.
Un’operazione di immagine studiata a tavolino, con attivsti del Bjp a consegnare sacchi di cipolle sulle strade e politici del Bjp a sbraitare che il Congress sta mettendo l’India in ginocchio, guardate le nostre donne costrette a comprare le cipolle dai nostri camion, “e il governo cosa fa?”
L’esotica storiella delle cipolle – in passato successe con le patate, ad esempio – ha messo nel sacco ancora una volta la nostra informazione occidentale, chiusa nella gabbia ideologica del miracolo indiano, dei Brics che “spiegato uno, spiegati tutti”. Mancavano solo gli elefanti.
Levategli tutto ma non le cipolle. Questo l’ultimo taglio offerto dalla stampa internazionale per parlare della crisi economica indiana, dove orde di massaie in sari assaltano camion di cipolle salite ormai a prezzi proibitivi per “l’uomo comune”. Sintomo di un’India al collasso, ci dicono. E dicono delle scemenze.