Il nuovissimo Museo di arte contemporanea di Lima – più conosciuto semplicemente come MAC, inaugurato nel 2013 e da subito molto amato per le immense stanze che vivono di luce – nel 2016 ha aperto le sue porte ad una mostra suggestiva intitolata Latidos, in italiano Battiti. Ed è proprio tra un battito ed una vibrazione che l’artista invitato ad esporre, il napoletano Gregorio Botta, ha trovato respiro ed una sua collocazione temporanea all’interno dell’importante collezione di artisti contemporanei sudamericani selezionati dal direttore del Museo, Álvaro Roca Rey.
Un lungo viaggio quello di Botta, fisicamente cominciato a Napoli nel 1953 e proseguito qualche anno dopo nella capitale, dove ha seguito i corsi di pittura all’Accademia di Belle Arti, e dove oggi vive e lavora. Spiritualmente, un percorso intrapreso attraverso sperimentazioni che lo hanno portato ad esporre i primi lavori all’inizio degli anni Novanta, cominciando dagli studi sull’encausto fino all’incontro con il suo materiale totemico, la cera. L’amore per la materia e per la cera in particolare ha portato con sé una ricerca amplificata ma sempre rivolta all’essenza di ciò che ci circonda, sempre tradotta in una purezza estetica di forma e di intenti, attenta soprattutto alla natura e all’esistenza legata ai quattro elementi.
Una scelta concettuale apparentemente semplice, in realtà densa di significati. Infatti, l’opera di Gregorio è in continuo divenire poiché l’artista, proseguendo il proprio viaggio creativo, ha sviluppato nel tempo una sorta di codice che lega ogni sua riflessione ed ogni suo lavoro a quello successivo, ed al contempo cerca di invitare chi lo guarda a fermarsi, ad essere presente in quel momento. Un tratto affascinante del fare artistico di Botta, così come lo sono i materiali che predilige e lavora, non solo cera ma anche piombo, vetro, ferro, acqua e via dicendo, elementi volutamente semplici che a loro volta cercano di veicolare un pensiero, con la medesima purezza, con leggerezza e trasparenza. “Molto del mio lavoro si basa sull’idea di vuoto, di aria, di respiro, come se i miei lavori raccogliessero una traccia di ciò che è stato. Rifuggo i materiali moderni, mi piacciono i materiali che hanno accompagnato la storia dell’uomo“.
In questa occasione, l’artista ha scelto di mettere in scena un cumulo di terra, elemento vitale per eccellenza, e di unirlo al risuonare ritmico del battito di un cuore, che riempie ogni angolo delle sale del MAC.
Di lui è stato detto “Botta produce opere vive che vibrano nella loro essenzialità. Hanno l’urgenza di testimoniare, di essere pure e minime ma feconde e ricche di memorie : un’indagine sulla natura sfuggente dell’essere“. Ecco quindi che quest’installazione rappresenta un’ulteriore studio, tangibile, della materia nello spazio, un’analisi estetica del rapporto tra la vita e i differenti materiali di cui si compone, vivi e misteriosi, tradotti in opere d’arte.
“Io dico sempre che l’artista è un minatore cieco, che scende in miniera e non sa cosa trova. Ed è giusto che sia così, se no è già tutto finito. Deve ascoltare, poi la forma arriva.”
Latidos
Museo de Arte Contemporáneo (MAC), Lima, Perù
27 gennaio – 16 aprile 2016
Il nuovissimo Museo di arte contemporanea di Lima – più conosciuto semplicemente come MAC, inaugurato nel 2013 e da subito molto amato per le immense stanze che vivono di luce – nel 2016 ha aperto le sue porte ad una mostra suggestiva intitolata Latidos, in italiano Battiti. Ed è proprio tra un battito ed una vibrazione che l’artista invitato ad esporre, il napoletano Gregorio Botta, ha trovato respiro ed una sua collocazione temporanea all’interno dell’importante collezione di artisti contemporanei sudamericani selezionati dal direttore del Museo, Álvaro Roca Rey.