Michael Flynn, l’ex consigliere di Trump per gli esteri, non ha fatto quasi in tempo a dimettersi a causa dei suoi imbarazzanti rapporti con Mosca, che spunta un piano segreto per togliere le sanzioni alla Russia.
La notizia è ormai acclarata. La riassumo per i più distratti. Il 14 febbraio scorso il consigliere per la sicurezza di Trump, Michael Flynn, ha dato le sue dimissioni. Già consigliere ombra per gli affari internazionali durante la campagna elettorale, Flynn è un generale in pensione ed ex capo dell’intelligence militare dal 2012 al 2014 che fa da tempo della collaborazione con la Russia il suo mantra.
Sono diventate famose le sue frequentazioni del canale di Stato russo in lingua inglese RT e anche i suoi presunti rapporti personali con Putin. Altrettanto famose sono diventate le foto che lo ritraggono allo stesso tavolo di Putin durante il banchetto per festeggiare i 10 anni di RT e mentre dà il via a una standing ovation per il discorso del presidente russo, sempre a Mosca.
Flynn è caduto per le menzogne dette riguardo una sua telefonata con l’ambasciatore russo a Washington, Sergei Kisilyak. Quando si era diffusa la notizia che la conversazione era stata intercettata dai servizi segreti, Flynn ha detto che si erano limitati a scambiarsi gli auguri di natale. Poi, però, altre informazioni fuoriuscite dall’intelligence hanno rivelato che i due avevano parlato di qualcosa di più concreto e che riguardava le sanzioni imposte da Obama alla Russia.
E ancora, pochi giorni dopo le dimissioni di Flynn, è saltato fuori qualcosa di ancora più grosso.
Un piano segreto
Si tratta di un piano di pace in Ucraina che sarebbe stato consegnato nelle mani di Flynn. A prepararlo, tre persone che non hanno niente a che fare né con l’amministrazione Usa né con la politica estera: l’avvocato personale di Trump, Michel Cohen, un socio di Trump per i suoi affari in Russia, Felix Sater, e un deputato ucraino, Andrii Artemenko. Per inciso, secondo il New York Times, nella carriera politica di quest’ultimo ci sarebbe lo zampino di Paul Manafort, l’ex spin doctor sia di Trump che di Yanukovich, ora sotto indagine dell’Fbi.
Il cosiddetto piano di pace per l’Ucraina, stando a quanto dichiarato proprio da Cohen, e Artemenko al Nyt, era qualcosa di ben diverso da quanto stabilito a Minsk e si baserebbe su larghe concessioni alla Russia. Con in più un obiettivo non detto: togliere le sanzioni alla Russia. Ancora una volta.
Non sappiamo se il piano ha qualche speranza di essere preso in considerazione da Trump né se – qualora Flynn non fosse stato travolto dallo scandalo – avrebbe avuto più chance. Sappiamo però quanto vicini a Trump sono gli uomini che lo hanno firmato.
Quello che poi salta agli occhi è la pervicacia dei personaggi che nell’ombra stanno lavorando, da una sponda all’altra dell’Atlantico, per far rimuovere le sanzioni a Mosca. E, ancora una volta, il livello di penetrazione degli (a vario titolo) emissari del Cremlino nelle stanze della Casa Bianca.
Qualcosa da prendere molto sul serio. E che dovrebbe far riflettere sulle ragioni per cui la Russia è sotto regime sanzionatorio da parte di mezzo mondo, dagli Usa, all’Ue, al Canada.
Al di fuori degli interessi economici di singoli o gruppi di potere, non c’è alcuna ragione per fare sconti a Putin. Almeno fin quando non avrà riparato i danni causati con l’annessione della Crimea e la guerra in Donbass.
@daniloeliatweet