I media internazionali si scagliano contro Erdogan per aver lasciato Ursula con der Leyen su un divano. Ma hanno sbagliato obiettivo: il cattivo è Michel...
I media internazionali si scagliano contro Erdogan per aver lasciato Ursula con der Leyen su un divano. Ma hanno sbagliato obiettivo: il cattivo è Michel…
Sui giornali e sui social network di tutta Europa, nelle scorse settimane, si è molto discusso del cosiddetto sofa-gate, lo scivolone diplomatico che ha avuto luogo durante un incontro ufficiale fra Unione europea e Governo turco. Non intendiamo qui rivangare l’incidente, ma correggere alcune inesattezze nella ricostruzione della vicenda, che finiscono per influenzare anche la comprensione delle ragioni o delle responsabilità politiche che ci sono dietro i fatti.
Come è noto, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è rimasta in piedi, dopo che le due sedie disponibili all’incontro sono state occupate dal Presidente turco Recep Tayyip Erdogan e dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Generale è stata la levata di scudi contro il Presidente turco che, secondo buona parte dei media, ha intenzionalmente voluto umiliare la diplomazia europea e le donne, facendo sedere in una posizione defilata la Presidente della Commissione. In realtà, come è poi emerso chiaramente, l’incidente nasconde problemi sistematici, tutti Made in Europe (sarebbe stato più logico attaccare Erdogan quando ha annunciato l’uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul, qualche settimana prima).
Le ambiguità strutturali insite nell’architettura europea, con una leadership bicefala, lasciano in effetti aperto il fianco a figuracce come quella di Ankara. Possiamo anche prendercela con Erdogan (i cui demeriti principali sono altri, come dicevamo…), ma la verità è che il protocollo è il protocollo e il presidente turco si è limitato a rispettarlo (non potevamo certo pretendere che fosse più rispettoso della leader europea di quanto non lo sia stato Michel).
Il Trattato dell’Unione europea prevede che il “Presidente del Consiglio europeo sia colui che assicura la rappresentanza esterna dell’Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune”; inoltre, il protocollo ufficiale chiarisce che fra “le più alte cariche dell’Unione europea, nell’ambito della rappresentanza esterna, il Presidente del Consiglio europeo precede il Presidente della Commissione”.
Quindi, Michel viene prima di von der Leyen, riflettendo questa regola sulle precedenze tutta la resistenza degli Stati membri Ue, che fanno una gran fatica a cedere competenze e sovranità alle Istituzioni più autenticamente comunitarie. In realtà, nella prassi, le cose sono sempre andate diversamente: in tutti i più recenti incontri con leader nazionali a cui i due Presidenti hanno partecipato insieme, a Charles e a Ursula è stato riservato lo stesso trattamento. Cosa è successo questa volta?
Erroneamente, molta stampa, soprattutto italiana, ha raccontato che la visita dei due leader europei non fosse stata anticipata da quella di un funzionario europeo responsabile del cerimoniale; e da qui, il pasticcio turco. In realtà, non è andata così. L’Europa ha infatti spedito ad Ankara un cosiddetto “advanced team” del cerimoniale del Consiglio europeo (niente Commissione…) che, non solo ha approvato la sedia per Michel e il divano per von der Leyen, ma per il lunch successivo ha preteso di cambiare i posti, in modo che il Presidente del Consiglio fosse a capotavola e von der Leyen laterale! Contrariamente a quanto proposto dal cerimoniale turco, che aveva collocato i posti dei Presidenti Ue equidistanti di fronte a Erdogan.
I rapporti tra i due leader europei non sono mai stati idilliaci, da quando sono stati nominati alla testa di Consiglio e Commissione europea, e i siparietti seguiti all’incidente hanno esacerbato ancora di più la tensione. Gli uffici della comunicazione delle due istituzioni non hanno concordato una risposta condivisa e, anzi, si sono accusati reciprocamente per l’accaduto. Aldilà dei rapporti personali difficili, il punto su cui sarebbe bene soffermarsi è piuttosto la struttura portante dell’Unione europea, con la sua architettura a due teste, che genera un conflitto sistematico. L’introduzione della carica di presidente del Consiglio europeo con il Trattato di Lisbona (2009) e la ripartizione di compiti tra le due presidenze è il risultato della volontà degli Stati membri di lasciare su un piano inter-governativo una parte importante dell’azione comune, cioè nel pieno controllo degli Stati membri (Consiglio europeo), anziché delegarla alle istanze comunitarie (Commissione).
