Oltre le diplomazie, oltre le sanzioni inflitte o minacciate dagli Stati Uniti e dall’Europa, è stato il colosso americano degli hamburger a passare direttamente ai fatti nella crisi Ucraina.

Prima ancora che i leader occidentali si mettessero d’accordo su come affrontare l’annessione della Crimea, McDonald’s aveva già chiuso i suoi fast-food, lasciando gli abitanti della penisola a digiuno di Big Mac e McChicken. Il Cremlino ora vuole che la stessa sorte tocchi a tutti i McDonald’s di Russia, ma la Crimea c’entra poco.
RusBuger non ha perso tempo. McDonald’s aveva appena tirato giù le saracinesche che già la catena di burger 100% made in Russia aveva issato le proprie insegne al posto della grande “M” gialla. Nello stesso posto in cui, a Sebastopoli, gli abitanti della Crimea per anni hanno ordinato Big Mac e altre bombe caloriche americane, ora possono soddisfare il proprio appetito con gli altrettanto calorici ma sicuramente più patriottici “Burger dello zar”. Agli inizi di luglio, circa tre mesi dopo che il tricolore russo aveva cominciato a sventolare sulla penisola ucraina, un nuovo e non meno significativo cambio di simboli avveniva davanti agli occhi dei crimeani. Più decisionista del governo degli Stati Uniti, più veloce delle sanzioni individuali e più efficace delle contromosse dell’Unione europea, il colosso americano aveva chiuso i suoi fast-food in Crimea già ad aprile, dall’oggi al domani. Gli abitanti di Sebastopoli, Simferopoli e Jalta hanno visto il pacioso clown Ronald McDonald fare le valigie, e arrivare subito dopo un supereroe muscoloso con un hamburger in una mano e un peso nell’altra, la mascotte di RusBurger. Nell’antagonismo tra Big Mac e Zar Burger c’è qualcosa di più di una semplice concorrenza tra brand. Sono la Russia e l’Occidente che si confrontano.
La guerra dell’hamburger
“McDonald’s ha chiuso i suoi ristoranti in Crimea? Ottimo”, ha detto Vladimir Zhirinovsky, il politico ultranazionalista che, con spregio delle definizioni, dirige il partito Liberaldemocratico russo Ldpr. “Ora bisogna chiudere tutti gli altri in Russia. Ho ordinato alle sedi locali del Ldpr di organizzare dei picchetti davanti ai McDonald’s in tutto il Paese. Devono andare via dalla Russia il prima possibile. E poi toccherà alla Pepsi”. E, com’era prevedibile, la cosa non è finita lì. I picchetti non ci sono stati, ma venerdì scorso l’Agenzia federale per la protezione dei consumatori ha annunciato di aver avviato una causa presso il tribunale di Mosca per il ritiro dal mercato di alcuni prodotti. Si tratta, tanto per ricordarlo, della stessa agenzia che bloccò l’importazione dei vini di Chişinău e dei cioccolatini ucraini di Poroshenko quando Moldavia e Ucraina stavano decidendo l’avvicinamento all’Ue. Secondo Anna Popova, direttrice dell’agenzia, cheesburger, chickenburger e milkshake non rispetterebbero le norme sui valori nutrizionali dichiarati, mentre alcune insalate conterrebbero addirittura colibatteri. Se è legittimo sospettare una decisione politica per punire McDonald’s e gli Usa, la Crimea potrebbe solo aver offerto l’occasione.
Un po’ di “gusto russo”
Quando, nel 1990, il primo McDonald’s dell’Unione sovietica aprì a Mosca, la comparsa della “M” gialla vicino alla piazza Rossa e al mausoleo di Lenin fu il segnale più tangibile che la Rivoluzione d’Ottobre era finita. Poco più di un anno dopo l’Urss si dissolveva e gli hamburger invadevano le ex repubbliche sovietiche insieme a mille altri simboli dell’“American dream”. McDonald’s gestisce oggi più di 400 fast-food in tutta la Russia, che è uno dei suoi mercati più ricchi fuori dagli Usa. A 24 anni di distanza molte cose sono cambiate. Il soft power americano non fa più presa sui russi e un’ondata di sciovinismo sta accompagnando l’era di Putin. Dopo che il presidente ha pubblicamente espresso il desiderio che i bambini russi tornino a guardare cartoni animati russi come “Vini Puh” (la copia sovietica del Winnie Pooh disneyano), la ricostruzione a tavolino dell’orgoglio russo passa anche attraverso l’hamburger. In questo RusBurger è perfetta. Con i suoi locali e colori simili ai McDonald’s, col suo menù fotocopia e col suo famoso Zar Burger che nulla ha di russo a parte il nome, è la risposta autarchica ideale alla voglia dei russi di hamburger. Sono in tutto e per tutto come quelli americani, senza essere americani. Un po’ come l’imperialismo.
Oltre le diplomazie, oltre le sanzioni inflitte o minacciate dagli Stati Uniti e dall’Europa, è stato il colosso americano degli hamburger a passare direttamente ai fatti nella crisi Ucraina.