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Turkmenistan, ricco e inaccessibile


Isolato e autoritario, è la quarta riserva di gas nel mondo. Ma qualche difficoltà, soprattutto finanziaria non consente di portare quel gas sul mercato

Isolato e autoritario, è la quarta riserva di gas nel mondo. Ma qualche difficoltà, soprattutto finanziaria non consente di portare quel gas sul mercato

Il Turkmenistan, uno dei Paesi meno visitati in Asia, si è trovato ulteriormente isolato a seguito della decisione dell’Unione Europea di bandire i voli della Turkmenistan Airlines dal suo spazio aereo lo scorso febbraio. Da tempo il Paese sta cercando di modernizzarsi restando il più possibile al riparo dagli sguardi esterni.  

Il Turkmenistan non è certo tra le mete turistiche più gettonate: non accoglie con favore l’attenzione del resto del mondo e non concede prontamente visti, se non a coloro che operano nel settore del gas o dell’edilizia

Ciononostante, la cancellazione per motivi di “sicurezza”  dei voli che collegano la capitale turkmena Ashgabat a LondraBirmingham e Francoforte è stata uno shock e rischia di compromettere la sopravvivenza della compagnia aerea di bandiera, utilizzata dai viaggiatori europei come mezzo economico per raggiungere la Thailandia o l’India. I voli da Ashgabat a Parigi erano già stati interrotti in precedenza a causa dei debiti con l’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, stando a quanto riportato dall’agenzia d’informazione turkmena Azatlyk.

Un duro colpo per il nuovissimo terminal dell’aeroporto di Ashgabat, una delle tante strutture prestigiose del Paese, la cui forma ricorda un falco in volo. Ancor prima del divieto il traffico internazionale di passeggeri era limitato, poiché il regime xenofobo del Presidente Gurbanguly Berdymukhamedov non incoraggia le visite. Il Governo a malapena comunica con la maggior parte dei Paesi vicini, tra cui Iran, Uzbekistan e Kazakistan, ed è rimasto fuori dall’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, un accordo economico e di sicurezza regionale che unisce tutte le ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale alla Russia e alla Cina. Il Turkmenistan confina col Mar Caspio e non ha altri sbocchi sul mare, quindi non dispone di porti marittimi che si affaccino sull’oceano. I principali punti di accesso al Paese per via aerea sono Istanbul e Mosca.

Per il suo limitato impegno diplomatico il Turkmenistan ricorda la Corea del Nord, ma sotto altri aspetti la differenza è abissale. Mentre la Corea del Nord riesce a malapena a sfamare il proprio popolo, il Turkmenistan è, in teoria, straordinariamente ricco, grazie alle riserve di gas naturale situate nel deserto che ricopre l’80% del Paese. Dopo RussiaIran e Qatar, il Turkmenistan detiene la quarta riserva comprovata di gas più grande al mondo. Il suo problema, però, è portare quel gas sul mercato.

In seguito al completamento, dieci anni fa, di un gasdotto di 3.666 km che attraversa l’Uzbekistan e il Kazakistan, la Cina è diventata il principale acquirente di gas turkmeno. L’anno scorso sono stati avviati i lavori per la costruzione di un secondo grande gasdotto, noto come TAPI, che dal Turkmenistan attraversa l’Afghanistan per soddisfare la sete di energia di Pakistan e India. Da recenti notizie sembrerebbe però che il Pakistan debba ancora iniziare a costruire la sua sezione, la più lunga, per un totale di 826 km. A marzo si sono svolti colloqui per cercare di sbloccare questo gasdotto, in ritardo di un anno rispetto alla tabella di marcia. Gli scettici si chiedono se un simile progetto sia praticabile finché la guerra civile continua a imperversare in Afghanistan e le relazioni tra India e Pakistan restano instabili.

Il Turkmenistan sta cercando un nuovo mercato per il suo gas al fine di finanziare un ambizioso programma di modernizzazione. La produzione agricola è appena sufficiente a sfamare una popolazione inferiore a 6 milioni di persone, anche se il Governo si è vantato di aver esportato uova di gallina per un valore complessivo di 3,8 milioni di dollari l’anno scorso (lasciandone ben poche alla propria gente, verrebbe da pensare). La produzione di cotone è nettamente inferiore a quella del vicino Uzbekistan. Le entrate provenienti dalle esportazioni di petrolio e gas sono un segreto gelosamente custodito, anche se dovrebbero essere aumentate rispetto al passato, quando l’unico sbocco era la Russia. L’Europa brama ormai da tempo il gas turkmeno come alternativa al gas russo, da cui è fortemente dipendente.

