Il neo Presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump ha già creato qualche scompiglio alle agenzie di intelligence americane. Non ha, infatti, voluto ricevere giornalmente i consueti briefing dichiarandosi “una persona intelligente che non ha bisogno di sentire ogni giorno le stesse cose”. E inoltre definisce “ridicole” le recenti accuse della CIA, secondo le quali la Russia avrebbe interferito nelle elezioni americane tramite hacker.
Intelligence, sorveglianza e privacy: cosa succederà nella prossima amministrazione Trump? Per ora si sente solo l’eco delle critiche del Presidente nei confronti delle agenzie e qualche cinguettio dal suo account Twitter.
A Washington lo scorso 14 dicembre all’annuale “Cato Surveillance Conference” presso il Cato Institute nel primo panel moderato da Shane Harris, del Wall Street Journal, si è discusso proprio del futuro scenario dell’intelligence in USA.
Gli ospiti della Conferenza erano tutti concordi sul ruolo delicatissimo delle agenzie all’interno del sistema di sicurezza degli Stati Uniti e che non si deve commettere l’errore di politicizzare questo settore.
Secondo Carrie Cordero, ex consulente legale per l’Assistente Procuratore Generale per la Sicurezza Nazionale del Dipartimento di Giustizia, questo rifiuto dei briefing da parte di Trump dimostra una mancanza di responsabilità.
E qualsiasi scelta verrà presa dal futuro Presidente, secondo Susan Hennessey del Brookings Institution, dovrà comunque fare i conti con la legge e la Costituzione. Il problema, secondo Timothy Edgar, membro esterno del Watson Institute for International & Public Affairs presso la Brown University, è proprio capire cosa sia consentito e cosa no.
Matthew Olsen, ex direttore del Centro Nazionale Antiterrorismo, è molto preoccupato dell’attuale situazione e ha detto che nella sua carriera non ha mai sospettato di possibili abusi da parte di un’amministrazione in entrata, come invece teme ora con Trump.
La preoccupazione è che i commenti sprezzanti del neo Presidente riguardo le agenzie di intelligence stiano già cominciando ad avere un impatto sulle giovani reclute che devono scegliere se lavorare nella Silicon Valley o a Wall Street.
Dello stesso avviso Susan Hennessey, che ha sostenuto come non si debba sottovalutare questa situazione che potrebbe avere conseguenze non solo per questi quattro anni, ma addirittura per i prossimi trenta. Secondo lei ci sono molti giovani talenti con una laurea presso le migliori scuole di diritto, e scuole di specializzazione, che non faranno domanda di lavoro nella comunità di intelligence proprio a causa delle politiche proposte da Trump. In questo modo gli Stati Uniti potrebbero perdere una generazione di talenti con gravi conseguenze sul lungo termine.
Invece Carrie Cordero ha sostenuto un’analisi più ottimista per quanto riguarda la capacità dell’Intelligence Community (IC) di trattenere i nuovi talenti anche durante la prossima amministrazione Trump. Ha detto, infatti, che in questi ultimi 15 anni l’IC si è trovata spesso di fronte a forti pressioni politiche ma è sempre riuscita a superarle.
L’altro aspetto che è stato affrontato durante la Conference è quello della privacy e fino a che punto sia lecito “spiare” per ragioni di sicurezza.
Prima dell’11 settembre 2001 la regola generale per le forze dell’ordine e le agenzie di intelligence era che si potevano raccogliere informazioni su una persona solo in caso di sospetto di illecito. In seguito, con l’emergenza anti terrorismo questa regola è stata quasi del tutto superata e l’FBI ha abolito una norma che vietava di sorvegliare le riunioni politiche o religiose, senza il sospetto di attività criminali. Una legge del 2007 ha poi permesso alla National Security Agency (NSA) di raccogliere le chiamate ed e-mail tra gli americani e gli stranieri anche senza mandato.
Compito dell’amministrazione Trump sarà anche quello di testare se il sistema di checks and balances in materia di privacy sia sufficiente.
La tecnologia è in continuo sviluppo e bisogna ricordarsi che internet non ha confini. Un nodo cruciale per il futuro delle forze dell’ordine e della sicurezza nazionale degli Stati Uniti è cercare di creare una vera e propria strategia intorno all’hacking legale. È fondamentale nel più breve tempo possibile un progetto chiaro che permetta di poter usare le informazioni davvero utili, senza invadere la privacy dei cittadini.
Dopo le preoccupanti prese di posizione da parte di Trump durante la campagna elettorale (per esempio boicottare la Apple perché non voleva sbloccare l’Iphone del terrorista dell’attacco di San Bernardino) si spera che summit come quello da lui organizzato lo scorso mercoledì con i dirigenti delle più importanti aziende tecnologiche americane nella sua Trump Tower a New York, possano davvero ricreare un dialogo tra il settore pubblico e privato, senza inutili “ricatti” politici.
Intelligence, sorveglianza e privacy: cosa succederà nella prossima amministrazione Trump? Per ora si sente solo l’eco delle critiche del Presidente nei confronti delle agenzie e qualche cinguettio dal suo account Twitter.