In un mondo nel quale il progresso tecnologico riveste un ruolo sempre più da protagonista, il termine “Smart Cities” è entrato stabilmente nel vocabolario quotidiano del cittadino medio Europeo: una città può essere definita “smart” quando gli investimenti in capitale umano e sociale e nelle infrastrutture tradizionali (trasporti) e moderne (ICT) alimentano uno sviluppo economico sostenibile ed una elevata qualità della vita attraverso una gestione saggia delle risorse naturali: in sintesi, una proiezione astratta di comunità del futuro.
Se da un lato questa considerazione è ormai consolidata, allo stesso tempo bisogna sottolineare che molto più raramente ci focalizziamo sulla genesi di queste “Città Intelligenti” e sull’impatto che esse rivestono nello sviluppo urbano nazionale ed internazionale.
Come si legge nel report “Smart Cities in Italia”, “lo sviluppo della visione delle smart cities si può ricondurre all’humus del Rinascimento. Le città ideali del Rinascimento italiano (Pienza, Ferrara, Urbino, ecc.) nacquero esattamente con lo stesso portato di motivazioni delle città ideali che le smart cities intendono rappresentare, rivoluzionando totalmente l’architettura e l’urbanistica moderna. Città in cui l’armonia e la bellezza dell’architettura urbana si sposano con la lungimiranza del governo politico e la vita associata della comunità civica, in un gioco di delicati equilibri che coniuga esigenze ed aspirazioni funzionali, estetiche e comunitarie.”
La riflessione più recente nasce, però, negli anni Novanta del secolo scorso, perlopiù ad opera di tecnici ed esperti di marketing, in concomitanza con la liberalizzazione delle telecomunicazioni e l’ascesa dei servizi Internet.
Secondo il “Global Green Economy Index”, l’Italia è il 29esimo paese più “smart” al mondo per “efficiency sectors” (buildings-transport-tourism-energy) appena prima di Cile e Messico. In più, secondo il rapporto “Smart City Index” che analizza le 116 città capoluogo italiane utilizzando oltre 470 indicatori, il nostro paese, sembra avanzare a due velocità: le città intelligenti più vicine ai cittadini e più vivibili sono posizionate tutte al Centro-Nord mentre al Sud ancora soffriamo di un ritardo strutturale. Si intuisce che, rispetto alla maggioranza dei paesi Europei, soprattutto nordici, che rivestono le primissime posizioni della classifica, abbiamo ancora molta strada da percorrere.
Tra i principali motivi di questo posizionamento negativo, individuiamo il fatto che oggi le Smart Cities, in Italia, rappresentano un insieme di puntini difficili da collegare e spesso anche da individuare. Secondo i dati (aggiornati al 31 gennaio 2017) dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) che alle città intelligenti italiane ha dedicato un Osservatorio ad hoc, “l’Osservatorio Nazionale Smart City”, ad oggi sono stati lanciati 1.311 progetti che coinvolgono 15 milioni di cittadini in 158 Comuni per un investimento totale di circa 3,7 miliardi di euro.
Sulla carta, numeri e idee rilevanti; in pratica, però, molti dei progetti portano o l’etichetta di “approvato e in attesa di avvio” o quella di “avviato e in via di sviluppo”.
Sulla scorta di questi dati dunque, quali possono essere i margini di crescita delle Smart Cities italiane del futuro?
Una delle chiavi di volta potrebbe essere la concretizzazione di un’idea distintiva e originale – “made in Italy”, appunto – di città “smart”, che tenga conto delle identità culturali, delle dimensioni, delle vocazioni e delle caratteristiche di ciascun centro urbano. Quest’azione infatti rappresenterebbe l’occasione perfetta per “reinventare” il territorio italiano recuperando un’idea forte di futuro, pur senza dimenticare il passato. Le istituzioni, in quest’ottica, dovrebbero impegnarsi a delineare una strategia di medio e lungo periodo che cerchi di raggruppare i molteplici progetti disseminati sul territorio e creare le basi per un cambiamento che renda il Paese più competitivo e più vivibile.
Questo processo filtra necessariamente attraverso una serie di accorgimenti, soprattutto strutturali, che devono essere adottati al più presto per rimanere nella scia dello sviluppo inaugurato dai paesi leader nei ranking internazionali. Di certo non sarà un percorso facile: l’Italia sconta, tra le altre cose, la “debolezza” di non avere tante grandi metropoli. Tuttavia, ciò potrebbe trasformarsi in un punto di forza se nel futuro si valorizzassero i vantaggi competitivi del “Bel paese”: un patrimonio artistico e culturale senza paragoni, unico al mondo.
Secondo quanto emerso al Forum Ambrosetti 2012, trasformarsi in un Paese “più smart” per l’Italia richiederebbe uno sforzo considerevole: 50 miliardi di euro all’anno. L’introduzione di tecnologie innovative innesca però un recupero di efficienza, di produttività e una riduzione dei costi di transazione che si traduce in una crescita aggiuntiva per il Paese equivalente a 8-10 punti di PIL all’anno (senza contare i ritorni in termini di immagine e competitività internazionale, coesione sociale, innovazione, vivibilità).
D’altro canto, questo tema assume un connotato rilevante anche in relazione all’incidenza che genera sulle politiche di coesione dell’Unione Europea, e di riflesso, sui singoli stati membri. Nel 2010, l’UE ha varato una strategia decennale chiamata “Europa 2020” per creare le condizioni favorevoli a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva oltre che ad un aumento dell’occupazione. A tal fine, sono state quindi individuate cinque principali aree di intervento: lavoro (74% di tasso di occupazione per i cittadini in età 20-64 anni), ricerca e sviluppo (3% dei fondi pubblico-privati investiti in R&S), cambiamenti climatici ed energia (abbattimento del 20% delle emissioni di gas serra dovuti ad uso energetico entro il 2020 e del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990), istruzione (-10% del numero di persone in età scolare che abbandonano gli studi; +40% di laureati in età compresa fra i 30-34 anni), povertà ed inclusione sociale (riduzione del 20% delle persone a rischio).
E’ dunque soltanto attraverso una piena comprensione delle strategie che rappresentano l’humus fertile di tali politiche e una consapevolezza sempre rinnovata dell’importanza che ricoprono le aree urbane nel mondo contemporaneo, che sarà possibile acquisire, nel tempo, un approccio più focalizzato ed una visione più completa di Smart City: innovazione sostenibile, green energy, mobilità innovativa, e-government, servizi informatici, architetture urbane tecnologiche, rappresentano potenziali sfide del nuovo millennio.
Con la collaborazione di Leonardo Baratta.