Dopo settant’anni d’integrazione è ormai evidente a tutti che questa Europa, così com’è stata costruita, non può essere all’altezza delle sfide che l’attendono. È necessario più coraggio. Di fronte a una crisi sanitaria così pesante e al crollo della sua economia, l’Europa deve diventare un soggetto capace di scelte collettive, non un insieme di interessi di singoli Stati nazionali, dotati del potere di veto sulle scelte della maggioranza e di paralizzarne dunque l’azione. È arrivato il momento di spostare l’asse delle decisioni verso gli organi che rappresentano i cittadini, Parlamento e Commissione, piuttosto che concentrarli sul Consiglio, rimanendo ostaggio degli egoismi nazionali. L’incidente di Ankara e l’immobilità della diplomazia europea nei diversi teatri geopolitici ci mette davanti agli occhi quanto l’architettura europea necessiti di un’evoluzione rapida in senso federale, che la doti di competenze chiare e condivise, per essere un attore credibile sulla scena mondiale, capace di promuovere gli interessi strategici comuni dell’Europa.
La figuraccia turca ha distolto l’attenzione dai motivi per cui Michel e von der Leyen hanno incontrato il Presidente Erdogan. Il “dittatore” turco, come improvvidamente (ma con grande successo mediatico e sui social), lo ha definito il nostro premier Mario Draghi (all’insaputa del suo Consigliere Diplomatico), ci sta facendo parecchi favori. Oltre alla questione dei migranti (mandiamo diversi miliardi ai turchi – ma loro ne aggiungono di più dal loro budget nazionale – perché accolgano e trattengano i rifugiati siriani in modo che non raggiungano le nostre coste), Bruxelles sta chiedendo aiuto ad Ankara nel Mediterraneo orientale, dove l’azione diplomatica dell’Europa è stata pressoché irrilevante, mentre quella militare della Turchia decisiva. In Libia, gli Stati Nazionali non sono stati in grado di superare gli approcci concorrenti verso il Paese, mancando l’occasione di delineare il valore geopolitico dell’Europa con un’azione unitaria, lasciando invece il campo ad altri attori internazionali; ed è stata la Turchia a proteggere anche nostri interessi, tutelando, con il suo intervento, il Governo riconosciuto dall’Onu. La Ue si trova oggi priva sia di una propria politica estera efficace e coerente, sia di un sistema integrato nel campo della difesa, in uno scenario internazionale caratterizzato invece da tensioni crescenti: non solo in Medio Oriente, ma anche nella vicina Ucraina e nell’Africa Nord occidentale. Non è più tempo per l’Europa di continuare a stare alla finestra.
La Conferenza sul futuro dell’Europa, che faticosamente sta per partire, dopo vari rinvii dovuti al Covid, è una occasione irripetibile di accelerare il processo di integrazione, facendo leva anche sul contributo dei cittadini europei, che la Conferenza si prefigge di coinvolgere. Lo scetticismo di molti si concentra sull’annunciata immodificabilità dei Trattati. Il Parlamento europeo però ha già reso noto che la eventuale modifica dei Trattati, alla fine dell’esercizio della maxi consultazione di milioni di europei, non può considerarsi esclusa a priori.
E noi contiamo su Parlamento e Commissione per uscire dall’impasse.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di maggio/giugno di eastwest.
I media internazionali si scagliano contro Erdogan per aver lasciato Ursula con der Leyen su un divano. Ma hanno sbagliato obiettivo: il cattivo è Michel…
Sui giornali e sui social network di tutta Europa, nelle scorse settimane, si è molto discusso del cosiddetto sofa-gate, lo scivolone diplomatico che ha avuto luogo durante un incontro ufficiale fra Unione europea e Governo turco. Non intendiamo qui rivangare l’incidente, ma correggere alcune inesattezze nella ricostruzione della vicenda, che finiscono per influenzare anche la comprensione delle ragioni o delle responsabilità politiche che ci sono dietro i fatti.
Questo contenuto è riservato agli abbonati
Abbonati per un anno a tutti i contenuti
del sito e all'edizione cartacea + digitale della rivista di
geopolitica