Per i socialdemocratici è il peggior risultato dal 1920. Cresce ma non sfonda l’ultradestra di Jimmie Akesson, che vuole scardinare il modello di accoglienza scandinavo. Un’altra scossa per la la casa comune europea, dove a pochi mesi dal voto si allarga la famiglia populista
Bruxelles – Il contagio del populismo in Europa è ormai completo, anche la Svezia ora ne mostra i segni. Se all’indomani delle elezioni la socialdemocrazia è salva – almeno per ora -, a traballare sono i perni della società: multiculturalismo e stato sociale. Specchio dei tempi, o sintomo di un’Europa che ha cambiato volto. Al motto di ‘prima gli svedesi’, i nazionalisti di Jimmie Åkesson (Democratici Svedesi) si sono affermati come terzo partito del Paese con il 17,7% delle preferenze (+4,7% rispetto al 2014). A dati ancora ufficiosi, il primo partito resta quello dei Socialdemocratici del premier uscente Stefan Löfven, con il 28,3%, che ha contenuto la débâcle temuta alla vigilia. Nel mezzo, seconda forza, i Moderati guidati da Ulf Kristersson, al 19,7%. La faglia del populismo sembra dunque aperta e gli equilibri nel vecchio continente precari: da Stoccolma si affaccia l’idea di un’Europa dei popoli che arriverebbe fino a Roma, passando per Praga e Budapest, sempre più lontana dalle istituzioni di Bruxelles.
Prima gli svedesi
Tema forte della corsa elettorale dell’ultradestra, anche nel profondo nord Europa, è stata l’accoglienza. Inclusiva, quella del passato (e della sinistra). Esclusiva e ad appannaggio degli svedesi quella del futuro, è la proposta di Jimmie Åkesson. Nuova pietra dell’arco anti-migranti che si espande in Europa, dove rimbombano le voci dei governi di Visegrad, di Matteo Salvini, Geert Wilders, Marine Le Pen, Sebastian Kurz e il falco tedesco Horst Seehofer. Secondo il Swedish Institute, a fine 2016 in Svezia i migranti accolti erano oltre 160mila su circa 10 milioni di abitanti. Le limitazioni degli anni successivi hanno arginato in parte i numeri, ma non hanno placato il sentimento di risentimento popolare. Cavalcato, invece, dagli Svedesi Democratici, che hanno denunciato in maniera martellante e con toni spesso violenti i problemi dell’integrazione, tra segregazione residenziale e gang criminali. Un clima, quello pre-elettorale, atipico per il Paese scandinavo, segnato da aggressioni neo-naziste in alcuni seggi.
Governo e sinistra puniti
Insieme, i socialdemocratici e i Verdi hanno perso circa cinque punti percentuali. Per la socialdemocrazia è il peggior risultato in quasi 100 anni: l’ultima volta che si erano fermati al di sotto del 30% era il 1920 (facendo comunque meglio, con il 29,7% dei consensi). Rassegnare le dimissioni o restare? È questo ora il grande punto interrogativo per Löfven, che finora non cede alle richieste di dimissioni del leader della destra moderata, Kristersson, e resta al lavoro.
«Un partito con radici naziste non potrà mai offrire nulla di responsabile», ha detto. «Abbiamo aumentato i nostri seggi in parlamento e faremo in modo di aver un enorme peso su ciò che accadrà in Svezia nelle prossime settimane, mesi ed anni», ha affermato dopo la chiusura delle urne Jimmie Åkesson, aggiungendo di essere disposto a parlare con tutti i partiti e chiedendo a Kristersson di scegliere se stare con gli Svedesi Democratici o con i socialdemocratici. Il futuro governo di Stoccolma è al momento un enigma: se si escludono accordi con la destra populista, il blocco di centrodestra e quello di centrosinistra si trovano in un testa a testa, entrambi attorno al 40%.
L’Europa del futuro
Qualsiasi esso sarà, il prossimo governo dovrà comunque vedersela con i temi interni dello stato sociale, dalla modernizzazione del sistema sanitario nazionale alle politiche sulla casa, ma al centro ci saranno le politiche migratorie. Così, il glaciale voto svedese è stato un altro test per le elezioni europee di maggio. Da cui Bruxelles esce nuovamente a capo chino.
L’obiettivo dell’ultradestra europea è tessere nuove alleanze sovraniste, per cui l’ascesa dei Democratici Svedesi è vista come un’ulteriore scossa. «La Svezia, patria del multiculturalismo e modello della sinistra, dopo anni di immigrazione selvaggia ha deciso finalmente di cambiare – ha commentato il vicepremier (ed ex eurodeputato) Matteo Salvini -. Ora anche lì dicono no a questa Europa di burocrati e speculatori, no ai clandestini, no all’estremismo islamico. La forte affermazione di Jimmie Åkesson è l’ennesimo avviso di sfratto ai socialisti: a maggio, alle elezioni europee, completeremo l’opera del cambiamento fondato sui valori del lavoro, della sicurezza e della famiglia».
L’Unione europea, allora, è nelle mani di popolari e socialdemocratici, che vedono il nemico marciare alla loro testa. Per ora, sono Macron e Merkel a farsene portavoce. «Sveglia! Quando i nazisti ostentano il loro odio, non dobbiamo rimanere fermi», è stato l’avvertimento lanciato ieri durante le operazioni di voto in Svezia dal leader dei socialdemocratici al parlamento europeo, Udo Bullmann, rivolgendosi ai «conservatori come Seehofer». Ma la candidatura di Manfred Weber al posto di Jean-Claude Juncker alla testa della Commissione europea, avanzata dal Ppe la scorsa settimana, ha fatto infiammare i malumori degli europeisti soprattutto socialisti, che inermi dinnanzi al contagio temono una deriva della destra moderata nelle braccia del premier ungherese Viktor Orban.
@raelisewin
Per i socialdemocratici è il peggior risultato dal 1920. Cresce ma non sfonda l’ultradestra di Jimmie Akesson, che vuole scardinare il modello di accoglienza scandinavo. Un’altra scossa per la la casa comune europea, dove a pochi mesi dal voto si allarga la famiglia populista