Come molti di voi probabilmente già sanno lo scorso venerdì la maggioranza degli scozzesi a deciso di votare no all’indipendenza e di rimanere nel Regno Unito. Si è trattato di una vincita data da pochi voti, con il 55% della popolazione contraria e il 45% a favore.

I risultati sono stati annunciati in un momento solenne, dopo due anni di campagne intense e di dibattiti accesi che hanno spinto l’84.5% della popolazione, fra cui per la prima volta ragazzi di sedici e diciassette anni, a esprimere la propria opinione, un successo straordinario per la politica e la democrazia.
E ora?
Il referendum ha chiaramente indicato il desiderio di cambiamento degli scozzesi. Molti fra coloro che hanno votato no sono insoddisfatti delle politiche di Westminster proprio come coloro che hanno votato si. Ora tutti gli occhi sono puntati sul primo ministro David Cameron per vedere se manterrà le promesse fatte in fretta dopo aver capito che se la scelta fosse stata fra l’indipendenza e lo status quo probabilmente la Scozia avrebbe lasciato il Regno Unito. Un paio di giorni prima della votazione Cameron e i leader degli altri due partiti maggiori hanno promesso in termini molto generali di devolvere più poteri alla Scozia in merito a questioni riguardanti tasse, spesa pubblica e welfare in caso di un voto negativo. Tuttavia, l’unico punto sul quale è stato raggiunto un accordo è il calendario da seguire nel formulare e attuare le riforme, quali siano queste riforme, è ancora da chiarire, il che potrebbe risultare problematico datoche il governo deve oraprodurrevelocemente una proposta sostanziale e soddisfacente. Se riuscirà a rispettare la scadenza per la scadenza per la consegna di un primo piano dipenderà da come andranno le discussioni fra i partiti. Per quanto riguarda lo Scottish National Party non appena verrà deciso il nuovo leader (Alex Salmond si è dimesso dopo che il risultato dei voti è stato annunciato) il partito metterà pressione per ottenere la “devo max”, l’assoluto controllo su tasse, spesa pubblica e welfare.
E il resto del Regno Unito?
In risposta alle maggiori concessioni fatte alla Scozia anche le altre nazioni potrebbero volere di più. Una delle questioni cruciali è quella della Barnett formula, il meccanismo attraverso il quale la spesa pubblica viene distribuita nel Paese. Grazie a questa formula la Scozia riceve annualmente il 20% di fondi in più rispetto all’Inghilterra. Nonostante Cameron abbia dichiarato l’intenzione di continuare a fare uso di questo meccanismo il Galles, che è molto più povero della Scozia, chiede che questo sia revisionato.
Delicata è anche la cosiddetta “questione West-Lothian”, il dibattito su se sia giusto che i parlamentari di Westminster eletti al difuori dell’Inghilterra possano votare su questioni che riguardano solo l’Inghilterra (al momento i parlamentari inglesi non possono votare su questioni scozzesi).
Qualunque sia il futuro della Scozia, negli ultimi due anni il paeseha compiuto un percorso d’introspezione e discussione che segnala la volontà dei cittadini di non lasciare che siano solo i politici a fare la politica. Ora che gli scozzesi si sono pronunciati sarà difficile metterli a tacere.
Come molti di voi probabilmente già sanno lo scorso venerdì la maggioranza degli scozzesi a deciso di votare no all’indipendenza e di rimanere nel Regno Unito. Si è trattato di una vincita data da pochi voti, con il 55% della popolazione contraria e il 45% a favore.