In Cina, specie qualche anno fa, andavano molto di moda i karaoke. Non quelli dove si canta e basta per intenderci. Bensì quelli dove si poteva trovare «compagnia». Tempo fa ne scrissi: «Dal ristorante si intravedono le luci che indicano la KTV, il bar karaoke.
Gli uomini seduti intorno al tavolo chiacchierano, uno di loro telefona. Sta prendendo l’appuntamento con le «fidanzate». Poco prima di alzarsi, mentre un energico cinese chiede rumorosamente il conto, il boss zittisce la tavola e chiarisce le cose: «la prima regola è che tutto ciò che vedrai stasera, deve rimanere lì dentro». La seconda regola, prosegue, «è che tutto ciò che vedrai stasera, deve rimanere lì dentro». Messaggio chiaro».
Ci sono stato, portato da amici cinesi. Questi alcuni appunti di quella serata, di sette anni fa, arrivato da solo un anno in Cina: «Arriva il capo. La capa, anzi. Finalmente ci conosciamo. E inoltre. Non c’è tempo, è rapida e veloce, ghepardo in pantaloni neri, camicetta sottile nera, anche quella. Quanto basta per portare alla pazzia un capitano. Dove sono i mafiosi, ma che idea mi sono fatto della China? Bevi! Devi bere!Tutto di un sorso. Sono impressionato. Le braccia ingioiellate e bianche e nude.
E’ il profumo che viene da un vestito che mi fa divagare a questo modo? Mi scruta, mi strofina le unghie lunghe sulla guancia. La barba. La mia storia di uomo affiora da dietro la porta, mi guarda e se ne va. Fottiti, mi dice, io non volevo venirci. Mi hanno obbligato, risponde il mio io sotto i miei scarponi. Lo so, ma io posso andarmene, mi risponde. No, stai qui. No. Ti prego. Va bene, ma solo perché se ti ubriachi, io posso salvarti. Grazie. Lei prosegue.
Ma nel gioco avrei dovuto dirle, senti io ti dovrei parlare. E datti una mossa! Colpo sulla schiena, che quasi vomito, mani che tendono mani, Vieni a ballare! Se ne va, sono poco interessante, non mi so lasciare andare, pensa. Dice qualcosa, tutti ridono. Ballano. Irripetibile. Grassoni che danzano, urla. Pose ridicole, quanto i destini che si incrociano in quella stanza».
Esistono diversi tipi di karaoke: «Non è sempre così, in molti casi le ragazze seguono l’uomo anche a casa o in albergo, dipende». X. D. muove la mani veloci, ha le braccia bianche, contrassegnate da pendagli e piccoli bracciali. Ha 32 anni ed è una mamasan, una pimp, una ragazza che gestisce altre ragazze all’interno di una ktv.Lei ha compiuto tutta la scalata, dai massaggi, alla dama di compagnia, fino a diventare una business woman dei bordelli di Shanghai. Arrivata dalle zone rurali dell’Hebei, dove ha la famiglia e la sua vita futura. Un manager taiwanese, abituale frequentatore del luogo, specifica: «la vita delle mamasan è come quella dei calciatori: breve e intensa, una corsa continua ad accumulare soldi e ricchezze per poi tornare al proprio paese di origine, comprarsi una casa e magari sposarsi. La loro vita però è miserevole».
Lei, alta e con un fisico nervoso, chiarisce: «Sposarsi non è facile, un po’ perché in Cina a 30 anni sei vecchia e un po’ perché lavorare in certi posti, anche se distante da casa, è un marchio indelebile. Nessuno vuole sposarsi con una prostituta». Da ragazza di compagnia a prostituta, come si compie questo passo? Lei sospira e beve un sorso di Coca Cola. Siamo in un mega complesso commerciale a Shanghai, vicino al luogo in cui lavora: «ci sono diversi tipi di bar karaoke, diverse tipologie, da quelli più chic a quelli più economici».
Naturalmente le cifre son diverse: «per prenotare una stanza in una ktv media si possono spendere fino a 200 euro a notte, poi ci sono almeno 30 euro da dare alla ragazza al termine della serata, infine nel caso in cui la ragazza vada in albergo o in casa, le cifre salgono notevolmente». Naturalmente ogni karaoke offre le proprie specialità, comprese studentesse cinesi che parlano inglese. Loro arrotondano, gli stranieri sono a proprio agio. X.D. racconta un episodio che bene spiega la normalità di questi luoghi e di certe pratiche, qui in Cina: «gli uomini hanno voglia di confidarsi, più facile farlo con una ragazzina sveglia e disponibile, più che con la propria moglie.
E noi mamasan siamo anche una sorta di termometro della situazione. Abbiamo una marea di informazioni, conosciamo il lavoro, l’azienda, i più reconditi segreti di queste persone. Per dirti, un manager di un noto brand di liquore mi ha offerto molti soldi per consegnargli tutti i biglietti da visita dei laoban (i boss cinesi, ndr) che arrivano in questo posto.»

Perché questo? Perché in questi giorni in Cina si parla molto di «Sin city». Ha scritto il Telegraph: «Per decenni la città è stata famosa come capitale asiatica del sesso, della droga e delle sessioni di karaoke a base di alcol; un centro di produzione grintoso nel Pearl River Delta, dove le prostitute sono comuni quasi quanto le fabbriche. Ma il sindaco di Dongguan – la famigerata Sin City cinese questa settimana ha dichiarato di essere all’oscuro del livello di dissolutezza che stava avendo luogo proprio sotto il suo naso, dopo una grande retata della polizia in centinaia di bordelli sotterranei».
«Francamente, ha detto, sono rimasto sorpreso di apprendere che il commercio illegale del sesso era diventato così dilagante a Dongguan», ha detto, mentendo di sicuro, Yuan Baocheng in un’intervista alla televisione di Stato.
Centinaia di «club del sesso» sono stati chiusi da più di 6.000 agenti di sicurezza nel corso di una azione di alto profilo contro il vizio nello scorso mese di febbraio.