Rajoy è pronto a prendere Barcellona con i suoi funzionari. Ma i leader catalani non mollano. Puigdemont chiama alla “resistenza democratica”. E le associazioni indipendentiste radicate sul territorio preparano dei piani per impedire l’esautoramento delle istituzioni autonome
Barcellona – Mariano Rajoy ha deciso che toccherà al numero due dell’esecutivo spagnolo, Soraya Saenz de Santamaria, prendere il posto di Carles Puigdemont al timone del destituito Governo catalano. Le funzioni dei singoli Ministeri catalani verranno invece assunte dagli omologhi dicasteri centrali, secondo le rispettive aree di competenza, in applicazione dell’art.155 della Costituzione.
Il Ministro dell’Interno Juan Ignacio Zoido, ha intanto designato Ferran Lopez come nuovo comandante dei Mossos D’Esquadra al posto del Maggiore Lluis Trapero, che paga la mancata operatività della polizia catalana per impedire la celebrazione del referendum indipendentista lo scorso 1 ottobre.
La scure di Madrid non si è abbattuta soltanto sui pesi massimi della Generalitat. In totale sono stati circa 150 i funzionari destituiti, tra cui i rappresentanti delle 9 ambasciate catalane, operanti perlopiù in Europa, ed il personale del Consiglio di Diplomazia Publica della Catalogna, un consorzio pubblico-privato disegnato per supportare il processo indipendentista a livello internazionale.
Comincia quindi a prendere forma la compagine governativa voluta da Rajoy per traghettare la Catalogna fino alla celebrazione delle elezioni regionali fissate per il 21 dicembre. Il Partito Popolare ha già designato l’ex sindaco di Badalona, Xavier Garcia Albiol, come proprio candidato alla presidenza del Governo catalano.
Resta ora da capire cosa faranno i partiti indipendentisti, intrappolati tra l’annunciata disobbedienza all’art.155 e la necessità di concorrere alle elezioni per dare continuità al proprio progetto politico. Il PDeCAT ed Esquerra Repubblicana, che rappresentano l’asse portante della coalizione indipendentista JuntsPelSi, non hanno ancora svelato i propri piani, in primis se concorreranno eventualmente alle elezioni come formazioni indipendenti.
Le scelte politiche del blocco indipendentista sono legate a doppio filo alla sorte dei propri leader sul fronte giudiziario. Nella giornata di domani il Procuratore Generale dello Stato, José Manuel Meza, denuncerà l’ex presidente Carles Puigdemont e tutti membri del deposto governo catalano per un presunto reato di ribellione, ai sensi dell’art. 472 del Codice Penale, legato alla dichiarazione unilaterale d’indipendenza della Catalogna. Gli imputati, tra cui il Presidente di Esquerra Repubblicana ed ex numero due dell’esecutivo catalano Oriol Junqueras, rischiano fino a 30 anni di carcere.
Puigdemont non sembra però volersi dare per vinto. Nella giornata di ieri, trascorsa a Girona in mezzo alla sua gente, il deposto presidente della Catalogna ha invitato i catalani “ad attuare una resistenza democratica, senza fare ricorso alla violenza, contro l’applicazione dell’art.155”, sottolineando come spetti al solo Parlamento regionale la facoltà di decretarne un’eventuale destituzione.
Parole pesanti, che legittimano, di fatto, la strategia di resistenza a oltranza già annunciata dall’Assemblea Nazionale Catalana e da Ómnium Cultural, le due principali associazioni indipendentiste catalane. Negli ultimi anni entrambe hanno organizzato una capillare attività di promozione della causa indipendentista su tutto il territorio catalano, mobilitando migliaia di persone in occasione della Diada, la festa nazionale della Catalogna, e ricorrendo ad una strategia di comunicazione impostata sull’utilizzo mirato e costante dei social networks.
Sin dalla giornata successiva alla dichiarazione d’indipendenza, l’Assemblea Nazionale Catalana si è fatta promotrice di alcuni incontri su tecniche di resistenza non violenta organizzati in diversi punti della regione. L’obiettivo dichiarato è quello di impedire materialmente che si concretizzi l’esautoramento delle istituzioni catalane stabilito dal Governo spagnolo in applicazione dell’art.155.
L’associazionismo indipendentista ed il deposto Governo catalano sono legati a doppio filo dal settembre 2015, quando la coalizione indipendentista vinse per la prima volta le elezioni regionali, ponendo l’indipendenza della Catalogna al centro del proprio programma di governo. Carme Forcadell, ex presidente dell’Assemblea Nazionale Catalana, esercita da due anni il ruolo di Presidente del Parlamento catalano ed i leader delle due principali associazioni indipendentiste, Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, attualmente in carcere perché accusati di sedizione, hanno preso ripetutamente parte a riunioni con la cupola governativa indipendentista.
Ómnium Cultural e l’Assemblea Nazionale Catalana contano in totale circa 150.000 iscritti, secondo dati forniti dalle stesse associazioni. L’unica ancora di salvezza per la neonata Repubblica catalana, in attesa dell’arrivo dei funzionari di Madrid, sembra essere quella della mobilitazione e della resistenza di piazza. Le prossime settimane diranno se avrà successo.
@MarioMagaro
Rajoy è pronto a prendere Barcellona con i suoi funzionari. Ma i leader catalani non mollano. Puigdemont chiama alla “resistenza democratica”. E le associazioni indipendentiste radicate sul territorio preparano dei piani per impedire l’esautoramento delle istituzioni autonome