Non solo gli studi dei fotografi maliani Seydou Keïta e Malick Sidibé. A Dakar, e nel porto di Saint Louis all’epoca in cui era la capitale dell’Africa Occidentale Francese, la fotografia divenne una importante esperienza di modernita’. Gli studi Tropical Photo di Meïssa Gaye e African Photo di Mama Casset, e, fra gli altri, i reportage fotografici (quasi in stile street-photography) di Oumar Ka, resero celebre in quegli anni la fotografia che vide tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1980 il trionfo e il declino della pratica in studio.
I ritratti fotografici sono gli scatti (piu’ noti) del senegalese Mama Casset, nato a Saint Louis nel 1908 da una famiglia agiata, fra i primi a restituire immagini non stereotipate della borghesia e dell’élite urbana del Senegal indipendente (1960). Piu’ di altri suoi contemporanei, con queste opere d’arte involontarie, conservate negli album di famiglia, riuscì a registrare le trasformazioni economiche e sociali che influenzarono la natura della nuova capitale Dakar e le vite dei suoi residenti.
Fotografia di un’epoca
La fotografia fu per lui una compagnia di vita. Trasferitosi a Dakar con la famiglia, Mama Casset la scoprì da giovanissimo, subito dopo l’incontro con il francese Oscar Lataque di cui divenne l’allievo e il protetto. Nel 1925 venne arruolato nel dipartimento fotografico dell’Africa Occidentale e suo fratello, Salla Casset, lo sostitui’ presso lo studio di Lataque. Fu una di quelle esperienze che gli segnarono la vita.
Era capace di immortalare le comunita’ urbane e rurali con uno stile personale, adattato ai codici visivi e alle tradizioni in voga in quell’epoca, suscitando con il tempo anche l’entusiasmo popolare degli abitanti dei villaggi intorno alla capitale. “Aveva una sensibilita’ africana. Sapeva come la gente voleva presentare la propria immagine”, lo ricorda suo nipote Amadou Mahtar M’Bow, in un documentario che Fototracce – una associazione culturale milanese che si occupa di fotografia – gli ha dedicato intitolandolo African Photo – Mama Casset (prodotto da Wendigo Films – Cinaps Tv, e realizzato in collaborazione con la casa di produzione Ethnos e la famiglia Casset). “Noi eravamo i migliori. La gente arrivava da tutte le parti”, afferma nello stesso documentario Amet Aba Diawara, apprendista di Casset.
Di lui si dice che fosse un uomo generoso e attento ai particolari, capace di instaurare con i suoi modelli un rapporto di collaborazione reciproca. «Lo studio (di Mama Casset, ndr) odorava di talco e profumi – mi racconta il fotografo e artista senegalese Ibrahima Thiam (Saint Louis, 1976) , che incontro a Dakar in occasione della 12esima Biennale di Arti Contemporanee Africane dove era presente con una sua esposizione nel programma OFF . – Casset sceglieva accuratamente la posa e l’inquadratura dei suoi soggetti – a volte li ritraeva da una angolatura particolare – utilizzando uno sfondo generalmente scuro», prima di fissare l’immagine fotografica con un massiccio apparecchio Leica. E le donne ricambiavano queste attenzioni con interesse e vanità, presentarsi nel suo studio della medina con gioielli, abiti e acconciature scelte per l’occasione. Thiam e’ un erede contemporaneo di questi fotografi senegalesi. Colleziona scatti dagli album di famiglia sin da quando era un ragazzino, e oggi ne possiede oltre 350. Si tratta di scatti d’autore oppure di immagini fotografiche realizzate da sconosciuti. «Come fotografo ho deciso di raccogliere queste immagini d’epoca perché rappresentano un archivio visivo che è una importante testimonianza della nostra storia. Queste foto catturano la mia attenzione e stimolano la mia immaginazione perchè possono far luce sul ruolo storico e sociale della fotografia nelle società moderne», mi dice Thiam. Non appena le famiglie di Dakar furono nella posizione economica di servirsi degli studi fotografici, gli scattidi di Mama Casset divennero testimonianze preziose di mobilità sociale. Da semplici consumatori di ritratti fotografici, già a partire dagli anni ‘40 anche le famiglie della middle class possedevano foto ricordo dei matrimoni, delle feste religiose e di eventi mondani in cui mettere in mostra oggetti simbolo della cultura di massa di quegli anni come orologi e radio. «Il timbro a secco era come una firma che proiettava i fotografi in un altro domicio, quello artistico», continua Thiam.


