La situazione in Siria, già poco trattata dai media italiani rispetto ai media esteri, insieme a quella irachena è stata oscurata dall’attuale azione militare di Israele contro la Striscia di Gaza.
Ma si continua a morire e a combattere. In sole 48ore, tra giovedì e venerdì scorso, sono morte più di settecento persone.

Lo stato Islamico, il gruppo jihadista guidato da Abu Bakr al-Baghdadi, ormai sta combattendo su tre fronti in Siria: contro l’Fsa e i suoi gruppi alleati, compreso centinaia di palestinesi, nei sobborghi di Damasco, nella regione del Qalamoun e ad Aleppo; contro i curdi, soprattutto nell’enclave di Kobani; al confine con l’Iraq e in alcune zone, come quella di Homs, contro le truppe governative.
E’ di mercoledì scorso infatti l’attacco portato dall’Isis al giacimento di gas di al-Shaer, nella provincia di Homs. Una delle operazioni militari più imponenti mai realizzate nel Paese dall’organizzazione dello Stato Islamico di Iraq e del Levante. Oltre 270 i morti, lealisti di Assad e lavoratori dell’impianto di estrazione.
La potenza di fuoco del gruppo estremista è aumentata dopo il bottino militare fatto in Iraq in seguito alla ritirata dell’esercito iracheno da Mosul e da diverse altre città del Paese, soprattutto nel triangolo sunnita. Decine e decine di mezzi militari di fabbricazione americana come gli Humvee ma anche centinaia di pezzi di artiglieria e interi depositi di munizioni. I miliziani di al-Baghdadi hanno anche catturato cinquantadue cannoni 155mm M198 Howitzers, pezzi di artiglieria pesante in grado di colpire a circa 18 km di distanza con proiettili standard e fino a 30 km con munizioni a razzo.Un ‘regalo’ questo, costato agli Usa circa 26milioni di dollari.
L’aumentata potenza di fuoco dell’Isis si è fatta sentire soprattutto nelle zone curde siriane (il cosiddetto Rojava Kurdistan o Kurdistan occidentale). Da alcune settimane sono in corso pesanti combattimenti e le istituzioni curde locali hanno avviato una serie di coscrizioni militari per fronteggiare circa 5mila combattenti jihadisti.
Le enclave curde erano state più o meno lasciate fuori dalla guerra in corso grazie a un sapiente lavoro di equilibrismo fatto dai vertici curdi locali del Kurdish Syrian Committee e dal Pyd (Partito dell’Unione Democratica). Nelle zone curde infatti, le forze governative si erano ritirate sostanzialmente senza ingaggiare battaglia già nel settembre 2012, quando i combattenti curdi presero il controllo di 365 villaggi e città e due quartieri di Aleppo, mentre vi era un patto di non aggressione e invasione di campo tra Fsa e principali gruppi islamisti loro alleati, siglato a Erbil nel luglio 2012.
Nel corso dei mesi a venire i combattenti curdi del Ypg (Comitato di protezione popolare), sostanzialmente il braccio armato del Pyd, hanno però avuto diversi scontri a fuoco con le forze ribelli, soprattutto con i qaedisti di Al-Nusra. Di fatto il Rojava Kurdistan è ormai autonomo, ma oggi il nemico principale è l’Isis.
La situazione in Siria, già poco trattata dai media italiani rispetto ai media esteri, insieme a quella irachena è stata oscurata dall’attuale azione militare di Israele contro la Striscia di Gaza.
Ma si continua a morire e a combattere. In sole 48ore, tra giovedì e venerdì scorso, sono morte più di settecento persone.