Storico ingresso di un presidente degli Stati Uniti nel quartier generale del Partito comunista vietnamita. A ricevere Biden c’era Nguyen Phu Trong, il Segretario generale e vero leader politico del Paese del Sud-Est asiatico
Ogni tanto, i vecchi nemici possono anche diventare amici. Non alleati, termine abusato nella descrizione delle dinamiche di un mondo in cui gli interessi sono compenetrati e compenetrabili. Ma succede che Stati Uniti e Vietnam, a meno di 50 anni dalla fine di una sanguinosa e drammatica guerra, elevino i loro rapporti a partnership strategica globale. Una mossa che porta gli Usa al livello di Russia e Cina nella gerarchia delle relazioni diplomatiche di Hanoi. Tutt’altro che banale, visto che il salto è doppio dalla condizione precedente e rende Washington pari a due storici partner del Vietnam. Con Mosca, Hanoi ha profondi rapporti sul fronte militare e della difesa. Con Pechino, invece, su quello commerciale e ideologico. Ma anche dispute territoriali aperte sulle isole Paracelso nel conteso mar Cinese meridionale.
Ha fatto sensazione agli osservatori, seppur fosse atteso, il primo storico ingresso di un presidente degli Stati Uniti nel quartier generale del Partito comunista vietnamita. A ricevere Biden c’era Nguyen Phu Trong, il Segretario generale e vero leader politico del Paese del Sud-Est asiatico, seppure il sistema politico locale si basi sui cosiddetti ” 4 pilastri” che comprendono anche presidente, premier e capo del parlamento. Nguyen, al suo terzo mandato, ha in realtà accentrato progressivamente il potere. Tendenza ancora più chiara dopo le dimissioni probabilmente pilotate di qualche mese fa da parte del Presidente Nguyen Xuan Phuc, che alla vigilia dell’ultimo congresso del partito nel 2021 era considerato il più papabile successore allo scranno di segretario generale.
L’accentramento di potere e la non certo idilliaca situazione sui diritti degli oppositori non ha impedito a Biden di effettuare l’agognato viaggio in Vietnam, anticipato lo scorso aprile dalla visita del segretario di Stato Antony Blinken.
Lo stesso Biden ha definito “storico” il suo viaggio e ha definito il Vietnam un “partner cruciale”. Nell’ottica statunitense, l’elevazione dei rapporti con Hanoi si inserisce nella più vasta strategia di rilancio della presenza americana in Asia-Pacifico. E si aggiunge agli altri accordi sottoscritti da Biden da quando è alla Casa Bianca: il piano AUKUS con Australia e Regno Unito, l’allineamento trilaterale con Giappone e Corea del Sud suggellato dal summit di Camp David del 18 agosto, nonché i nuovi accordi militari con le Filippine di Ferdinand Marcos Junior.
“Gli Stati Uniti sono una nazione del Pacifico. E non ce ne andremo da nessuna parte”, ha detto Biden. La Cina la vede come una minaccia, anche se lui prova a rassicurare. “Non stiamo provando a ferire la Cina. Voglio vederla avere successo, ma deve seguire le regole”, avvisa Biden. Prima di aggiungere di sperare di vedere presto Xi Jinping. Sul piatto della visita di Biden anche numerosi accordi commerciali. Vietnam Airlines ha concluso l’acquisto di 50 jet 737 Max dal costruttore statunitense Boeing: un affare dal valore di 7,8 miliardi di dollari. È stato inoltre tenuto un colloquio business di alto livello, con Biden e il premier vietnamita Pham Minh Chinh. Presenti i dirigenti delle principali aziende statunitensi e vietnamite in vari settori, con particolare attenzione a semiconduttori, mobilità e terre rare. Tra gli altri, c’erano alti dirigenti di Google, Intel, Amkor, Marvell, GlobalFoundries. Per il Vietnam erano presenti i dirigenti di una mezza dozzina di aziende, tra cui VinFast, produttore di auto elettriche quotato al Nasdaq, la compagnia di bandiera Vietnam Airlines, l’azienda tecnologica FPT che si è da poco lanciata sui chip, MoMo, il più grande portafoglio elettronico del Paese per numero di utenti, e l’azienda internet VNG, che in agosto ha presentato domanda di quotazione a Wall Street.
Durante l’incontro, Biden ha ribadito che i due Paesi stanno approfondendo la cooperazione nei settori del cloud computing, dei semiconduttori e dell’intelligenza artificiale e ha sottolineato che il Vietnam è fondamentale per le forniture di minerali critici. Il Paese del Sud-Est asiatico possiede un grande deposito al mondo di terre rare, utilizzate nei veicoli elettrici e nelle turbine eoliche. Tra gli accordi svelati dalla Casa Bianca vi è il progetto di Microsoft di realizzare una “soluzione basata sull’intelligenza artificiale generativa su misura per il Vietnam e i mercati emergenti. Chiusa una collaborazione tra Nvidia, FPT, Viettel e Vingroup, società madre di VinFast, sempre sul fronte dell’intelligenza artificiale. E poi, come detto, i microchip. Capitolo strategico della contesa Usa-Cina e in cui Washington vorrebbe ridurre la dipendenza da Taiwan. Marvell e Synopsys investiranno in Vietnam per la costruzione di centri di progettazione di chip. La nuova fabbrica di Amkor nei pressi di Hanoi, del valore di 1,6 miliardi di dollari, che si occuperà dell’assemblaggio, del confezionamento e del collaudo dei chip, dovrebbe entrare in funzione a ottobre.
Tutto questo non significa, però, che il Vietnam voglia allinearsi del tutto agli Usa. Anzi, nel suo discorso Nguyen ha ricordato il principio di non interferenza negli affari interni degli altri Paesi (caro anche alla Cina), ha parlato di rispetto necessario per i diversi modelli politici e di sviluppo. Così come ha richiamato al multilateralismo e all’autonomia della politica estera vietnamita. Senza mai menzionare la Cina, né in conferenza stampa né nei documenti congiunti che pure richiamano alla stabilità e al rifiuto di azioni unilaterali sul mar Cinese meridionale. La guerra in Ucraina e il timore dell’allineamento tra Russia e Cina spingono il Vietnam a rafforzare i rapporti con Washington. Ma allo stesso tempo Hanoi starebbe negoziando nuovi acquisti di armi da Mosca, e non è escluso che ospiti presto anche Xi Jinping. D’altronde, già durante il summit Asean della scorsa settimana il premier vietnamita aveva incontrato l’omologo cinese Li Qiang per dargli qualche garanzia che Hanoi non si schiererà né con, né contro nessuno.