La Russia vuole rientrare a far parte dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, da cui è stata esclusa dopo l’annessione della Crimea. Per farlo sta cercando di cambiarne le regole. Garantendo di fatto l’immunità agli Stati in caso di violazione del diritto internazionale
Esclusa con una risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nel 2014, all’indomani dell’annessione della Crimea, Mosca vuole tornare a far parte della massima istituzione continentale. Il dibattito non è nuovo. Mosca aveva già tentato di essere riammessa giocando la carta della necessità di armonizzare la posizione dell’Assemblea (nella quale non ha più diritto di voto) con quella del Comitato dei ministri. Ma dal momento che quest’ultimo non ha potere di imporre sanzioni, implicitamente significava rimuoverle.
Ora il Cremlino ha cambiato strategia. Invece di cercare di aggirare le regole del Consiglio d’Europa, vuole cambiarle. Il prossimo mese, ottobre, saranno messi ai voti due pacchetti di modifica del funzionamento dell’Assemblea. I due pacchetti facevano parte di una più ampia riforma, che è stata rimandata per approfondimenti, dalla quale però sono stati stralciati e ammessi a votazione sulla corsia preferenziale. Nelle modifiche proposte, che riguardano la rappresentanza, il diritto di partecipazione delle delegazioni nazionali e il loro diritto di voto, si prevede di escludere quest’ultimo dalla lista delle facoltà di cui una delegazione può essere privata. Si propone poi di innalzare la soglia di voti per le sanzioni dall’attuale maggioranza ai due terzi dell’Assemblea.
Queste modifiche renderebbero molto più difficile per l’Assemblea imporre sanzioni contro un Paese per la violazione delle regole e dei valori fondanti del Consiglio d’Europa.
Il ricatto di Mosca
Allo scoppio della guerra in Ucraina – e all’indomani dell’annessione militare della Crimea – l’Assemblea parlamentare aveva deciso di sospendere la delegazione russa da molte attività del Consiglio d’Europa, pur senza ritirarne le credenziali, per lasciare comunque un canale di dialogo aperto.
Una serie di risoluzioni, largamente votate dai Paesi membri, condannava la violazione dell’integrità territoriale di un Paese europeo perpetrata attraverso l’annessione della Crimea e l’appoggio ai separatisti del Donbass. La più importante di tutte è la risoluzione 2132 del 2016 sulle “Conseguenze politiche dell’aggressione russa all’Ucraina” che condiziona a “significativi e misurabili progressi” nel “porre fine all’aggressione militare contro l’Ucraina e ripristino della sua integrità territoriale” una possibile riammissione di Mosca nel Consiglio d’Europa. Inutile ricordare che nessuna delle condizioni si è verificata.
Per tutta risposta, la delegazione russa si è ritirata completamente dall’istituzione, riducendo di due terzi il proprio finanziamento e minacciando di abbandonare del tutto il Consiglio, privandolo di 20 milioni all’anno di entrate.
Quello che a molti è sembrato un ricatto, è finora andato di pari passo a trattative dietro le quinte ai più alti livelli, tentativi di mediazione pubblici e riservati, argomentazioni pretestuose. Fino a quest’ultima mossa.
Minare le istituzioni
La solerzia del bureau dell’Assemblea, grazie anche al lavoro del suo presidente, l’italiano Michele Nicoletti, nel mandare ai voti queste due sole proposte, scorporandole dal resto della riforma, non fa pensare bene. Il termine per presentare le modifiche era infatti dicembre, ma il bureau è riuscito a fare in modo di mandarle in discussione nella sessione di ottobre. L’unica utile per far rientrare la Russia a gennaio e non far slittare tutto al 2020.
Eppure il Consiglio d’Europa, che riunisce 47 Paesi europei, compresi i 28 dell’Ue, è il massimo organismo che tutela i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto nel vecchio continente, anche attraverso la Corte europea dei diritti umani. E l’assemblea parlamentare è il suo organismo chiave.
Secondo i sostenitori del rientro della Russia nel Consiglio, questo favorirebbe l’accesso ai suoi cittadini alla Corte. Eppure recentemente Mosca ha stabilito, in violazione della Convenzione europea dei diritti umani, la prevalenza delle decisioni della Corte costituzionale su quelle della Corte europea.
La verità è che modificare nel senso proposto le regole dell’assemblea rende virtualmente impossibile applicare le sanzioni. Una garanzia per qualunque Stato voglia violare il diritto internazionale senza conseguenze.
@daniloeliatweet
La Russia vuole rientrare a far parte dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, da cui è stata esclusa dopo l’annessione della Crimea. Per farlo sta cercando di cambiarne le regole. Garantendo di fatto l’immunità agli Stati in caso di violazione del diritto internazionale
Esclusa con una risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nel 2014, all’indomani dell’annessione della Crimea, Mosca vuole tornare a far parte della massima istituzione continentale. Il dibattito non è nuovo. Mosca aveva già tentato di essere riammessa giocando la carta della necessità di armonizzare la posizione dell’Assemblea (nella quale non ha più diritto di voto) con quella del Comitato dei ministri. Ma dal momento che quest’ultimo non ha potere di imporre sanzioni, implicitamente significava rimuoverle.