Papa Bergoglio è sempre più determinato a promuovere l’armonia interecclesiale attraverso il dialogo con Mosca senza trascurare gli interlocutori del Medio Oriente.
Il pontificato di un papa non allineato: potrebbe essere questa, in estrema sintesi, la definizione che si adatta meglio alla visione politica ed ecclesiale di Bergoglio. Una raffigurazione tratta in parte dal secolo scorso, quando i Paesi non allineati provavano ad aprirsi uno spazio fra i due grandi blocchi dell’est e dell’ovest, e che oggi però s’incrocia con il tema di una globalizzazione divenuta ‘adulta’, a oltre 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino, in cui le vecchie superpotenze hanno in parte mutato pelle e orizzonti, e nuovi soggetti emergono nei vari continenti. Così la scelta compiuta dai cardinali elettori nel conclave del marzo 2013 di eleggere un papa non europeo, o ancora meglio un capo della Chiesa proveniente dall’emisfero sud del Pianeta, assume col passare del tempo contorni sempre più nitidi e comincia a definire un nuovo status del cattolicesimo.
Sul piano politico-diplomatico (non senza conseguenze sul magistero e sulla stessa prospettiva di evangelizzazione promossa dalla Chiesa) tale attitudine si definisce come progressiva separazione della Chiesa dal tradizionale asse atlantico all’interno del quale era collocata la Santa Sede, opzione che ebbe il suo culmine nell’impegno di Giovanni Paolo II per far cadere la cortina di ferro. Tuttavia fu ancora Wojtyla, in occasione della guerra in Iraq nel 2003, a mettere in discussione la partecipazione ‘naturale’ della Chiesa ai destini dell’occidente opponendosi nettamente al conflitto e cominciando a ricollocarla con lungimiranza in uno scenario più complesso (in quel momento Francia, Russia, Onu, Lega araba videro nella Santa Sede un riferimento in grado di coagulare forze e nazioni molto diverse fra loro).
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Papa Bergoglio è sempre più determinato a promuovere l’armonia interecclesiale attraverso il dialogo con Mosca senza trascurare gli interlocutori del Medio Oriente.