La rivista Science l’ha inserita tra i dieci risultati scientifici innovativi più importanti del 2014. La sonda spaziale Rosetta permetterà di saperne di più sulla formazione delle comete e del nostro sistema solare. Ma soprattutto ci aiuterà a capire meglio la nostra umanità.

Nel 1705 l’astronomo Edmond Halley pubblica il libro Synopsis Astronomia Cometicae. È la sua grande opera, il lavoro di dieci anni di intenso studio sulle orbite delle comete. Nel testo Halley spiega che la cometa avvistata nel 1682, quella del 1531 descritta dal matematico tedesco Pietro Apiano e quella osservata da Giovanni Keplero nel 1607 sono in realtà lo stesso oggetto che si rende ciclicamente visibile dal nostro pianeta. I suoi calcoli, fondati sulla recente teoria della gravitazione formulata da Newton, stabiliscono che il corpo celeste ha un periodo orbitale di circa 76 anni e che perciò sarebbe riapparsa tra la fine del 1758 e l’inizio del 1759.
Il 14 gennaio 1742 Halley muore. Le sue teorie sulle orbite cometarie sono già famose in tutta Europa, molti giovani astronomi si formano sui suoi volumi. Passano altri diciassette anni. Nella notte di Natale del 1758 lo scienziato tedesco Johann Georg Palitzsch, come d’abitudine, sta osservando il cielo e attende che accada qualcosa. Ad un certo punto qualcosa accade per davvero. Nella solitudine e nel silenzio astronomici Palitzsch ha un sussulto, non crede ai suoi occhi: una scia piuttosto nitida compare nel buio: è la cometa di Halley.
Il 12 novembre scorso, tre secoli dopo la scoperta dell’astronomo inglese, la sonda spaziale Rosetta ha sganciato il lander Philae, che è atterrato sulla superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. L’obiettivo della missione partita dieci anni fa è quello di analizzare la composizione chimica dell’astro con la chioma, studiarne il nucleo, indagarne le attività e il tempo di sviluppo. Secondo alcune teorie, sarebbe stato proprio un primordiale bombardamento di comete e asteroidi a portare sulla Terra elementi biogeni (carbonio, ossigeno, idrogeno, azoto), rendendo così possibile la vita. In un certo senso, Rosetta è alla ricerca della nostra origine.
È una vecchia storia: l’uomo che insegue se stesso nella lontananza più remota; la scoperta scientifica che è sempre prima di tutto questione umanistica. È una faccenda antica il desiderio insopprimibile di saperne di più, di scavare fino al principio, di andare ancora più in là. Prima sulla Luna, poi su Marte, ora sulla cometa. A 405 milioni di chilometri da noi, viaggiando a 55.000 chilometri all’ora. Ed è molto curioso che ovunque andiamo, qualsiasi sperduto approdo raggiungiamo, ci capita di vedere un volto. Un volto umano, il nostro volto, rappresentato sui corpi celesti più distanti e perciò antiumani. Le fotografie scattate da Rosetta sono soltanto l’ennesimo caso. Stavolta il profilo è quello di un signore con la barba, una specie di scultura greca.
Nel romanzo Palomar (che non a caso prende il titolo da un famoso osservatorio americano, l’osservatorio di Monte Palomar in Calfornia) Italo Calvino ha provato a raccontare la smania dell’uomo di fronte al cosmo, il bisogno di afferrare il sistema, l’ordine, le ragioni di tutto. L’universo come specchio di ciò che gli uomini hanno imparato a conoscere di se stessi, dice Palomar. E quindi niente d’esterno – men che meno qualcosa di sidereo – si può cogliere scavalcando la propria umanità. Neanche con la tecnologia più sofisticata, e nemmeno coi calcoli più precisi. Forse è proprio questo che accomuna Halley, Palitzsch e tutti coloro che nei secoli hanno alzato gli occhi con la mente rivolta alla vita terrestre: la consapevolezza di un’intelligenza estremamente umana. La sonda Rosetta ne è il prodotto più straordinario. Un prodotto che ci permette di stare lassù sapendo di voler capire quello che c’è qui.
La rivista Science l’ha inserita tra i dieci risultati scientifici innovativi più importanti del 2014. La sonda spaziale Rosetta permetterà di saperne di più sulla formazione delle comete e del nostro sistema solare. Ma soprattutto ci aiuterà a capire meglio la nostra umanità.