Cresce il numero degli eventi di fotografia
Da allora la fotografia ha assunto un ruolo importante nella produzione culturale del Senegal, nonostante le difficoltà che attraversano gli autori contemporanei legate alle trasformazioni subite dal mezzo fotografico.
Ad oggi sappiamo che il primo ad aprire uno studio fotografico in Senegal fu intorno al 1860 un afro-americano, Augustus Washington, trasferitosi in Liberia una decina di anni prima, e che poi aprì studi fotografici “temporanei” in Sierra Leone, Gambia e Senegal. Fu in risposta ai bisogni di una élite cosmopolita, proiettata verso un più ampio contesto di relazioni culturali ed economiche nell’Atlantico, che gli studi fotografici si diffusero rapidamente. «Oggi, la fotografia e’ un genere in espansione, è uno dei mezzi che ha più successo, in particolare, nell’arte contemporanea africana che negli ultimi anni gli ha dedicato nuovi festival e Biennali (Addis Photo Fest, LagosPhoto e Picha in Lubumbashi, per restare nel continente, ndr)», mi dice Giulia Paoletti, esperta di fotografia in Senegal che con una sua ricerca originale l’anno scorso ha contribuito alla realizzazione della mostra In and Out of the Studio. Photographic Portraits from West Africa al MET di New York.
«In Senegal alla fotografia contemporanea è stato riconosciuto un ruolo importante ancora prima che in Mali nascesse la Biennale di Fotografia di Bamako. Nel 1992 venne infatti organizzata una prima edizione del Mois de la photographie de Dakar. Alcuni fotografi senegalesi sono impegnati da tempo nella ricerca e nello studio delle opere dei loro predecessori. Un esempio è il lavoro svolto dall’artista Bouna Medoune Seye che collaboro’ con l’importante Revue Noire per riscoprire e valorizzare l’opera di Mama Casset», continua Paoletti. «In Senegal fra i fotografi contemporanei emergenti che mi piace citare, a parte Ibrahima Thiam, c’è Mama Diarra Niang. Mentre tra quelli già noti ci sono Abdou Fary, Boubacar Mandemory, e lo stesso Bouna Medoune Seye»
Mama Casset morì soltanto qualche mese prima dell’inaugurazione dell’esposizione di Dakar durante la quale gli fu dedicata una personale. Il suo archivio fotografico – non abbandonò mai l’uso del bianco e nero – era già andato purtroppo in gran parte distrutto, insieme ai negativi, in un incendio nel 1983, ma l’esposizione rappresentò lo stesso una importante contributo nella ricostruzione dell’identità delle comunità del continente africano.
Un valore affettivo
I senegalesi sono molto orgogliosi della propria storia e tradizioni. E anche per questo l’archivio di Ibrahima Thiam – che da lui viene interpretato come una vera e propria pratica artistica – è importante: «Il mio obiettivo è quello di preservare la memoria collettiva visiva. Queste fotografie catturano la mia attenzione e mi spingono a dare loro una seconda vita attraverso un metodo artistico, creativo. Come nella installazione intitolata Clichés d’hier (2009-2015) (che riproduce in chiave moderna lo spazio commerciale di uno studio nel XX secolo ed è stata realizzata in occasione della 10ma edizione dei Rencontres de Bamako), ma anche nelle serie fotografiche “Portrait Vintage” e “Objets témoins”. Penso di pubblicarci un libro in modo da poter mettere questi materiali a disposizione di studenti, ricercatori, storici e artisti».

«Oggi, alcuni artisti hanno compreso l’importanza della trasmissione culturale in ambito fotografico in Senegal. Ma la pratica è insufficiente, a parte gli archivi nazionali che hanno piccole collezioni, come il museo del CRDS (Centre de recherche et de documentation du Sénégal, ex IFAN) di Saint Louis – continua l’artista – La trasmissione attraverso pubblicazioni dovrebbe essere fatta prima di tutto nelle scuole, nelle università e negli istituti d’arte, inserendo nel loro programma educativo la storia della fotografia in Senegal».
Non solo gli studi dei fotografi maliani Seydou Keïta e Malick Sidibé. A Dakar, e nel porto di Saint Louis all’epoca in cui era la capitale dell’Africa Occidentale Francese, la fotografia divenne una importante esperienza di modernita’. Gli studi Tropical Photo di Meïssa Gaye e African Photo di Mama Casset, e, fra gli altri, i reportage fotografici (quasi in stile street-photography) di Oumar Ka, resero celebre in quegli anni la fotografia che vide tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1980 il trionfo e il declino della pratica in studio.