L’isolamento economico dovuto alle sanzioni e i flussi migratori in uscita potrebbero causare una grave recessione che indurrà i russi a fare meno figli, andando ad aggravare il già basso tasso di fecondità
Dietro all’invasione dell’Ucraina ordinata dal Presidente russo Vladimir Putin c’è un disegno preciso: la volontà di riconsegnare a Mosca una sfera d’influenza nello spazio che fu dell’Unione sovietica (il cui collasso, disse, rappresentò “la più grande catastrofe geopolitica” del Ventesimo secolo). Putin non è però tormentato solo dal tempo che è stato, ma anche dal futuro che potrebbe essere: lo scorso novembre rivelò che c’è una cosa che lo tiene sveglio la notte, ed è il declino demografico della Russia. “Il problema demografico”, spiegò, “è uno dei più importanti” da una prospettiva economica (perché non c’è abbastanza forza-lavoro) e di “rafforzamento della nostra statualità” (perché il suo progetto di potenza non può realizzarsi se la popolazione è vecchia).
La guerra in Ucraina avrebbe dovuto rappresentare la resurrezione della “Russia storica”, mentre invece potrebbe rivelarsi l’acceleratore del suo declino. Le sanzioni imposte contro Mosca dagli Stati Uniti, dall’Unione europea e dai loro alleati prevedono anche restrizioni all’accesso di tecnologie cruciali come i chip, che renderanno più difficile al Paese modernizzarsi e rimanere competitivo. L’isolamento economico potrebbe causare una grave recessione che indurrà le persone a fare meno figli.
Inoltre – come scritto dal Financial Times – l’invasione ha indotto un gran numero di russi istruiti a trasferirsi altrove, senza contare le migliaia (mancano numeri precisi) di giovani soldati uccisi in Ucraina, che avrebbero potuto contribuire all’economia nazionale per decenni. Ci sono infine i morti causati dalla pandemia di coronavirus, che paiono essere ben al di sopra delle cifre rivelate ufficialmente (360mila): stando ai dati in possesso del Financial Times, da marzo 2020 a gennaio 2022 in Russia sono morte oltre un milione di persone in più di quanto previsto dalle tendenze; è uno dei livelli di mortalità più alti al mondo.
Cercando di arginare la “fuga di cervelli”, il mese scorso il Governo russo ha esentato dal servizio militare i giovani che lavorano nel settore tecnologico e ha offerto loro mutui a tassi agevolati. Similmente, ha cancellato le imposte sul reddito alle società di tecnologie dell’informazione e messo loro a disposizione prestiti a basso costo. Questi incentivi potrebbero tuttavia non funzionare: secondo la Russian Association for Electronic Communications, un’associazione russa legata all’industria IT, ad aprile un numero di lavoratori del settore tecnologico compreso tra i 70mila e i 100mila potrebbe lasciare la Russia, unendosi ai 50mila-70mila che lo hanno già fatto a marzo. Una buona parte di loro (e di ucraini) si è stabilita a Israele, che è alla ricerca di talenti per sviluppare i propri comparti della robotica, dell’aeronautica e della nanotecnologia.
Per rimpinguare una popolazione in contrazione, il Cremlino ha puntato sul trasferimento in territorio russo di persone residenti nelle regioni di Doneck e Luhansk, nell’Ucraina orientale, dove si trovano le due autoproclamate repubbliche sostenute e riconosciute da Mosca. A febbraio la Russia avrebbe fornito 770mila passaporti agli abitanti dell’area del Donbass ucraino. Al di là dei numeri, però, quelli che vengono non possono davvero sostituire quelli che se ne vanno, perché questi ultimi sono generalmente più abbienti e meglio istruiti, e potevano quindi contribuire maggiormente allo sviluppo economico della nazione.
Prima ancora dell’invasione, ad alimentare l’emigrazione era stata la sfiducia verso il vaccino Sputnik: molti russi si sono trasferiti all’estero, in paesi membri dell’Ocse, per accedere a vaccini migliori; il tasso di vaccinazione in Russia, peraltro, è molto basso.
La combinazione di flussi migratori in uscita e crisi economica finirà probabilmente con l’aggravare il già basso tasso di fecondità. I russi che hanno 20-30 anni, poi, sono relativamente pochi, per via del calo delle nascite registrato dopo il collasso dell’Urss e dell’economia. Oggi il calo dei redditi (stimato intorno al 12-15%) provocato dalle sanzioni potrebbe causare una diminuzione del 10% del tasso di fecondità nei prossimi uno o due anni, scrive il Financial Times.
L’isolamento economico dovuto alle sanzioni e i flussi migratori in uscita potrebbero causare una grave recessione che indurrà i russi a fare meno figli, andando ad aggravare il già basso tasso di fecondità