Per motivi politici non è possibile far transitare il gas turkmeno attraverso l’Iran o la Russia. L’unica altra opzione è un gasdotto sub-caspico verso l’Azerbaigian, che è già collegato all’Europa tramite gasdotti. Secondo quanto riportato dai media di Stato, il Presidente Berdymukhamedov è stato lieto di ricevere il messaggio di Donald Trump in occasione del Nowruz, il nuovo anno turkmeno (21 marzo). Il Presidente degli Stati Uniti ha espresso la speranza che il Turkmenistan “sappia cogliere le nuove opportunità per l’esportazione di gas verso l’Occidente a seguito della recente determinazione dello status giuridico del Mar Caspio”.

Trump si riferiva al tanto discusso piano per un gasdotto transcaspico (TCP). Sebbene gli stati caspici (Russia, Kazakistan, Turkmenistan, Iran e Azerbaigian) abbiano firmato un accordo sulla condivisione del Mar Caspio nell’agosto 2018, esso riguarda solo la superficie e non facilita pertanto la condivisione delle risorse dei fondali marini o di un gasdotto sottomarino.

Nel frattempo, nonostante le ricche riserve di gas, l’economia turkmena dà segni di debolezza. Il conto aeroportuale non saldato a Parigi potrebbe essere la spia di un malessere economico ben più profondo che affligge la nazione. Nonostante il recente entusiasmo del Governo per l’affidamento di commesse multimilionarie alle imprese statali, l’agenzia d’informazione dissidente Akhal-Teke ha dichiarato a febbraio che la conclusione di così tanti contratti “non significa che tutti verranno pagati”.  Nell’elenco dei contratti “a rischio” c’è quello per un’autostrada a più corsie che collega la capitale con il confine uzbeko, assegnato a una società che non ha mai costruito una strada in precedenza (e la strada esistente sembra del tutto funzionale, visto lo scarso utilizzo). Un altro contratto riguarda addirittura la costruzione di un campo da golf nel deserto.

Le voci secondo cui questo Paese così chiuso si troverebbe in gravi difficoltà finanziarie sembrano confermate del rallentamento dei lavori di costruzione. Si vocifera inoltre che il tratto turkmeno del gasdotto TAPI non sia ancora stato avviato. Basta guardare ai lavori di costruzione realizzati nella capitale per comprendere la causa di tali problemi.

A ogni modo, chi riuscirà a entrare nel Paese e ad arrivare ad Ashgabat rimarrà certamente stupefatto da questa moderna città nel deserto. Tutti i segni del suo antico patrimonio storico e dei 70 anni di era sovietica sono stati spazzati via da un’ondata di nuove costruzioni: al loro posto si erge oggi una scintillante metropoli bianca, costruita con marmo importato dall’Italia. I visitatori saranno forse meravigliati dalla quantità di alberghi di nuova costruzione in un Paese che riceve così pochi turisti. Il loro uso principale è quello di ospitare i cittadini turkmeni provenienti dalle campagne, spediti nella capitale per celebrare il Giorno della Costituzione e della bandiera del Turkmenistan il 27 settembre. Ma gli hotel a 5 e 6 stelle sono al di fuori della loro portata  e la maggior parte delle camere in queste strutture restano vuote tutto l’anno.

I visitatori saranno inoltre colpiti dalle moderne statue che commemorano gli eroi della storia turkmena. Il Presidente Berdymukhamedov e il suo defunto predecessore Saparmurat Niyazov, che amava farsi chiamare Turkmenbashi (Padre dei turkmeni), non hanno badato a spese per creare una nazione moderna con un’identità turkmena all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica, ponendo fine ai 150 anni di egemonia russa. Una delle “riforme” più assurde del Turkmenbashi è stata annullata quando il suo successore ha revocato un editto con il quale il leader aveva rinominato i giorni della settimana e i mesi dell’anno ispirandosi ai membri della sua famiglia.

Oggi i turkmeni non subiscono più il livello di terrore associato al dominio del Turkmenbashi, ma non si illudono di vivere nel paradiso socialista millantato dal loro attuale leader. Tutti i media sono controllati dal Governo e i pochi cittadini con accesso a Internet trovano molti siti web bloccati. Molti vogliono andarsene. L’anno scorso il Governo ha limitato i prelievi di denaro per rendere più difficile la partenza. Questo ha rallentato piuttosto che fermare l’esodo dei giovani turkmeni in cerca di una vita altrove.

Stando agli ultimi dati dell’agenzia Azatlyk il costo di un visto di uscita sul mercato nero sarebbe salito a 3.500 dollari. Così, mentre da un lato sono in pochi a visitare il Turkmenistan, dall’altro pare che il numero di coloro che vogliono andarsene stia aumentando.

Questo articolo è pubblicato anche sul numero di maggio/giugno di eastwest.

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