Quando si parla di metropoli a misura di bicicletta il pensiero va subito alle capitali del nord Europa: Amsterdam, Copenhagen, Berlino. Nel dibattito sul ciclismo urbano sono questi i modelli più spesso citati. Eppure nel profondo sud della Spagna c’è una città che in pochi anni si è trasformata in un «paradiso delle due ruote». Questa città è Siviglia.

Tutto comincia nell’inverno del 2006, quando la municipalità del capoluogo andaluso decide di ampliare in modo consistente la sua rete ciclabile. Il progetto, che è pensato soprattutto per alleggerire l’ormai insostenibile traffico automobilistico dell’ora di punta, è piuttosto ambizioso e prevede la realizzazione di una serie di piste ciclabili a doppio senso di marcia separate dalla strada. In quel momento sono presenti nell’area urbana soltanto quattro piccoli percorsi per un totale di 12 km: davvero pochi per una città europea a vocazione turistica.
Nel 2010, grazie a consistenti investimenti, la rete è già dieci volte più ampia, mentre attualmente si espande per una lunghezza complessiva di ben 170km. Gli effetti sulla mobilità urbana sono enormi: se nel 2006 gli spostamenti giornalieri in bicicletta sono soltanto lo 0,5%, nel 2014 salgono addirittura al 9%. Oggi si muovono sulle ciclopiste di Siviglia circa 70mila biciclette, nel 2006 erano 6mila. Ciò che in molte altre realtà metropolitane ha richiesto due o tre decenni a Siviglia si verifica in soli otto anni (ad esempio Montréal, che è considerata una delle città più bike-friendly del mondo, comincia a realizzare la sua rete ciclabile già nel 1980). E se si guardano le statistiche dell’UE sull’uso della bicicletta in Spagna, il risultato è ancora più significativo: appena l’1,6% degli spagnoli dichiara di utilizzarla come principale mezzo di trasporto (31,2% in Olanda).
Il sistema di bike-sharing SEVici, inaugurato nel luglio 2007, contribuisce notevolmente alla diffusione del ciclismo urbano nel capoluogo andaluso. SEVici, che conta attualmente 2600 biciclette e 260 stazioni, nasce con l’obiettivo di incentivare ulteriormente l’uso delle due ruote e di facilitarne l’accesso anche ai migliaia di lavoratori pendolari che si riversano quotidianamente in città con treni e autobus da tutta la regione. A questo si aggiunge Sibus, il bike-sharing dell’Università di Siviglia, che, a partire dallo stesso anno, mette a disposizione degli studenti e del personale, tra i diversi mezzi e infrastrutture, anche 400 biciclette pieghevoli.

Non è quindi un caso che Siviglia occupi il secondo posto nella classifica 2014 delle migliori città del mondo per i ciclisti realizzata dalla CNN. Secondo l’emittente americana, il successo della sua strategia sarebbe la giusta risposta a chi sostiene che promuovere il ciclismo urbano sia un progetto troppo ambizioso e che occorrano decenni prima che la popolazione modifichi le proprie abitudini in fatto di mobilità. Inoltre dimostrerebbe che la bicicletta può essere un mezzo di trasporto privilegiato anche nell’Europa mediterranea, perfino dove le temperature estive sfiorano i 40°.
Negli ultimi anni questo piccolo miracolo a due ruote è diventato un riferimento importante per tante realtà urbane spagnole. Seguendo l’esempio del capoluogo, ogni comune andaluso con più di 100mila abitanti (ad eccezione di Jaén) ha infatti deciso di fare investimenti per realizzare piste ciclabili completamente separate dalla strada. Jerez, Algeciras e Alméria hanno recentemente cominciato a lavorare in questa direzione. L’idea è quella di replicare il modello Siviglia. Un modello di ciclismo urbano “mediterraneo” a cui potrebbero guardare anche molte città italiane.
Quando si parla di metropoli a misura di bicicletta il pensiero va subito alle capitali del nord Europa: Amsterdam, Copenhagen, Berlino. Nel dibattito sul ciclismo urbano sono questi i modelli più spesso citati. Eppure nel profondo sud della Spagna c’è una città che in pochi anni si è trasformata in un «paradiso delle due ruote». Questa città è Siviglia.