Il Gruppo di Amici della Siria, riunitosi domenica scorsa a Parigi, denuncia l’uso di “barrel bombs” contro la popolazione civile e preme per la formazione di un governo di transizione con pieni poteri esecutivi per porre fine ad un conflitto che ha fatto oltre 100.000 morti e 2,3 milioni di profughi.

(Parigi) « Assad e la sua famiglia non hanno futuro in Siria». Il monito, lanciato dal presidente della Coalizione Nazionale Siriana (SNC) Ahmad al-Jarba, è risuonato nelle vaste sale del Quai d’Orsay di Parigi dove domenica scorsa si è riunito il Gruppo degli amici della Siria, a pochi giorni dalla conferenza di pace del 22 gennaio in Svizzera per la quale la partecipazione dell’opposizione è essa stessa in forte dubbio. Gli undici ministri degli esteri dei paesi che aderiscono al Gruppo (Regno Unito, Germania, Italia, Francia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Egitto, Giordania, Stati Uniti e Turchia), per bocca del ministro degli esteri francese Laurent Fabius (che ha letto una breve dichiarazione), hanno espressamente condannato « le atrocità commesse quotidianamente dal regime contro la propria gente, con l’aiuto di Hezbollah e di altri gruppi stranieri», in special modo l’uso delle cosiddette “barrel bombs”, usate contro la popolazione civile nel corso di un attacco sulla città di Aleppo il 15 Dicembre scorso, attacco che ha provocato 83 morti tra i quali molti bambini. Secondo le stime dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (un’organizzazione non governativa pro-ribelli che ha sede a Londra) ed il Coordinamento locale dei Comitati della Siria, dal Dicembre scorso l’uso indiscriminato da parte delle forze lealiste di Assad di “barrel bombs” per piegare la resistenza dei ribelli ha provocato 700 morti e 3.000 feriti in tutto il territorio siriano. Queste bombe sono composte da una miscela di tritolo, petrolio e acciaio e provocano maggiori danni su persone e cose rispetto alle bombe convenzionali. Giusto quindi condannarle.
«Starve or Surrender»
Ma c’è anche un altro problema : la strategia messa in atto da Assad della “resa o morte per fame” che ha privato di cibo e medicine circa 200.000 persone soprattutto nei sobborghi di Damasco e nella città vecchia di Homs. «Affamare civili è un crimine, la comunità internazionale non dovrebbe più tollerare che crimini del genere si perpetuino» hanno denunciato i ministri del Gruppo, che temono un possibile insuccesso della Conferenza Ginevra II, che, come annunciato dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, dovrebbe riunire il governo e le opposizioni siriane per discutere di un processo di pace. In effetti, affinché quest’ultima abbia risvolti concreti, è necessario che il regime rispetti gli obblighi imposti dalle risoluzioni 2042 e 2043 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che cessi gli attacchi indiscriminati contro la popolazione civile e rilasci le persone arbitrariamente arrestate. Ma non sembra che Bashar Al-Assad sia intenzionato a rispettare questi basilari impegni. Il Gruppo ha di conseguenza chiesto alla Russia e l’Iran di fare pressione sulle autorità siriane affinché quest’ultime rispettino gli impegni presi con la comunità internazionale e si comportino di conseguenza.
Governo di transizione, no ad elezioni con Assad
Qual è dunque la strada da percorrere per uscire dal tunnel di un conflitto che fino ad oggi ha causato oltre 100.000 morti ? Secondo i ministri degli esteri che aderiscono al Gruppo, l’unica soluzione è la transizione politica basata sulla piena attuazione del cosiddetto ‘Comunicato di Ginevra’, ovvero il comunicato emesso dal Gruppo di azione per la Siria che riunisce i rappresentanti dei cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e di alcuni Stati vicini della Siria. Il primo incontro del Gruppo di azione per la pacificazione del conflitto in Siria si era tenuto il 30 giugno 2012. Quest’ultimo aveva indicato come obbiettivo prioritario quello di formare un ‘organo governante di transizione’ (TGB) con pieni poteri esecutivi. Si respinge dunque al mittente l’idea, paventata dal regime, di indire nuove elezioni che vedrebbero la partecipazione dello stesso Assad. «Una parodia di elezioni» denunciano i ministri degli esteri del Gruppo «che non servirebbe altro che mantenere al potere un uomo che le Nazioni Unite considerano colpevole di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità». Dal canto suo la Coalizione Nazionale Siriana è stata esortata a rispondere positivamente all’invito di formare una delegazione di forze dell’opposizione siriana per partecipare alla transizione politica che inizierà il 22 Gennaio prossimo. «In quanto legittima rappresentante del popolo siriano, la Coalizione Nazionale dovrebbe formare una delegazione che rifletta le diversità della società siriana», hanno detto i ministri a Parigi.
Il dramma dei rifugiati
Il Gruppo ha anche accolto positivamente l’iniziativa del Kuwait per ospitare una Seconda Conferenza Internazionale per l’Aiuto Umanitario che si svolgerà il 15 Gennaio prossimo in quanto l’impatto sociale, economico e finanziario dei rifugiati è enorme e per questo la comunità internazionale deve assumersi le proprie responsabilità. Un’altra tappa importante sarà la conferenza sui rifugiati organizzata dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e dai paesi confinanti della Siria che si terrà ad Urfa, in Turchia, il 17 gennaio prossimo. Secondo le stime dell’ONU, dal marzo 2011, data dell’inizio della guerra civile in Siria, più di 2,3 milioni di siriani hanno lasciato il loro paese, rifugiandosi per lo più negli stati vicini, specialmente in Turchia, Libano, Giordania e Iraq. Secondo le stime di Amnesty International altre 4,5 milioni sono invece diventate profughe all’interno della Siria vivendo in condizioni di estrema povertà e precariato e provocando una crisi umanitaria senza precedenti.
Il Gruppo di Amici della Siria, riunitosi domenica scorsa a Parigi, denuncia l’uso di “barrel bombs” contro la popolazione civile e preme per la formazione di un governo di transizione con pieni poteri esecutivi per porre fine ad un conflitto che ha fatto oltre 100.000 morti e 2,3 milioni di profughi.