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Con il voto nel Donbass, Mosca dà il via all’exit strategy dalla guerra


Le elezioni di domenica hanno suggellato un nuovo equilibrio tra le forze che controllano le repubbliche di Donetsk e Lugansk (e i traffici che vi passano). Soprattutto, la gestione politico-diplomatica del voto dimostra che Mosca sta cercando una via di uscita dal conflitto

Un uomo in divisa vota in una cabina elettorale durante le elezioni presidenziali in Donetsk, Ucraina, 11 novembre 2018. REUTERS / Alexander Ermochenko

Le elezioni di domenica hanno suggellato un nuovo equilibrio tra le forze che controllano le repubbliche di Donetsk e Lugansk (e i traffici che vi passano). Soprattutto, la gestione politico-diplomatica del voto dimostra che Mosca sta cercando una via di uscita dal conflitto

Il voto dell’11 novembre nelle repubbliche effimere del Donbass ha apparentemente messo il sigillo sullo status quo, confermando il presidente pro tempore Leonid Pasechnik a Lugansk, con il 68,4% dei voti, e il suo omologo, sempre pro tempore, Denis Pushilin a Donetsk, con il 60,4%. La scelta di due presidenti in qualche modo legittimati si era resa necessaria dopo il vuoto creatosi a causa della lotta di potere che aveva destituito l’ex leader della Lnr, Igor Plontitsky, in favore proprio di Pasechnik e l’uccisione ad agosto del capo della Dnr, Aleksandr Zakharchenko, con una bomba. Gli era succeduto temporaneamente, appunto, proprio Pushilin.

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