Dopo cinque secoli la Spagna riprende i discendenti degli ebrei espulsi da Ferdinando e Isabella.

La storia narra che cinque secoli fa lasciarono la Spagna in lacrime, portando con sé le chiavi di casa nella speranza un giorno di farvi ritorno. Nel 1492, la regina Isabella e il re Ferdinando promulgarono un editto per espellere gli ebrei con l’intento di consolidare la fede cattolica nella nuova nazione formatasi dall’unione delle casate di Castiglia e Aragona. Pochi di loro accettarono la conversione forzata al cattolicesimo, preferendo emigrare: in Portogallo, in Nord Africa, nei Balcani e nell’Impero Ottomano che includeva l’attuale Turchia. Con sé portarono la lingua, i costumi e una profonda nostalgia per Sefarad, così chiamavano la Spagna. Alcuni conservarono le chiavi di casa per secoli.
Ora i discendenti degli ebrei sefarditi ingiustamente espulsi dalla loro patria intravedono una sorta di riparazione storica. Il 7 febbraio di quest’anno, il governo spagnolo ha annunciato un disegno di legge grazie al quale i loro discendenti, ebrei o meno, potranno ottenere la cittadinanza spagnola senza rinunciare alla propria. Il Ministro della Giustizia, Alberto Ruiz-Gallardón, ha attribuito al gesto un “profondo significato storico”, una forma di compensazione per un oltraggio di cui la Spagna ancora si vergogna.
L’iniziativa deve ancora essere approvata dal Parlamento in via definitiva – probabilmente entro l’anno – ma ha suscitato grande interesse in Israele e negli altri paesi dove risiedono comunità sefardite.
Si stima che i sefarditi nel mondo siano 3,5 milioni, su una popolazione ebraica globale di 14 milioni. Vivono in Israele, Francia e Turchia, ma anche in Argentina, Cile, Messico e Stati Uniti. Le ambasciate e i consolati spagnoli a Gerusalemme, Tel Aviv, Ankara, Istanbul e Atene sono stati inondati da centinaia di richieste da parte di persone che rivendicano la loro origine sefardita.
“La decisione del Ministero della Giustizia di concedere la cittadinanza spagnola ai discendenti degli ebrei espulsi nel 1492 è un gesto importante del governo e un modo per riparare a un errore e a un’ingiustizia storica, coerente con le linee guida tracciate da sua altezza, il re Juan Carlos nel 1992”, dice Isaac Querub, presidente della Fcje, la Federazione delle comunità ebraiche di Spagna che rappresenta i circa 40.000 ebrei spagnoli. Essendo trascorsi 552 anni e molte altre espulsioni, guerre e per finire l’Olocausto, per le famiglie ebraiche documentare la propria origine può essere complicato.
Gli ebrei in fuga nel 1492 furono inizialmente accolti dal Portogallo che però finì per cacciarli cinque anni più tardi. Ora anche il Portogallo vuole riparare concedendo la cittadinanza ai discendenti. La proposta di legge, che modificherebbe l’articolo 23 del codice civile spagnolo, accorderà la cittadinanza spagnola ai “cittadini stranieri che sono in grado di provare la loro origine sefardita e un particolare legame con il nostro paese, anche se non legalmente residenti in Spagna, e indipendentemente dalla loro ideologia, religione o credo”.
I sefarditi hanno già una corsia preferenziale per ottenere la naturalizzazione spagnola: bastano due anni di residenza legale in Spagna. Con la nuova legge la procedura sarà più rapida e non sarà richiesto di rinnegare la nazionalità attuale. La bozza suggerisce vari modi per documentare le proprie origini: un cognome o prove di appartenenza a una comunità sefardita o la conoscenza del ladino, lo spagnolo medievale rimasto in dote ai sefarditi. Nonostante il duro trattamento ricevuto, i sefarditi non serbarono rancore. La letteratura ladina è piena di nostalgia per Sefarad e i sefarditi non si ritennero vittime degli Spagnoli ma dell’Inquisizione, della Chiesa cattolica e della Corona.
Nel secolo XII e parte del XIII nella penisola iberica si respirava un’atmosfera molto collaborativa tra le tre fedi monoteiste; la cristiana, la musulmana e l’ebraica, e vi fu un gran fiorire di arti e scienze. Nel 1492 il clima cambiò. Per stabilizzare il Paese costruito intorno all’unione dei regni Castiglia e Aragona sancito dal matrimonio tra Ferdinando e Isabella, e la riconquista di Granada dalle mani arabe, i re cattolici decisero l’espulsione degli ebrei. Una parte dei 100-200.000 ebrei allora residenti in Spagna si convertì al cattolicesimo e restò, ma la maggioranza emigrò. Ora i loro discendenti avranno modo di ritornare in Europa. Una parte di coloro che hanno chiamato l’Fcje in questi giorni per informarsi cita un legame di sentimento con la Spagna, altri invece sono mossi da considerazioni pratiche: in un paese come Israele, circondato da un vicinato ostile, una seconda nazionalità può tornare comoda.
Chi otterrà la cittadinanza spagnola diverrà automaticamente cittadino europeo. “Questo provvedimento, ancora da ratificare, ha anche altri aspetti, come la protezione dei sefarditi in pericolo, una preoccupazione che molti diplomatici spagnoli hanno avuto a cuore durante la Seconda guerra mondiale”, dice Querub, “così come può stimolare l’arrivo di nuovi talenti e capacità imprenditoriali.”
In Israele, l’interesse è stato alimentato anche dalla pubblicazione sui media di una lista ufficiosa di 5.200 cognomi sefarditi, tra cui Abarbanel, Medina, Amsalem, Toledano, Najmias, Saban e Moreno. Il tema si è anche prestato a scambi di battute tra ebrei ashkenaziti (quelli dell’Europa Centrale e dell’Est) e sefarditi. Molti Israeliani ashkenaziti hanno già un secondo passaporto, solitamente tedesco o polacco.
“L’eguaglianza è stata ripristinata”, scherza l’umorista Nadav Abukasis, “ora anche noi nordafricani abbiamo un posto dove fuggire nella prossima guerra”.
Dopo cinque secoli la Spagna riprende i discendenti degli ebrei espulsi da Ferdinando e Isabella.