Alla fine è successo l’inevitabile, l’ampiamente previsto: l’Indian National Congress (Inc) mette alla guida della campagna elettorale per le prossime elezioni il rampollo di casa Gandhi, Rahul. Senza sbilanciarsi su alcun candidato premier.

Con molto ritardo dalla nomina di Narendra Modi a candidato premier per l’opposizione nazionalista del Bharatiya JanataParty (Bjp), ieri l’Inc ha indicato il “portavoce” per la campagna elettorale del 2014.
Rahul Gandhi, 43 anni, è il secondo figlio di Rajiv Gandhi (primo ministro ucciso in un’attentato terroristico nel 1991) e Sonia Gandhi, attuale presidentessa del partito, di origini italiane.
La corsa a due per la premiership indiana, in una tornata elettorale che al momento vede Modi in vantaggio sui sondaggi – per quanto possano valere, vista l’importanza delle alleanze regionali nella matematica del consenso – ha finalmente svelato il volto dell’avversario, almeno dal punto di vista mediatico.
Il più giovane membro della dinastia Gandhi (tre primi ministri dall’indipendenza ad oggi, quattro se contiamo il peso effettivo di Sonia nelle decisioni del paese) ha relativamente poca esperienza nell’agone politico nazionale: non ha mai ricoperto nessun incarico di governo, concentrandosi invece sullo svecchiamento del proprio partito arrivando dalla presidenza dei giovani dell’Inc a coprire la carica di vicepresidente del partito. La scelta di dare all’Inc il volto e la voce di Rahul è arrivata relativamente con un certo ritardo, probabilmente in attesa del riscontro elettorale del governo locale di Delhi che ha sancito nettamente la necessità di un cambio generazionale e di mentalità, almeno a livello estetico.
Nel suo primo discorso ufficiale da election campaign chief, Gandhi ha messo l’accento sui temi tradizionali dell’Inc – sostegno delle classi meno abbienti e solidarietà – aggiungendoci passaggi importanti per intercettare il sentimento comune corrente: più donne in politica e più misure anti corruzione.
La campagna elettorale ora potrà davvero entrare nel vivo, dando al Bjp un obiettivo succulento contro il quale scatenare la retorica al vetriolo di Modi insistendo sulle critiche al familismo dell’Inc e i riferimenti alle origini non indiane di Rahul (su questo, attendiamoci una maggiore manipolazione a fini politici della vicenda dei marò). Bordate che l’Inc ha intenzione di vanificare poggiandosi sull’importante distinguo della carica di Gandhi, che non è il candidato premier.
Il primo ministro, hanno spiegato da più parti all’interno del partito, verrà scelto democraticamente dai deputati eletti in caso di vittoria, come era già successo nelle elezioni del 2004. All’epoca Sonia Gandhi fu l’artefice della vittoria inaspettata dell’Inc, che sfidava il Bjp al governo in un momento di grande consenso mentre si manifestavano i primi segni della crescita economica: ribaltando tutti i pronostici, Sonia Gandhi sbaragliò i nazionalisti e, soprattutto, ebbe la saggezza di non accettare la carica di primo ministro – aprendo il fianco alle critiche strumentali di cui sopra – nominando invece l’economista Manmohan Singh, ritagliandosi il ruolo di manovratrice da dietro le quinte.
Un coniglio dal cilindro che potrebbe ripetersi anche quest’anno.
Alla fine è successo l’inevitabile, l’ampiamente previsto: l’Indian National Congress (Inc) mette alla guida della campagna elettorale per le prossime elezioni il rampollo di casa Gandhi, Rahul. Senza sbilanciarsi su alcun candidato premier.