
Xi ha espresso l’auspicio di poter lavorare con Trump per «rafforzare» le relazioni tra Cina e Stati Uniti in modo da poter meglio beneficiare l’intero mondo. Messaggio di rito che in realtà nasconde parecchie perplessità. Non a tutti in Cina piace il tycoon.
Nel messaggio, ha scritto la Xinhua, Xi ha ricordato che Pechino è la prima economia dei Paesi in via di sviluppo e Washington è la potenza più sviluppata: entrambi, come prime due economie del pianeta, sorreggono la necessaria responsabilità di mantenere pace e stabilità mondiale, «di rilanciare sviluppo e prosperità globale, e di condividere ampi interessi».
«Considero di gran valore le relazioni tra Cina e Stati Uniti e non vedo l’ora di lavorare insieme con te per ampliare la cooperazione bilaterale in ogni settore, a livelli bilaterale, regionale e globale sulla base dei principi di ‘non conflittò, ‘non confronto, di mutuo rispetto e di cooperazione vantaggiosa per entrambi, con le differenze gestite in maniera costruttiva, in modo da spingere le relazioni Cina-Usa ancora più avanti da un nuovo punto di partenza, a miglior beneficio delle genti dei nostri due Paesi e di altri», ha scritto Xi.
Allo stesso tempo, il vice presidente Li Yuanchao ha inviato un messaggio di congratulazioni al suo neo collega Mike Pence. Nel pomeriggio, a vittoria ufficiosa, il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang, ha detto nella conferenza stampa del pomeriggio, di aspettarsi «che la nuova amministrazione lavori con la Cina per il positivo sviluppo delle relazioni e dei benefici per i due Paesi e per il mondo intero».
Questa è la formalità, perché poi dal punto di vista pratico a Pechino permangono parecchi dubbi. In particolare due: che comportamento avrà Trump sul commercio Cina-Usa e che pensa di fare Trump nella complicata situazione del Mar Cinese?
I primi commenti ritenevano che la vittoria di Trump aprisse a possibilità di espansione da parte della Cina in Asia. Un grave errore tattico: Trump non ha alcuna intenzione di abbandonare quell’area nella quale transitano cinque mila miliardi di dollari per gli Stati uniti.
Anzi, i consiglieri di Trump hanno messo in guardia il miliardario sulla necessità strategica di presidiare le rotte marittime tanto care anche ai cinesi e di non rinunciare a difendere gli interessi americani per machiavellici calcoli di politica internazionale.
Insomma, un approccio non proprio morbido. Naturalmente, al momento, è ancora presto per capire quale sarà la postura di Pechino di fronte alla nuova presidenza. Di sicuro con Hillary il sentiero sarebbe stato più chiaro e conosciuto: la candidata democratica non ha mai nascosto le sue critiche nei confronti di Pechino e si è sempre dichiarata assolutamente favorevole alla strategia di Obama sul Pivot to Asia, ovvero il contenimento della potenza cinese, attraverso accordi commerciali e un’ingnente presenza militare nell’area.
Da capire – inoltre – come gli stati asiatici reagiranno nel loro insieme all’elezione di Trump. Seul, ad esempio, ieri ha già chiesto “cooperazione” per affrontare le minacce nucleare della Corea del Nord.
@simopieranni