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La silenziosa radicalizzazione che allontana i Balcani dall’Europa


Il flusso dei “foreign fighters” si è fermato. Ma nei Balcani occidentali segnati da Stati deboli e identità forti, gli incubatori di idee radicali si moltiplicano. Grazie anche a sponsor stranieri che vogliono contrastare l’egemonia della Ue. Scossa dal flop del referendum macedone

Festeggiamenti dopo il flop del referendum che avrebbe potuto aprire alla Macedonia le porte dell'Unione Europea. Skopje, Macedonia. 30 settembre 2018. REUTERS/Marko Djurica

Il flusso dei “foreign fighters” si è fermato. Ma nei Balcani occidentali segnati da Stati deboli e identità forti, gli incubatori di idee radicali si moltiplicano. Grazie anche a sponsor stranieri che vogliono contrastare l’egemonia della Ue. Scossa dal flop del referendum macedone

Bruxelles – In Albania, Bujar Hysa è stato condannato a 18 anni di carcere per incitamento al terrorismo e reclutamento di combattenti per la Siria, mentre i suoi otto compagni dovranno scontare in tutto una pena di 108 anni di prigione. In Macedonia, 16 uomini sono stati accusati di crimini legati al foreign-fighting e poi condannati con sentenze dai 2 ai 7 anni. Il predicatore musulmano Mirsad Omerovic è stato condannato da una corte austriaca a 20 anni di prigione per attività di reclutamento. In Bosnia, sono 13 i radicalizzati ogni 100mila musulmani, in Kosovo 18.

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