L’escalation di violenza che si registra negli ultimi mesi in Etiopia è senza precedenti recenti ma si consuma nel sostanziale silenzio della stampa occidentale. Continue insurrezioni e moti di protesta sono stati fin qui soffocati dalla repressione militare che ha causato decine di morti e feriti.
L’ultimo scontro è avvenuto nella regione di Oromo dove trenta persone nel corso dell’ultimo fine settimana sono state uccise a seguito dell’intervento delle forze governative. A quanto si apprende dalle poche notizie che filtrano dal Paese, nelle ultime ore tre persone sono state uccise a Nekemte e poi altre sette ad Ambo una cittadina che sorge a 74 miglia dalla capitale Addis Abeba. Adisu Gadisa, portavoce della municipalità di Ambo, ha raccontato che dopo l’intervento armato dei militari i morti e i feriti sono stati portati nell’ospedale cittadino.
Qui, esaminando i cadaveri, si è constatato come in molti casi si sia trattato di vere e proprie esecuzioni, con colpi di arma da fuoco indirizzati con precisione alla testa o al torso. Parlando alla Deutsche Welle, Gadisa ha raccontato che gli autori del massacro sono “membri delle forze speciali Agazi”. Armati di mitragliatori d’assalto AK-103, un’arma micidiale in grado di colpire a distanza con grande precisione, questi militari non hanno esitato a sparare ad altezza d’uomo pur di disperdere la folla. Un video diffuso dalla BBC rivela poi come un esponente degli Agazi, verosimilmente un graduato, abbia dato ordine specifico di “finire” un ferito. L’ordine ripetuto più volte lascia pochi dubbi.
Tokkuma Kifle, direttore del principale ospedale di Ambo, nel rivelare che tra le vittime ci sono donne ed anche un bambino di 13 anni, ha spiegato che i militari hanno sparato per uccidere e che dunque si è trattato di una strage voluta. L’origine di questi moti di protesta e delle sanguinose repressioni che ne seguono hanno un’antica origine etnica che contrappone la minoranza tigrina al potere al resto della popolazione etiope, a sua volta caratterizzata da diverse etnie le cui principali sono quella Oromo e quella Amara.
Divergenze che hanno toccato il culmine nelle ultime contestatissime elezioni politiche del 2015, quando il partito di governo, guidato dal Primo Ministro Haile Mariam Desalegn, ha conquistato il cento per cento dei seggi parlamentari. Un voto giudicato in larga parte illegale e frutto di brogli anche da diversi osservatori ed istituzioni internazionali. Da allora le proteste sono state costanti ma sempre soffocate da una violenta repressione militare.
I trenta morti di questi ultimi giorni sono la prova di uno stato di tensione in grado di fare saltare i già precari equilibri di un paese che da decenni è tenuto insieme soltanto con la forza. In questo senso appaiono particolarmente significative le parole della parlamentare europea portoghese Ana Gomes da sempre critica del partito di governo Tplf (Tigray People’s Liberation Front) al punto da dire che le ultime elezioni sono state una farsa.
In un’intervista ad ESAT News, Gomes ha detto che la situazione attuale in Etiopia è così grave da costituire una minaccia per l’intera area del Corno d’Africa e finanche per l’Europa. “Quanti negli Stati Uniti ed in Europa – ha dichiarato Gomes – hanno usato scuse per negare le aspirazioni democratiche del popolo etiope di fatto hanno sostenuto un regime totalitario, come è quello del Tplf, che sta portando l’Etiopia ad una esplosione incontrollata. E’ scioccante vedere che potenze come gli Usa o la Eu e i suoi stati membri sappiano bene come il Tplf non abbia legittimità e basi democratiche in Etiopia e ciò nonostante continuino a garantire sostegno a questa forza con il pretesto che essa rappresenta un alleato contro il terrorismo”.
Gomes ha anche sottolineato come tutte queste violenze, unite alle recenti diserzione di diversi militari, sia l’ennesima prova che la situazione è in rapido deterioramento.
@GuidoTalarico
L’escalation di violenza che si registra negli ultimi mesi in Etiopia è senza precedenti recenti ma si consuma nel sostanziale silenzio della stampa occidentale. Continue insurrezioni e moti di protesta sono stati fin qui soffocati dalla repressione militare che ha causato decine di morti e feriti.